Œdipe

George Enescu, Œdipe

Parigi, Opéra Bastille, 14 ottobre 2021

★★★☆☆

(video streaming)

L’unica opera di Enescu torna a Parigi

Lunga e tormentata la gestazione dell’unica opera di George Enescu: nel 1909 il compositore rumeno assiste a Parigi a una rappresentazione dell’Edipo re di Sofocle e l’anno successivo ne stende un primo abbozzo musicale. Edmond Fleg – Flegenheimer, brillante scrittore ebreo francese autore di una Anthologie juive – nel 1913 porta a termine una prima versione del libretto in due parti, da eseguirsi in due diverse serate. Negli anni successivi attraverso progressive modifiche Enescu giunge a dare al lavoro la veste definitiva, ma il sopraggiungere della guerra e altre incombenze lo distolgono a lungo dal suo Œdipe e solo nell’estate 1921 Enescu riesce a riprendere il lavoro. A novembre esegue al pianoforte l’intero spartito. L’orchestrazione si conclude nel 1931, ma la prima rappresentazione all’Opéra di Parigi ha luogo solo cinque anni dopo nella forma che conosciamo oggi in quattro atti, con il primo e l’ultimo che fungono rispettivamente da prologo e da epilogo. Poche le produzioni da allora, quasi tutte nei cartelloni dell’Opera di Bucharest. L’edizione su disco del 1968 è cantata infatti in rumeno.

Atto primo.Presso il palazzo di Laio si festeggia la nascita di Edipo. Tiresia profetizza che ucciderà suo padre e sposerà sua madre. Inorridito, Laio affida il bambino a un pastore perché lo uccida.
Atto secondo.Salvato dal pastore, Edipo è cresciuto alla corte del re Polibo e di Merope, a Corinto, ma l’oracolo gli ha rivelato il suo destino. Per sfuggire a una tale sorte, decide di lasciare tutto e partire, dirigendosi a Tebe. Sulla via incontra Laio che, dopo avergli chiesto di farlo passare con brutalità, lo insulta e lo percuote. Edipo, per difendersi, lo uccide. Risolto l’enigma della Sfinge, Edipo entra nella città vittorioso e ottiene la mano di Giocasta.
Atto terzo.Sono passati vent’anni. Tebe è oppressa da una pestilenza. Interrogato, l’oracolo risponde che il flagello durerà sino a quando l’assassino del re Laio non sarà smascherato e punito. Edipo promette di ottenere giustizia. Creonte chiama a corte il pastore che ha assistito all’omicidio e Tiresia. Questi, pur conoscendo i fatti non parla; ma quando Edipo lo accusa di essere l’assassino, è costretto a raccontare la verità. Sospettando un complotto di Creonte, Edipo scaccia l’indovino e il cognato, ma Giocasta gli rivela il luogo e le circostanze della morte di Laio e il re sente affiorare dentro di sé un presentimento. Il pastore conferma e Phorbas, giunto da Corinto dopo la morte di Polibo, dichiara che quest’ultimo e la regina Merope erano solo i suoi genitori adottivi. Compresa l’orribile verità, Giocasta si uccide; Edipo si acceca e lascia Tebe accompagnato dalla figlia Antigone.
Atto quarto.Giunto ad Atene presso Teseo, Edipo sente di essere giunto al termine della sua vita. Ma Creonte gli chiede di ritornare sul trono di Tebe. Allo sdegnato rifiuto di Edipo, Creonte cerca di rapire Antigone, ma Teseo interviene e ottiene giustizia per l’ormai vecchio Edipo, che può così ribadire con orgoglio la sua innocenza e la sua fierezza di fronte al destino. Poi si allontana con Teseo per morire in pace.

«Nello stile di Enescu [1881-1955] entrano in uguale misura la sua formazione francese con Gabriel Fauré, suo maestro (ravvisabile nelle musiche che descrivono la corte di Laio e nei festeggiamenti per la nascita di Edipo e, nell’epilogo, nella descrizione del mondo austero e pacifico di Teseo), come le acquisizioni più recenti del linguaggio neoclassico, fiorito nel periodo tra le due guerre; la tradizione delle sue origini rumene, così presenti al compositore e ravvisabili nelle melodie del pastore, il cui flauto evoca le ancestrali suggestioni della doïna e i lamenti del cîntec lung; gli sperimentalismi, impiegati a fini espressivi, dei quarti di tono (nella scena della Sfinge), anch’essi ravvisabili nella tradizione popolare rumena; una scrittura vocale varia e mobilissima, che passa con disinvoltura dal canto puro allo Sprechgesang, al grido e al bisbiglio; un contrappunto rinnovato attraverso l’impiego dell’eterofonia, di tradizione bizantina, anch’essa tipica del folklore rumeno. Enescu utilizza anche un certo numero di motivi ricorrenti, primo fra tutti quello del Destino, dal profilo discendente, modale, già presente nella Sonata per pianoforte in fa diesis op. 24 n. 1 (1924), che udiamo nel preludio iniziale, all’inizio del terzo atto e nei momenti più significativi della tormentata vicenda del protagonista». (Antonio Polignano)

Dopo un primo atto tutt’altro che esaltante, con il lungo rituale della nascita e dei festeggiamenti per il regale neonato, il lavoro prende quota con la partenza da Corinto di Edipo e il suo incontro con il padre sconosciuto e la sfinge, episodi seguiti dal tragico scoprimento della verità. Il lavoro si affloscia nuovamente nel quarto atto con la professione di innocenza di Edipo, vicenda assente nell’Edipo re di Sofocle, che condensa, in quelli che sono i due atti centrali del lavoro di Enescu, il conflitto tra volontà divina e responsabilità individuale. Le vicende dell’ultimo atto sono invece tratte con una certa libertà dall’Edipo a Colono, tragedia postuma dello stesso Sofocle.

Il direttore Ingo Metzmacher, che aveva diretto l‘Œdipe di Salisburgo con la regia di Achim Freyer nel 2019, trae il meglio dalla rigogliosa partitura che elabora le esperienze musicali dei primi decenni del secolo con le sue sofisticate armonie, i ritmi sfuggenti e la raffinata strumentazione. Qualche pagina ricorda la Pénélope del maestro Fauré o le atmosfere magiche del coetaneo Szymanowski. Enescu è ancora oggi ricordato principalmente per la sua produzione sinfonica (5 sinfonie) e cameristica (varie sonate per pianoforte e altri strumenti). Anche la vocalità sembra nascere dall’esperienza del suo tempo: siano il Pelléas di Debussy o il primo Schönberg nei momenti di canto parlato o parlato ritmico.

Quasi sempre presente in scena il personaggio del titolo non sembra porre particolari difficoltà tecniche se non per la tenuta dovuta alla fatica, ma Christopher Maltman riesce a superare lodevolmente la prova. La parte vocale più impegnativa è quella della Sfinge qui resa con grande tecnica da Clémentine Margaine. Ekaterina Gubanova è un’intensa Giocasta. Folta la schiera degli altri interpreti tra cui alcuni fuoriclasse: Clive Bayley (Tiresia), Brian Mulligan (Creonte), Laurent Naouri (alto sacerdote), Anne Sophie von Otter (Merope), Vincent Ordonneau (pastore), Nicolas Cavallier (Phorbas/guardia notturna), Anna-Sophie Neher (Antigone). Molto presente anche il coro debitamente istruito da Ching-Lien Wu.

Œdipe apre la prima stagione completa dopo la chiusura per pandemia del teatro francese ed è anche la prima produzione dell’era Neef, il direttore artistico dell’Opéra National che ha scelto il commediografo Wajdi Mouawad il quale aveva prodotto come prima opera lirica un Ratto dal serraglio all’Opera di Toronto come suo ultimo spettacolo alla guida del teatro canadese. Ora direttore del Théâtre National de la Colline di Parigi, Mouawad affronta il lavoro di Enescu con spirito didascalico, si sente infatti in dovere di narrare gli antefatti della vicenda in un pre-prologo, in cui racconta dalla fondazione di Tebe da parte di Cadmo alla serie di re che hanno governato su questa città, un tempo felice, fino a Laio, maledetto da Apollo perché aveva violentato un fanciullo. Il regista libanese aveva già affrontato in teatro l’Edipo di Sofocle tre volte e legge questo di Enescu in maniera molto lineare, privilegiando l’aspetto visivo con i fantasiosi costumi di Emmanuelle Thomas con copricapi fitomorfi a Tebe, piumati a Corinto. Le scenografie di Emmanuel Clolus sono essenziali ma suggestive e la recitazione, non particolarmente curata, è accompagnata da una gesticolazione stilizzata. Ne esce fuori uno spettacolo che appare datato e che non sembra esaltare le qualità di questo lavoro dimenticato.