Rivage à l’abandon – Médée-Matériau – Paysage avec Argonautes

foto @ Pascal Gély

Heiner Müller, Rivage à l’abandon – Médée-Matériau – Paysage avec Argonautes

Regia di Matthias Langhoff

Torino, Teatro Astra, 23 febbraio 2023

La trilogia di Müller per il TPE

Personaggio di spicco della cultura del dopoguerra, Heiner Müller (1929-1995) è stato anche un prolifico autore di teatro con oltre trenta drammi in cui sia il mito greco sia Shakespeare sono stati oggetto di adattamento o traduzione. Il suo dramma postmoderno Hamletmaschine aveva fatto scalpore in Italia quando la compagnia teatrale I Magazzini l’aveva messo in scena al Teatro dell’Arte a Milano nel 1988. Basato su Les liaisons dangereuses di Pierre Choderlos de Laclos è invece Quartett, che è stato messo in musica da Luca Francesconi e presentato alla Scala nel 2011 dove è stato ripreso otto anni dopo.

Médée-Matériau, ora al Teatro Astra per il TPE, appartiene a quei «pezzi enigmatici e frammentari» (secondo la definizione della Cambridge Guide to Theatre) che costituiscono il lavoro di questo particolare autore. Assieme ad altri due brevi lavori formano lo spettacolo prodotto dalla Comédie de Caen con la regia di Matthias Langhoff. La scena di Medea è incorniciata infatti da due paesaggi: Rivage à l’abandon e Paysage avec Argonautes, paesaggi desolati che, suggeriti allora dalle rovine del dopoguerra, adesso rispecchiano la natura devastata e contaminata del mondo di oggi. Il mito è dunque osservato attraverso le rovine della storia, ma soprattutto della nostra contemporaneità.

Il pubblico entra dal palcoscenico allestito come una esposizione in cui campeggiano tre tele di Catherine Rankl in grande formato che mescolano montaggi fotografici ed interventi pittorici per mostrare tre diverse rive fatiscenti: una barca spiaggiata, una statua abbattuta dal suo piedestallo, un albero scheletrico, le tristi icone femminili della danzatrice di Muybridge. In questa breve sosta il pubblico ascolta frammenti dell’opera radiofonica Verkommenes Ufer (Riva putrida) del compositore Heiner Goebbels prima di entrare nella platea del teatro e prendere posto. Le grandi tele su carrelli formeranno la scenografia mobile di questo trittico che inizia con l’attore argentino Marcial di Fonzo Bo (il Picasso di Midnight in Paris di Woody Allen) che recita un testo in cui descrive la riva del lago nei pressi di Strausberg diventata approdo di Argonauti «dalla fronte bassa» e tra immondizia sparsa ovunque. Senza soluzione di continuità appare poi Medea, l’attrice Frédérique Loliée, che nel suo terribile monologo ci racconta dell’abito letale che regala alla giovane di cui si è invaghito il suo Giasone («l’oro della Colchide le ostruisce i pori | pianta una foresta di coltelli nella carne») e premedita l’uccisione dei figli («ridatemi il sangue dalle vostre vene | voi viscere ritornate dentro di me») maneggiando due scatole di cibo per cani («carne del mio cuore […] non avete più sangue | adesso solo silenzio | anche le grida della Colchide si sono azzittite | e poi più niente»). Un altro monologo è quello finale con Marcial di Fonzo Bo steso dentro una barca arenata, non più l’eroe del vello d’oro ma un naufrago senza patria, che racconta di un paesaggio in cui l’umanità è paesaggio desolato essa stessa. Una visione tremendamente attuale: «ricordo di una battaglia tra carri armati | la mia camminata in periferia | io tra rovine e macerie». Quello che vediamo sugli schermi dei nostri televisori da un anno esatto.

Ma non si tratta di possedere particolari doti divinatorie: basta immaginarsi gli scenari peggiori e prima o poi la realtà farà in modo di superarne l’immaginazione.

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