foto © Luigi de Palma
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Sei personaggi in cerca d’autore, da Pirandello
regia di Valerio Binasco
Torino, Teatro Carignano, 20 aprile 2023
Il Pirandello “tradito” di Valerio Binasco
Il 9 maggio 1921 il pubblico del Teatro Valle di Roma assisteva allibito al nuovo lavoro di Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore. Fu un «successo fra vivacissimi contrasti», come intitolò La Stampa il giorno dopo. Se il pubblico di allora si era sentito provocato, se non preso in giro, centodue anni dopo quello del Teatro Carignano risponde con compassata partecipazione alla riproposta di un classico che ha perso la sua forza provocatoria. C’era curiosità nel vedere come un regista di oggi avrebbe affrontato un testo così particolare, un testo con cui si può dire che nasca il teatro moderno.
Nella produzione di Valerio Binasco, che affronta Pirandello per la seconda volta dopo Il piacere dell’onestà di due anni fa sempre con lo Stabile torinese, della lingua originale molto si perde: il testo viene decisamente sforbiciato, si sentono espressioni del linguaggio di oggi, colorite, si sarebbe detto un tempo. In scena non abbiamo una compagnia di attori professionisti, ma i giovani allievi della scuola del Teatro Stabile torinese. Venuto a mancare l’effetto sorpresa, del dramma pirandelliano Binasco sottolinea la trama famigliare, la vicenda umana, il «dramma di personaggi che non [sono] funzioni narrative o drammaturgiche, ma cuori in pena». Non il gioco del teatro nel teatro nel teatro – addirittura tre livelli: i misteriosi personaggi, gli attori, i personaggi de Il giuoco delle parti che stanno provando – ma l’umanità disperata e sofferente la cui vicenda incide profondamente sui giovani che ascoltano il racconto. I primi dieci minuti dello spettacolo hanno poco a che fare col dramma di Pirandello: vediamo gli inesperti allievi di una scuola di recitazione con i loro problemi, le loro difficoltà, confrontarsi tra loro prima che con i Personaggi. Ecco il perché della scelta della proposizione da Luigi Pirandello del titolo dello spettacolo.
«Chi voglia tentare una traduzione scenica di questa commedia bisogna che s’adoperi con ogni mezzo a ottenere tutto l’effetto che questi Sei Personaggi non si confondano con gli Attori della Compagnia. La disposizione degli uni e degli altri, indicata nelle didascalie, allorché quelli saliranno sul palcoscenico, gioverà senza dubbio; come una diversa colorazione luminosa per mezzo di appositi riflettori. Ma il mezzo più efficace e idoneo, che qui si suggerisce, sarà l’uso di speciali maschere», scrive Pirandello, «che ajuteranno a dare l’impressione della figura costruita per arte e fissata ciascuna immutabilmente nell’espressione del proprio sentimento fondamentale»: il rimorso per il Padre, la vendetta per la Figliastra, lo sdegno per il Figlio, il dolore per la Madre. Nella sua messa in scena Binasco non usa maschere, ma un trucco pesante e abiti anni ’20 che contrastano nettamente con i jeans e le felpe dei giovani. Di certo non c’è pericolo di confonderli. I Personaggi arrivano dal passato ed è il contrasto tra questo passato e la contemporaneità dei giovani l’elemento essenziale dello spettacolo. Il regista non utilizza la platea per l’ingresso dei Personaggi: questi compaiono sul palcoscenico in maniera un po’ anonima, ma presto si prendono la scena, con una recitazione spesso sopra le righe –soprattutto Giordana Faggiano (la Figliastra), ma anche Valerio Binasco (il Padre), Sara Bertelà (la Madre), Giovanni Drago (il Figlio) – mentre come Capocomico Jurij Ferrini sembra sempre che improvvisi nel modo di porgere le sue battute per sollecitare il pubblico alla risata facile: il dramma cupamente tragico viene affrontato qui da un approccio piuttosto rilassato. «Nella mia rilettura ho un po’ tradito Pirandello, ho alleggerito dei passaggi, ho reso la trama più marcata, ho aggiunto qualche invenzione, ho reso i personaggi meno saccenti e gli attori e il regista meno stupidi» scrive il regista. La scenografia di Guido Fiorato ambienta opportunamente la vicenda in una palestra adibita a sala prove invece che in un teatro.
Questo era il debutto in prima nazionale di uno spettacolo prodotto assieme al Teatro Nazionale di Genova e alla Fondazione Teatro di Napoli e che verrà replicato fino al 7 maggio. I tre atti sono fusi in un unico tempo di 1 ora e 45 minuti.

⸪