Tosca

Giacomo Puccini, Tosca

Amsterdam, Muziektheater, 12 aprile 2022

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Kosky e Viotti assieme per Puccini

La straordinaria teatralità della Tosca di Sardou-Illica-Giacosa-Puccini incontra quella altrettanto geniale di Barrie Kosky alla Nationale di Amsterdam dove prende avvio la prima di tre produzioni che vedono il regista australiano e lo svizzero Lorenzo Viotti affrontare assieme Puccini. Dopo questa Tosca, seguiranno Turandot e Il trittico, una per stagione. Per ora il risultato è stupefacente sia a livello visivo che musicale.

Kosky non stravolge la vicenda originale dell’opera, ma ne dà una sua lettura che riduce all’essenziale questo thriller che anticipa la tecnica cinematografica, il nuovo mezzo espressivo che proprio in quegli anni iniziava a imporsi, cinque anni dopo che la locomotiva dei fratelli Lumière aveva fatto sobbalzare sulle sedie gli spettatori parigini. «Parto sempre dalla musica», dice Kosky in un’intervista, «Che cosa scatena? A cosa mira Puccini con la sua musica? Con Tosca, ho percepito un’astuta consapevolezza della modernità dell’opera. Tosca ha debuttato nel 1900, letteralmente all’inizio del XX secolo. L’opera non guarda indietro, ma avanti nella sua psicologia, nella sua combinazione di violenza, erotismo e sadismo. […] Ha aiutato enormemente la decisione di ambientare l’opera in un contesto contemporaneo piuttosto che in un contesto storico o in una sorta di passato operistico immaginario» e infatti il modo in cui Barrie Kosky prende il più grande thriller del teatro musicale e lo trasporta nel presente funziona alla grande. Il regista prima di tutto butta via tutta la zavorra della storia dello spettacolo: nella scenografia di Rufus Didwiszus il gigantesco palcoscenico rimane completamente vuoto, Angelotti irrompe da un buco nel pavimento sugli accordi brutali dell’inizio – e il sagrestano ne scoperà stizzito i detriti. L’interazione dei tre protagonisti si svolge in un ambiente spoglio, liberato da convenzioni e cliché: niente Madonna, niente crocifisso. Solo il cavalletto del pittore, i pennelli, i colori e un mazzo di fiori adornano questo vuoto. Della chiesa vediamo solo il pavimento e il vuoto lascia spazio a un gioco psicologico di massima densità che rende grandi le piccole e intelligenti sfumature di Kosky. Il regista trova spazio anche per la poesia: quando Scarpia dal mazzo estrae un fiore blu e ne gode il profumo, manda un segno segreto a Tosca, che in chiesa veste di blu innocenza…

Per il “Te Deum” del finale primo, Rufus Didwiszus espande la sua scatola nera fino a una pala d’altare vivente: i coristi passano la testa attraverso un gigantesco trittico pittorico che ora appare nella parete di fondo. Questo non solo ha un effetto teatralmente intenso, ma fa apparire le creature come sofferenti, uscite dall’inferno come proiezioni della mente di Scarpia: sono le vittime del carnefice o i torturati di altri assassinî della storia dell’uomo?

Nessun Palazzo Farnese nel secondo atto. Per Kosky siamo nella cucina dell’elegante loft di design di Scarpia. Alla parete sono appesi coltelli affilati: il carnefice ama preparare lui stesso il sashimi di salmone fresco, che mangia crudo e a fette sottili. Inoltre, c’è del vino bianco ben freddo, che serve anche alla signora con la quale sta concludendo un affare. La camera delle torture è sotto, vi si accede tramite una botola nel pavimento. Da lì uscirà Spoletta con un fazzoletto insanguinato contenente le dita della mano destra di Cavaradossi (un macabro finger food…) con ancora un anello che Scarpia sciacqua sotto il getto d’acqua del lavello e si infila soddisfatto. Il trash si mescola allo humour nero per dipingere la crudeltà dell’uomo che ha smesso il doppiopetto e alterna blandizie e minacce per arrivare al suo scopo con la preda. La sua uccisione da parte di Tosca avviene tradizionalmente con uno dei coltelli e non manca neppure l’atto di posare una croce sul suo cadavere come ultimo gesto di pietà della donna: era quella appesa alla catenina che Tosca portava al collo. «Vissi d’arte» è sempre considerata una pausa nel confronto snervante che si sta svolgendo sul palcoscenico, ma qui Kosky la fa sembrare totalmente credibile con Tosca che si rivolge a Scarpia per dargli un’ultima possibilità di pietà. Ma invano.

La terrazza di Castel Sant’Angelo del terzo atto qui è uno spazio nudo davanti a una parete di latta ondulata che ruota su sé stessa per mostrare una struttura a scale su cui si dispongono i militari per l’esecuzione del pittore e su cui sale Tosca per sfuggire loro e poi gettarsi nel vuoto. La struttura ruota un’ultima volta e le note finali sono sui corpi inermi e quasi affiancati dei due amanti.

Uno spettacolo come questo non avrebbe la forza che ha se la direzione musicale prendesse un’altra strada, ma qui l’intesa tra regista e maestro concertatore è totale: Lorenzo Viotti dimostra fin dove ci si può spingere con questa grandiosa partitura, osa tempi incredibilmente lenti che rafforzano ulteriormente la tensione di questo thriller ed esprime chiaramente l’audacia armonica, i commenti dei singoli strumenti e l’enorme modernità di Puccini. In due mesi di prove Viotti ha meticolosamente lavorato con i cantanti dando significato a ogni rubato e a ogni sfumatura. L’Orchestra Filarmonica Olandese dimostra che ogni momento è un tesoro: il delicatissimo assolo di clarinetto in «E lucevan le stelle» di Cavaradossi, sussurrato in pianissimo, è un esempio dei momenti di eccezionalità di quasi ogni battuta.

Il giovane tenore Joshua Guerrero ha sensibilità e baldanza, magari non una proiezione possente, ma sa usare bene le sue doti vocali. Neanche Malin Byström ha lo spessore vocale di certe Tosche del passato, lei proviene da Mozart e dal bel canto e la sua linea vocale non ha nulla di verista, ma proprio per questo la sua performance, unita alle capacità attoriali, è ancora più convincente. Notevole anche lo Scarpia di Gevorg Hakobyan, baritono armeno di grande personalità. In questa produzione così curata dal punto di vista dei personaggi si fanno notare per vivace presenza scenica il sagrestano di Federico de Michelis, l’Angelotti di Martijn Sanders, lo Spoletta di Lucas van Lierop, lo Sciarrone di Maksym Nazarenko e il carceriere di Alexander de Jong. 

Lo spettacolo è stato registrato e commercializzato su DVD Naxos.