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Leoš Janáček, The Excursions of Mr. Brouček
West Horsley, Grange Park Opera, 7 luglio 2022
★★★★☆
(video streaming)
Dall’Inghilterra arriva lo Janáček meno conosciuto
Výlety páně Broučkovy (I viaggi del signor Brouček) è il titolo del dittico di Leoš Janáček basato su due romanzi satirici di Svatopluk Čech: Pravý výlet pana Broučka do Měsíce (Il vero viaggio del signor Brouček sulla Luna, 1888) e Nový epochální výlet pana Broučka, tentokráte do XV. století (Il nuovo epocale viaggio del signor Brouček questa volta nel XV secolo, 1889).
Nei primi anni del secolo, Janáček aveva cercato di scrivere un lavoro basato sui romanzi di Čech, ma questi gli aveva negato i diritti sulle sue storie e il compositore aveva accantonato il progetto fino alla morte dello scrittore nel 1908. La famiglia di Čech esitava a rilasciare i diritti, ma dopo aver sentito lo stesso Janáček, acconsentì a concedergli l’uso esclusivo dei romanzi. Poco dopo aver ottenuto il permesso di iniziare la composizione, anche un altro musicista, Karel Moor, sosteneva di aver ricevuto l’autorizzazione esclusiva dal fratello minore di Čech, Vladimír. La questione fu rapidamente presa in esame e si scoprì che Moor non aveva ricevuto un’autorizzazione valida. Ciò non gli impedì di comporre un’opera che andò in scena nel 1910, circa dieci anni prima di quella di Janáček, ma senza il successo e la longevità di quest’ultima. La composizione dell’opera fu un processo complesso e lungo su un periodo di quasi dieci anni: il viaggio sulla Luna è del biennio 1907/8, quello nel XV secolo è del 1917 ma il lavoro ebbe la prima rappresentazione solo nel 1920 e non a Brno come avveniva di solito per le opere di Janáček, bensì a Praga. Ma il 23 aprile al Teatro Nazionale I viaggi del signor Brouček ebbero solo apprezzamenti di stima.
Brouček (in ceco insetto) è un proprietario di casa di Praga che vive una serie di eventi fantastici mentre viene trasportato, grazie agli effetti inebrianti di un cospicuo consumo di birra, prima sulla Luna e poi nella Praga del XV secolo, durante la rivolta hussita contro l’occupazione tedesca. In entrambe le escursioni, Brouček incontra personaggi che sono versioni trasformate dei suoi conoscenti abituali.
Parte I: Il viaggio del signor Brouček sulla Luna. Scena 1. Il signor Matěj Brouček è un padrone di casa spesso ubriaco e piuttosto trasandato nella Praga di fine Ottocento. In una notte di luna inciampa in via Vikárka dopo una sbronza alla taverna. Nel suo stato di alterazione, incontra Málinka. La donna è sconvolta e drammaticamente suicida dopo aver scoperto che il suo amante, Mazal (che si dà il caso sia uno degli inquilini di Brouček), la tradisce. Nel tentativo sconsiderato di calmare Málinka, Brouček accetta di sposarla. Ben presto si rende conto dell’errore e ritira l’offerta, lasciando che Málinka torni dal suo amante bohémien. Brouček decide di averne abbastanza di questo stress e sogna una vita più rilassata sulla Luna. Scena 2. Brouček è presto deluso da ciò che trova nel suo paradiso lunare. Atterra nel mezzo di una colonia di artisti e intellettuali d’avanguardia che l’incolto Brouček chiaramente disprezza. Si ritrova nella casa di un artista, Blankytny (un personaggio parallelo a Mazal). Blankytny canta un’accorata ode d’amore platonico alla fanciulla lunare, Etherea. Questo segna l’arrivo di Etherea e delle sue “sorelle”, che iniziano con una canzone che predica i benefici di uno stile di vita sano. Ironia della sorte, Brouček cattura l’attenzione della fanciulla, che si infatua immediatamente dell’esotico straniero. Lo porta via a bordo del mitico Pegaso, lasciando Blankytny nell’incredulità e nella disperazione. Scena 3. Eterea e Brouček atterrano nel Tempio Lunare delle Arti, dove si è riunito un gruppo di abitanti. Alla vista di Brouček sono subito sorpresi e spaventati, ma presto lo considerano l’ultima moda. Gli abitanti del luogo presentano a Brouček le ultime novità dell’arte lunare e gli offrono un pasto a base di fiori da annusare. Brouček non è affatto soddisfatto di questo sfoggio d’arte, né si nutre dei profumi. Viene presto sorpreso a mangiare di nascosto un boccone di salsiccia di maiale; la folla gli si rivolta contro ed egli è costretto a una fuga a bordo di Pegasus. Mentre fugge, gli artisti lunari inneggiano all’arte. Scena 4. Mentre la scena della luna si trasforma di nuovo nel cortile della taverna di Praga, Mazal e Málinka stanno tornando a casa e gli artisti si godono un ultimo drink. Un giovane cameriere ride dell’ubriaco Brouček che viene portato via in una botte. Málinka si è apparentemente ripresa dal suo turbamento, mentre lei e Mazal cantano in duetto il loro amore.
Parte II: Il viaggio del signor Brouček nel XV secolo. Scena 1. Nel Castello di Venceslao IV, il signor Brouček e i suoi compagni di bevute discutono sui particolari dei tunnel medievali che si credeva esistessero sotto la città di Praga. Ancora una volta, un Brouček inebetito barcolla verso casa sua e si ritrova in qualche modo in uno di questi tunnel bui, dove incontra apparizioni del passato. Una di queste figure spettrali è Svatopluk Čech, l’autore dei racconti di Brouček. Čech esprime il suo rammarico per il declino dei valori morali nella nazione ceca. Canta la perdita dei veri eroi e desidera la rinascita della sua nazione. Ironicamente, il lamento di Čech è rivolto allo stesso Brouček e alla natura satirica di quest’opera. Scena 2. Il signor Brouček viene trasportato indietro nel tempo e si ritrova nella Piazza della Città Vecchia nel 1420. È un periodo tumultuoso nella Praga del XV secolo, quando il popolo ceco, guidato da Jan Žižka, è assediato dalle armate tedesche del Sacro Romano Impero. Brouček viene subito affrontato dai ribelli hussiti, che lo accusano di essere una spia tedesca a causa della sua scarsa grammatica ceca carica di espressioni tedesche. Brouček convince in qualche modo i ribelli di essere dalla loro parte e gli viene permesso di unirsi a loro. Scena 3. Brouček viene portato a casa di Domšik, un sacrestano, e di sua figlia Kunka. Brouček si trova ora nel mezzo di un’imminente battaglia decisiva per il futuro della nazione ceca, segnalata dal potente canto di inni di battaglia da parte delle masse riunite. I ribelli chiedono a Brouček di esporsi nella difesa di Praga, cosa a cui è tipicamente contrario. Quando inizia la battaglia, il nostro eroe fugge dalla scena. Scena 4. Nella piazza della Città Vecchia, i praghesi festeggiano la loro sofferta vittoria ma lamentano la morte di Domšik. Brouček viene trovato nascosto e accusato di tradimento. Viene opportunamente condannato alla morte per rogo… in un barile di birra. Scena 5. Ancora nella Praga del 1888, appena fuori dalla locanda Vikárka, il signor Würfl, proprietario della locanda e produttore della famigerata salsiccia di maiale della Luna, sente dei gemiti provenire dalla cantina. Scopre il signor Brouček in una botte di birra, visibilmente sollevato di essere vivo e di essere tornato a casa. Il nostro spudorato eroe si vanta con Würfl di aver liberato da solo la città di Praga.
«Anche se le relative riduzioni librettistiche sono indicate sullo spartito come opera di Viktor Dyk, la prima, e di František Serafinský Procházka, la seconda, sappiamo che al testo del Viaggio sulla luna pose mano un numero di librettisti tale da superare il primato della Manon Lescaut di Puccíni. Oltre ai sette dichiarati — V. Dyk, Fr. Mašek, Z. Janke, Fr. Gellner, Jiři Mahen, Jos. Holý e F.S. Procházka — si possono ancora aggiungere Fedora Bartošová e Artuš Rektoris, che con Janáček stesso scrissero un primo abbozzo, e altri ancora, per arrivare forse a quindici in tutto, tra cui persino Max Brod. I litigi, le bizze artistiche, le incomprensioni, i risentimenti e le avventure che s’incrociano nella stesura di questo libretto potrebbero costituire la materia di un romanzo comico» scrive Franco Pulcini nella sua biografia del compositore moravo.
L’obiettivo del compositore era molto chiaro, ossia mettere alla berlina la meschinità della borghesia del suo paese. «Il mancato successo di quest’opera, rappresentata non di frequente e persino in Cecoslovacchia, potrebbe anche essere collegato al rigore morale del suo assunto drammatico, nel quale gli spettatori – esterofili del gusto artistico, cattivi patrioti o rozzi bevitori di birra – si possono riconoscere con fastidio», scrive ancora Pulcini, «la sua rinuncia alla piacevolezza melodica è talmente radicale, come lo è l’assunto drammatico, da suscitare un’immediata indisponibilità del pubblico. È un’opera per esperti molto affascinati dalla storia cèca. Dubitiamo che venga un giorno il suo tempo tra una fetta considerevole del pubblico, come invece accaduto a molte delle opere scritte da Janáček negli ultimi 10 anni della sua vita». Parte di ciò che rende I viaggi del signor Brouček incomprensibili al pubblico moderno non è solo la sua forma specificamente mitteleuropea di opera-vaudeville, ma anche le allusioni storiche agli hussiti mescolate a buffonerie degne del coevo Buon soldato Švejk di Jaroslav Hašek.
Leoš Janáček è riconosciuto grande compositore al di fuori della sua terra d’origine grazie a due protagonisti del mondo dell’opera di lingua inglese: Charles Mackerras e David Pountney. Il primo, settant’anni fa tornava a Londra dopo aver studiato Janáček e altri compositori cechi proprio mentre il nascente regime comunista abbatteva i contatti culturali con l’Occidente. Mackerras è stato il direttore d’orchestra che, alla fine degli anni Cinquanta, ha registrato la Sinfonietta e i preludi d’opera di Janacek, facendo conoscere la musica soprattutto agli ascoltatori britannici. In seguito ne ha registrato quasi tutta la produzione operistica con la Filarmonica di Vienna, ma non questa, che è la quinta opera di Leoš Janáček. Il secondo è il regista che ha portato il compositore moravo sul palcoscenico in Gran Bretagna, debuttando a Wexford cinquant’anni fa con la Kat’a Kabanová per poi costruire un repertorio di produzioni che riflette una profonda simpatia per ciò che Janáček cercava di fare con le parole e con la musica. Pountney condivide con Janáček la convinzione che l’opera debba essere comprensibile: sostenitore dell’opera in inglese, con una presunta avversione per i sopratitoli che distraggono dall’azione sul palcoscenico, in questa produzione fornisce la sua versione del testo e aggiorna le battute ai nostri tempi realizzando un libretto di grande godibilità dove i lunatici sono vegani e non mancano quindi riferimenti al lockdown pandemico o a Boris Johnson in versi adattati ai modelli ritmici della musica di Janáček.
Questa è la seconda volta che Pountney mette in scena I viaggi di Janáček, la prima fu nel 1992 all’English National Opera e vi si alludeva alla Rivoluzione di velluto che tre anni prima condusse alla dissoluzione dello Stato comunista cecoslovacco. Questa è una produzione totalmente differente con un tocco di Monty Python: la scenografia di Leslie Travers ambienta la vicenda tra un bric-à-brac di souvenir della città d’oro in formato gigante sotto un piatto spezzato decorato con la vista di Hradčany, l’antico palazzo reale alto sulla collina. La birra è una presenza costante, Pegaso è una lattina di Pilsner e i pezzi grossi della Praga del XV secolo vengono portati in giro come statue del Ponte Carlo su carrelli costruiti con casse di birra. I lunatici sono artisti fatui e travestiti dai nomi di Postdatedček o Spotček e negli irriverenti costumi in lattice scintillante di Marie-Jean Lecca. La vicenda del 1420 è preceduta da una scena opportunamente contrassegnata “1989”, in cui l’Autore diventa un imprigionato Vaclav Havel – il poeta dissidente e perseguitato politico sotto il regime comunista dell’allora Cecoslovacchia – alla ricerca di parole «ferventi e liriche, non solo satiriche, come tutto questo».
Eccellente il cast, con un Peter Hoare che sembra divertirsi un mondo nel ruolo del titolo mentre i suoi colleghi Mark Le Brocq, Andrew Shore, Adrian Thompson e Clive Bayley si destreggiano alla grande in ruoli multipli. Il soprano Fflur Wyn brilla nei panni di Málinka, della femminista affamata di uomini Etherea e di Kunka nel XV secolo e Anne-Marie Owens sfrutta al meglio il suo ruolo di Kedruta. Alla testa della BBC Concert Orchestra il direttore George Jackson mette in luce le invenzioni musicali di due opere differenti unite in questo singolare lavoro.

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