Ciro in Babilonia

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Rossini secondo Cecil B. De Mille

Merito del Rossini Opera Festival è rispolverare ogni anno una delle opere meno conosciute del grande pesarese. Nel 2012 è la volta del Ciro in Babilonia o sia La caduta di Baldassare sullo strampalato libretto di Francesco Aventi, in occasione del bicentenario della prima (1812).

Baldassare, re degli Assiri e vincitore in Babilonia, si innamora di Amira, moglie di Ciro, lo sconfitto re di Persia, che è sua prigioniera insieme al figlioletto e cerca invano di conquistarla. Ciro si finge un ambasciatore persiano e cerca di liberare la consorte, ma viene riconosciuto e a sua volta imprigionato. Baldassare non vuole assolutamente rinunciare ad Amira, che continua a rifiutarlo, e fa preparare le nozze. Scoppia un terribile tempesta, segno dell’ira divina, poiché Baldassare ha compiuto sacrilegio mescendo in tazze sottratte al tempio di Gerusalemme. Una mano scesa dal cielo appare minacciosa e imprime su un muro tre misteriose parole a caratteri di fuoco, MANE TEKEL PHARES, a preannunciare la sua futura rovina. Vengono allora chiamati gli indovini, tra i quali il profeta Daniele. Essi consigliano a Baldassare di sacrificare agli dèi i reali prigionieri. Mentre Ciro, Amira e il figlioletto stanno per essere immolati, i Babilonesi sono sbaragliati dai Persiani e Ciro, acclamato dal popolo, s’impossessa del regno.

Stendhal assistette a una delle repliche e la definì «un’opera piena di grazia» mentre Rossini la considerò un mezzo fiasco. Da allora cadde in oblio e fu ripresa solo nel 1988 all’“Opera Giocosa” di Savona. Pur pregevole sotto l’aspetto puramente musicale, il lavoro può essere considerato un momento di passaggio nella maturazione stilistica che condurrà il musicista al più compiuto Tancredi.

Qui al Teatro Rossini di Pesaro ci sono Ewa Podleś barbuta nel ruolo di Ciro e Jessica Pratt come Amira, entrambe perfette. Michael Spyres dipana con slancio le colorature della parte di Baldassare. In buca il direttore e musicologo Will Crutchfield dirige con stile rigorosamente filologico l’orchestra del Comunale di Bologna.

Una curiosità è l’aria di Argene «Chi disprezza gl’infelici», tutta composta sull’unica nota di si-bemolle centrale. Le ragioni di questa bizzarria sono spiegate dallo stesso Rossini: la prima interprete, Anna Savinelli, «a una spaventevole bruttezza univa una voce indecente. Dopo un accurato esame mi accorsi che il suo registro vocale possedeva almeno una nota felice, il si bem. centrale, e allora scrissi un’aria in cui ella non doveva emettere che quella nota; tutto il resto era affidato all’orchestra. Il pezzo piacque e fu applaudito, e la mia cantante unitonica fu felicissima del suo trionfo».

La regia video indugia molto sui particolari e sul finto pubblico, talora a detrimento di quello che avviene sulla scena dei cantanti. Due tracce audio e nessun extra, a parte la galleria dei personaggi. Sottotitoli in cinque lingue, anche in coreano, ma non in italiano, la lingua dell’opera. Vergogna!