Teatro Fraschini
Pavia (1773)
409 posti
Il Teatro dei Quattro Nobili Cavalieri – nome originario del Fraschini – venne pensato per contrastare i capricci del nobile Giacomo Omodei, unico proprietario a Pavia di un teatro, signore abituato a imporre i propri privilegi anche al pubblico, costretto a sottostare a imposizioni quali l’attesa dell’inizio dello spettacolo fino al suo arrivo. Uniti nel 1772 nella Società dei Cavalieri, quattro nobili che condividevano l’amministrazione e la direzione del teatro, affidarono il progetto ad Antonio Galli da Bibbiena, rappresentante di un’antica e prestigiosa famiglia di scenografi-architetti italiani. Il teatro dei Quattro Cavalieri inaugurò la sua prima stagione nel 1773, alla presenza dell’Arciduca Ferdinando d’Austria. Il teatro fu solennemente inaugurato il 24 maggio 1773 con l’opera Il Demetrio, composta dal compositore ceco Josef Mysliveček su versi di Pietro Metastasio. Dopo un secolo, tuttavia, a causa di spese troppo ingenti ed esigui ricavi, la Società rischiò il fallimento e conseguentemente la chiusura del teatro. Per evitare ciò, nel 1869 il Comune di Pavia entrò anche in proprietà materiale dell’edificio, che di lì a poco sarebbe stato rinominato Fraschini, in onore del tenore pavese Gaetano Fraschini. Simbolo della cultura e dell’aggregazione sociale pavese, il Teatro Fraschini è dal 1869 lo spazio comunale deputato alla produzione e fruizione di arte drammatica e musicale della città. Il Teatro, per il suo valore architettonico e artistico, è uno dei monumenti cittadini più prestigiosi. Il teatro Fraschini ha ottenuto il riconoscimento di Teatro di Tradizione nel novembre 2003 con decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali.
Il Fraschini è un teatro all’italiana, secondo il gusto imperante nel Settecento, esempio artistico della ricerca prospettica del barocco. La pianta della sala è a campana con cassa armonica (soluzione ottimale per l’acustica) ricavata da una galleria non praticabile sotto la platea. Sopra un porticato terreno a bugnato di tipo toscano, si sviluppano tre ordini di palchi (capitelli dorico, jonico composito e attico) e in aggiunta due ordini superiori (quart’ordine a tribuna e il quinto a loggione). Il grande soffitto ligneo recava una pregevole decorazione di A. Savoia, rifatta più tardi dal Bignami. Le due grandi statue ai lati del proscenio, opera di M. Forabosco, rappresentano rispettivamente la Musica e la Poesia. Al second’ordine è presente un forno ancora ben visibile e conservato: la vita teatrale del nobili valicava il limite di assistere agli spettacoli, e si estendeva all’intrattenimento con cene e giochi di società nei palchi di proprietà e nei salottini dei retropalchi. Rimasto miracolosamente intatto nella struttura fin dalle origini, il teatro rischiò una serie di modifiche sostanziali che ne avrebbero snaturato l’armonia e lo stile: come ad esempio il progetto dell’ingegner Coliva di Bologna (1904) che prevedeva la realizzazione di due gallerie, oltre all’innalzamento di una copertura per ampliarne la capienza. Nel Novecento gli interventi hanno riguardato l’atrio principale, la sala del ridotto, l’ampliamento del palcoscenico, nuovi impianti elettrici. Il restauro più sostanziale (che ha interessato l’intero l’edificio) è stato attuato dopo la chiusura nel 1985; nel 1994, completati i lavori, il teatro venne infine riaperto. Gli ultimi restauri hanno valorizzato la struttura architettonica settecentesca armonizzandola alle tonalità ottocentesche e al soffitto del ‘900, e lo hanno riportato ai suoi massimi splendori.
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