∙
Stefan Kaegi (Rimini Protokoll), Nachlass
regia e scenografia di Dominic Huber
Milano, Teatro Studio Melato, 13 gennaio 2018
Memorie in scena
Una sala d’attesa ellittica con un planisfero sul soffitto che rappresenta il numero di morti in diretta sul nostro pianeta; otto porte che si aprono e si chiudono automaticamente dopo aver fatto entrare poche persone alla volta, testimoni del trapasso di altri esseri umani.
Teatro documentario? Installazione artistica? Difficile definire queste Pièces sans personnes in cui lo spettatore deve fronteggiare la presenza/assenza di otto persone che tramite video, registrazioni audio e oggetti reali raccontano l’eredità (Nachlass in tedesco) di ricordi che intendono lasciare dopo la loro scomparsa.
Otto persone che hanno deciso di preparare il loro addio. Come Celal Tayp, turco di Zurigo che ci offre un loukum mentre ci fa conoscere i preparativi per il ritorno del suo cadavere in patria: cassa da morto, viaggio in aereo a Istanbul, tomba che lo aspetta. O come Nadine Gross, che non ha potuto seguire i suoi sogni di infanzia ed è diventata segretaria, ma ora che ha deciso di partire per la Svizzera che le permette l’eutanasia, per l’ultima volta ci canta la sua canzoncina quando un sipario si apre su una scena vuota in cui è rimasta di lei solo la maglia che si era fatta. O Annemarie e Gunther di Stoccarda, con la loro esperienza nella Germania Nazista e il ruolo da loro avuto; Alexandre Bergerioux, giovane padre affetto da una malattia incurabile che lascia una figlia; Jeanne Bellengi, novantenne che si chiede che cosa racconteranno della sua vita le fotografie che ora sono sparse sul tavolo davanti a noi; Michael Schwey, ingegnere con la passione del base jumping che non rinuncia a farci rivivere con lui l’ultima salita in montagna e il salto nel vuoto; Gabrielle Brochowsky, ambasciatrice dell’Unione Europea in Africa che spera che la sua fondazione continui anche dopo la sua morte. O infine come Richard Frachwlak, ex-direttore del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche di Losanna e scopritore della diagnosi precoce di alcune degenerazioni del cervello, il quale evidenzia come una morte ancora più terribile sia quella della malattia che ci fa dimenticare i ricordi e le emozioni. Tramite un dispositivo di realtà aumentata è questo il momento più coinvolgente di un’esperienza che ci fa riflettere su quello che vogliamo lasciare a quelli che amiamo, che cosa è importante consegnare alle generazioni future e perché è impossibile in molti paesi porre fine alla propria esistenza.
La pianta dell’installazione
⸪