
Gaspare Spontini, Le metamorfosi di Pasquale
★★☆☆☆
Venezia, Teatro Malibran, 19 gennaio 2018
(registrazione video)
Di certo non un capolavoro ritrovato
Fino a due anni fa l’opera che viene ora presentata per la prima volta in tempi moderni al Malibran di Venezia sarebbe stata definita “perduta”. Nel 2016 erano state infatti ritrovate nella biblioteca del castello di Ursel in Belgio quattro partiture di Gaspare Spontini ritenute scomparse: il melodramma buffo Il quadro parlante, il dramma giocoso Il geloso e l’audace, la cantata L’eccelsa gara e appunto la farsa giocosa Le metamorfosi di Pasquale o sia Tutto è illusione nel mondo, tutti lavori appartenenti agli anni 1800-1806.
Scritta per il carnevale 1802 del Teatro Giustiniani in San Moisè, il libretto è di quel Giuseppe Maria Foppa che nell’ultimo decennio del XVIII secolo aveva scritto una novantina di testi, quasi tutti per il teatro veneziano, prima di spiccare il volo per la gloria con i gioielli di Rossini L’inganno felice, Il signor Bruschino, La scala di seta e il Sigismondo.
L’incontro in laguna con Spontini non fu un’esperienza esaltante per il compositore marchigiano, il quale da allora si trasferì in Francia assurgendo a tempo pieno a operista napoleonico. Se lo Spontini francese può essere indicato come quello che del melodramma italiano ha segnato nuove strade, con la farsa veneziana non si può dire che sia stato scoperto un capolavoro nascosto: la musica è di maniera, non brilla per ispirazione e non è aiutata da un libretto che risulta sbrigativo non porta a una differenziazione psicologica dei personaggi, inconsistenti e macchiettistici.
La vicenda farsesca ruota attorno alla figura di Pasquale, avventuriero che torna al proprio villaggio dopo aver vagato inutilmente per anni in cerca di fortuna. Crede di averla trovata risvegliandosi vestito con gli abiti di un marchese, con tanto di servo (Frontino) a sua disposizione, dopo essersi addormentato sotto un albero. Così tenta di approfittarne per migliorare il suo stato e riconquistare il cuore di Lisetta, in passato sua promessa sposa poi abbandonata e ora prossima alle nozze con Frontino. In realtà, proprio Frontino ha messo in piedi questa situazione per consentire al marchese Del Colle di evitare fastidi con la giustizia in seguito a un duello e di poter infine ottenere la mano dell’amata Costanza che il padre vuole invece destinare al cavaliere Del Prato. La vicenda si conclude con un doppio matrimonio: Costanza-marchese Del Colle e Lisetta-Frontino. Pasquale resta beffato e deriso.
La regia di Bepi Morassi ricalca il suo stile di sempre: gag di avanspettacolo, balletti, azioni mimiche, tutto risaputo e spesso eccessivo. Nella scenografia di Piero de Francesco siamo all’esterno di un improbabile caffè concerto di inizio ‘900 prima e poi all’interno, ma l’ambientazione manca di eleganza. I costumi, affidati agli allievi di scenografia dell’Accademia di Belle Arti veneziana, non sono più che volonterosi e fanno il grosso errore di vestire la nobile Costanza e la serva Lisetta allo stesso modo, come sciantose. Modesto il cast che ha i punti di forza nel Pasquale di Andrea Patucelli e nella Lisetta di Irina Dubrovskaya, l’unica parte che richieda agilità vocali, qui onestamente disimpegnate dal soprano siberiano. Gianluca Capuano alla testa di un’orchestra svogliata non bada a sottigliezze puntando su tempi costantemente vivaci.

⸪