Bajazet

Andrea Celesti, Tamerlano e Bajazet, circa 1700

Antonio Vivaldi, Bajazet

Il libretto del Bajazet di Agostino Piovene fu intonato la prima volta nel 1711 da Francesco Gasparini per il Teatro di San Cassiano di Venezia. Da allora fu messo in musica altre 40 volte – Leonardo Leo (1722), Georg Friedrich Händel (1724), Nicola Antonio Porpora (1730), Giovanni Battista Lampugnani (1748), Niccolò Jommelli (1753), Giuseppe Sarti (1764), Giuseppe Scarlatti (1765), Josef Mysliveček (1772) ecc. – con titoli più o meno omonimi. La versione di Antonio Vivaldi è stata presentata per il Carnevale 1735 al Filarmonico di Verona.

Così scrive il librettista: «È cosi nota la storia del Tamerlano e di Bajazette, che invece di affaticarmi ad istruirne il lettore dovrei studiarmi a disimprimerlo da certe opinioni che vengono accreditate per vere. Si crede comunemente che, dopo la prigionia di Bajazette, Tamerlano si servisse di lui per iscabello per salire a cavallo, che lo rinchiudesse in una gabbia di ferro e che si facesse servire dalla di lui moglie ignuda alla mensa. Di tutto ciò nulla fanno menzione gli autori più accreditati: anzi, molti asseriscono esser tutto questo favoloso. Ciò nonostante, io che non assumo di scrivere una storia ma di far rappresentare una tragedia, ho preso dalle sopraccennate favole, ridotte al decoro del teatro e alla possibile probabilità, un’azione la quale ha per fine la morte di Bajazette. Che lo stesso si avvelenasse di propria mano, che Tamerlano fosse confederato co’ greci, che il medesimo si placasse per la morte di Bajazette, si legge nell’Historia Bizantina Ducæ Michaelis Ducæ Nepotis, nella quale si descrive diffusamente il successo. Degli amori poi d’Andronico, principe greco, con Asteria figliola di Bajazette, e della venuta d’Irene principessa di Trebisonda, promessa sposa di Tamerlano, me n’ha suggerito il motivo Mons. Pradon, nel suo Tamerlano, ò sia Morte di Bajazette». (1)

«[Bajazet] rappresenta l’ultimo esito di un’immagine tradizionale del pericolo turco» scrive Carlo Vitali «ma ridotta alla stanca ritualità di uno spauracchio che dopo la pace di Passarowitz non fa più veramente paura a nessuno, anche se nel 1738, grazie all’alleanza francese, l’Ottomano potrà tornare per un momento a farsi minaccioso e contrattaccare nei Balcani riprendendosi la Serbia e la Valacchia. Al barbaro turco Bajazet, sadicamente brutalizzato dalla superbarbarie del mongolo Tamerlano, finiscono per andare le simpatie dello spettatore, inaugurando un filone che culminerà entro un secolo con le figure – talora magnanime, talaltra francamente ridicole, ma sempre venate di patetico in quanto perdenti designati – del mozartiano Selim o dei due pascià rossiniani. Di questa potenziale ambivalenza emotiva verso i due protagonisti testimonia l’oscillazione del titolo: Bajazet nella partitura manoscritta, Tamerlano nel libretto a stampa».

Il Bajazet è un pasticcio, una composizione cioè formata da pezzi musicali di opere precedenti di Vivaldi stesso o di altri autori, procedimento molto frequentemente utilizzato all’epoca. Lo stesso Vitali ricostruisce così con i suoi varii imprestiti la versione critica di Fabio Biondi (tra parentesi quadre i numeri espunti in questa versione ma presenti invece in quella di Ottavio Dantone):

Atto primo. scena 1: BAJ «Del destin non dee lagnarsi» (Vivaldi, L’olimpiade: «Del destin non vi lagnate»);
scena 2: IDA «Nasce rosa lusinghiera» (Vivaldi, Il Giustino: «Senti l’aura che leggera», poi anche Farnace: «Scherza l’aura lusinghiera»).
scena 3: TAM «In sì torbida procella» (Giacomelli, Alessandro Severo).
scena 4: AND «Quel ciglio vezzosetto». Manca nella partitura; trapianto isometrico di Fabio Biondi da Vivaldi, L’Atenaide: «Quanto posso a me fa schermo»
scena 6: TAM «Vedeste mai sul prato» (Hasse, Siroe).
scena 9: AST «Amare un’alma ingrata» (Vivaldi, Semiramide). Sostituisce quella prevista nel libretto: «A chi fè giurasti un dì».
scena 11: IRE «Qual guerriero in campo armato» (Riccardo Broschi, Idaspe).
scena 12 e ult.: AND «Non ho nel sen costanza» (Giacomelli, Adriano in Siria) (invece di «Destrier ch’all’armi armato»)
Atto secondo. scena 2: IDA «Anche il mar par che sommerga» (Vivaldi, Semiramide).
[scena 3: AST «Stringi le mie catene» (Hasse)]
scena 4: AND «La sorte mia spietata» (Hasse, Siroe: «La sorte mia tiranna»).
scena 5: TAM «Cruda sorte, avverso fato». Manca nella partitura; trapianto isometrico di Fabio Biondi da Vivaldi, Semiramide: «Vincerà l’aspro mio fato».
scena 6: AST «La cervetta timidetta» (Vivaldi, Il Giustino e Semiramide).
scena 7: IRE «Sposa, son disprezzata» (Giacomelli, Merope o Broschi, Merope: «Sposa, non mi conosci»).
scena 8: BAJ «Dov’è la figlia?» (Vivaldi, Motezuma).
scena 10 e ult. Quartetto: IDA, BAJ, ASR, TAM «Sì, crudel» (Vivaldi, Farnace).
Atto terzo. scena 1: TAM «Veder parmi or che nel fondo» (Vivaldi, Farnace).
scena 4: TAM «Barbaro traditor» (Giacomelli, Merope).
[scena 6: AST «Qual furor, qual’affanno» (Vivaldi, Orlando furioso: «Nel profondo, cieco mondo»)]
[scena 7: IDA «D’ira e furore armato» (Vivaldi, Atenaide)]
scena 8: AND «Spesso tra vaghe rose» (Hasse, Siroe).
scena 12: IRE «Son tortorella». Trapianto isometrico di Fabio Biondi da Vivaldi, Rosmira: «La rondinella».
[scena 14: AST «Svena, uccidi, abbatti, atterra»]
scena 15 e ult. Coro: «Coronata di gigli e di rose» (Vivaldi, Farnace).

La produzione veneziana in forma semiscenica di Fabio Biondi con l’Orchestra L’Europa Galante al Malibran di Venezia nell’ottobre 2007 era stata presentata l’anno prima in Giappone, da cui proviene una registrazione video di fortuna disponibile in rete.  Qui i solisti sono Christian Senn (Bajazet), Daniela Barcellona (Tamerlano), Vivica Genaux (Irene), Manuela Custer (Andronico), Marina de Liso (Asteria), Sunhae Im (Idaspe). Pochi anni dopo uscirà l’edizione discografica con Ildebrando D’Arcangelo, David Daniels, Vivica Genaux, Elīna Garanča, Marijana Mijanovič e Patrizia Ciofi in cui viene confermata l’interprete di Irene, una strepitosa Viviva Genaux instancabile nella virtuosistica aria del Farinelli «Qual guerriero in campo armato» e poi nella famosa «Sposa son disprezzata» conosciuta nella versione del Parisotti che a fine Ottocento l’ha inserita nella sua raccolta di arie antiche e che viene spesso proposta dalla Bartoli nei suoi recital.

(1) Atto primo. Il palazzo reale di Bursa, capitale della Bitinia, occupata da Tamerlano dopo la sua vittoria sui Turchi. Il sultano Bajazet, imprigionato da Tamerlano, è liberato dal principe greco Andronico ma preferisce morire piuttosto che restare in potere del suo nemico e raccomanda a sua figlia Asteria di amare Andronico. Idaspe esorta Andronico a non dimenticare il suo impero a causa di Asteria. Tamerlano si offre di ristabilire Andronico sul trono greco se questi ottiene da Bajazet di concedergli Asteria in sposa e Andronico potrà sposare la principessa Irene, che è stata promessa a Tamerlano. Gli appartamenti reali dove sono prigionieri Asteria e Bajazet. Tamerlano chiede ad Asteria di sposarlo. La giovane donna è sconvolta, sospettando che Andronico, che lei ama, sia complice di questo progetto. Bajazet, circondato dalle guardie, fa il suo ingresso con Andronico. Si oppone al matrimonio di sua figlia con Tamerlano, anche se questo rifiuto dovesse costargli la vita. Asteria accusa Andronico di averla tradita per recuperare il trono. Entra Irene, la quale apprende da Andronico e Idaspe che Tamerlano ha deciso di sposare Asteria. Offesa, ella accetta di restare a corte, facendosi passare per una messaggera inviata da Irene. Andronico è desolato per aver perduto l’amore di Asteria.
Atto secondo. Una campagna con la tenda di Tamerlano. Tamerlano informa Andronico che Asteria accetta la sua proposta di matrimonio. Idaspe consiglia ad Andronico di non protestare per non mettere in pericolo la propria sorte. Asteria dichiara ad Andronico che se lei ha accettato la mano di Tamerlano è solo per colpa sua. Andronico è disperato. La tenda si apre rivelando Tamarlano e Asteria adagiati su dei cuscini. Tamerlano respinge Irene e le ingiunge di tornarsene nel proprio reame. Asteria, rimasta sola con lei, le lascia intendere che una ragione segreta la spinge ad accettare questo matrimonio. Irene, fidanzata tradita, si lamenta della sua sorte. Bajazet riversa la propria collera su Andronico, che accusa di essere diventato il complice di Tamerlano. Campo di battaglia con un trono. Tamerlano e Asteria sono seduti di fronte all’esercito. Tamerlano suscita l’ira di Bajazet, il quale si sente tradito pure dalla figlia, non conoscendo la vera ragione per cui Asteria ha acconsentito al matrimonio con l’imperatore. Quando il sultano minaccia di uccidersi, Asteria mostrando un pugnale, confessa di avere accettato la mano di Tamerlano solo per assassinarlo. Quest’ultimo, furioso, ordina che Asteria e Bajazet siano giustiziati. Irene, Bajazet e Asteria accusano Tamerlano di essere un mostro crudele.
Atto terzo. Un giardino sulle rive dell’Eufrate. Bajazet consegna ad Asteria una fiala contenente del veleno, ed entrambi fanno giuramento di darsi la morte. Andronico dichiara apertamente a Tamerlano il suo amore per Asteria. Tamerlano, furioso, minaccia di uccidere tutti e tre. Ma prima, Asteria dovrà servirlo a tavola sotto gli occhi di Bajazet e di Andronico, testimoni della sua umiliazione. Asteria e Andronico riconciliati, si preparano a morire. Idaspe deplora che Andronico abbia perduto il suo regno per una donna. Andronico rimane irremovibile nel suo amore per Asteria. Una sala preparata per il banchetto di Tamerlano. Tamerlano schernisce Bajazet per lo splendore del suo banchetto, e ordina ad Asteria di servirgli da bere. Irene, essendosi accorta che Asteria ha versato del veleno nella coppa di Tamerlano, lo ferma. Sceglie questo momento per rivelare la propria identità. Tamerlano tenta di costringere Asteria e Bajazet a bere per primi, ma Andronico fa cadere la coppa dalle mani di Asteria. Asteria e Bajazet sono catturati. Tamerlano accetta di sposare Irene, che gli ha salvato la vita. Idaspe ritorna annunciando che Bajazet ha bevuto il veleno. Disperata, Asteria maledice Tamerlano. Irene e Andronico chiedono a quest’ultimo di perdonarla. Placato dalla morte di Bajazet, Tamerlano accetta.