Don Giovanni

Wolfgang Amadeus Mozart, Don Giovanni

★★☆☆☆

Helsinki, Suomen Kansaalisooppera, 6 marzo 2020

(video streaming)

Don Giovanni senza ritorno

Una regia sembra non si debba negare a nessuno. Neppure a un attore che affronti per la prima volta la messa in scena di un’opera lirica, e non un’opera qualsiasi, ma il Don Giovanni.

Succede dunque che l’opera Nazionale Finlandese affidi a Jussi Nikkilä, attore teatrale e televisivo, la produzione del capolavoro di Mozart e ne viene fuori uno spettacolo non convenzionale ma che non stravolge la vicenda né si prende eccessive libertà – se ne sono già viste di tutti i colori altrove – ma che certo bisogna affrontare con mente aperta e scevra di pregiudizi e con la curiosità di vedere come è risolta questa volta da chi gli si accosta senza preclusioni – e senza conoscenze specifiche.

La lettura di Jussi Nikkilä colloca la storia del libertino impenitente in un tempo indefinito: né i sontuosissimi costumi di Erika Turunen né l’impianto scenografico di takis (sic, un performance designer greco che lavora in Gran Bretagna autore anche delle proiezioni video) suggeriscono un particolare periodo storico, piuttosto un meta-mondo teatrale contemporaneo confinante col musical visti i frequenti inserti coreografici e i movimenti sincronizzati per interpreti e coristi.

Sulla solita piattaforma rotante una struttura composita comprende una scala curva che sale a quella che sembra la casa bordello di Don Giovanni a cui accedono non solo ragazze ma anche giovani ragazzi. Il cavaliere a torso nudo li aspetta in cima sniffando dosi industriali di cocaina.

Scordiamoci il gioco di maliziose allusioni di Da Ponte e Mozart, qui tutto è esplicito: Masetto mima una fellatio a Don Giovanni per rimarcare la sua sudditanza; «Là ci darem la mano» è la promessa mentre Zerlina offre le terga alle guance del cavaliere e non arrivano neanche al “casinetto” perché il tentativo di accoppiamento avviene già sulle scale; una fellatio, stavolta più realistica, viene praticata da Zerlina a Masetto; la lista delle conquiste di Don Giovanni è tatuata sulla pelle di Leporello e il nome di Donna Elvira è appena sopra il pube; mentre Don Ottavio canta «Dalla sua pace» Donna Anna amoreggia col cavaliere; lo stesso Don Ottavio non è estraneo alle grazie di entrambe le donne in un abbraccio a tre prima della festa dal cavaliere; il balsamo è offerto da Zerlina togliendosi lo slip e sedendosi sulla faccia di Masetto (l’effetto finale è un pelo in bocca, se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio).

Non stupisce e non peggiora le cose che il sestetto del secondo atto «Mille torbidi pensieri» diventi la performance di una rockband con Leporello e Don Ottavio voci, le due donne alle chitarre, Masetto alle tastiere e Zerlina alle percussioni. Ancora più incongrua diventa qui l’aria di Don Ottavio «Il mio tesoro intanto» mentre Donna Elvira infila un preservativo a una banana…

Non mancano momenti meno gratuiti, come quello del cimitero, qui l’obitorio con il cadavere del Commendatore, dove l’iscrizione è sul cartellino appeso al suo alluce mentre la voce proviene da una boom-box radio. Nel festino finale Don Giovanni è in mutande, completamento brillo e in preda alla droga, ma ha ancora lo voglia di masturbarsi guardando un porno sul tablet. Dopo Donna Elvira, che arriva con un test di gravidanza, ultimo disperato tentativo di riconquistare il “marito”, giungono gli altri personaggi che siedono alla tavola imbandita prima di ammazzare Don Giovanni a colpi di coltelli e forchette. Manca l’ultima scena e l’opera finisce con Donna Anna mascherata in alto sulla scala a contemplare l’inevitabile vendetta, sebbene lei avesse dimostrato fino a poco prima di essere innamorata del cavaliere e di detestare il fidanzato imbranato.

Del modesto cast – dove intonazione, musicalità e dizione sono i difetti maggiori – ricordiamo Tuomas Pursio, un Don Giovanni iperattivo, cocainomane ed erotomane, che col progredire dell’opera tende sempre più al disfacimento fisico e alla follia. Il baritono finlandese tiene bene la scena, ma non ha eleganza, seduzione e vocalmente è sgradevole. Non solo lui, anche gli altri faticano a tenere il passo del direttore Patrick Fournillier nei concertati.

Come il porno-soft patinato di Warlikowski, anche in questo di Nikkilä la coazione a ripetere cui sono costretti i personaggi trasuda la tristezza e la noia di una sessualità esausta e senza vitalità. Quanto di meno mozartiano possa suggerire la musica.

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