Asters

Akira Nishimura, Asters

★★★★☆

Tokyo, Nuovo Teatro Nazionale, 24 febbraio 2019

(registrazione video)

Sesso, magia e potere nel Giappone feudale

Asters è il titolo in inglese di un lavoro nella forma dell’opera occidentale (cori, concertati, quartetti, duetti, arie solistiche, interludi strumentali), ma in lingua giapponese e su una storia che non potrebbe essere più giapponese. Il titolo si riferisce ai fiori a forma di margherita con centro giallo e petali viola, azzurri o bianchi, che qui hanno un ruolo poetico, ma non solo.

Commissionata dal Nuovo Teatro Nazionale di Tokyo su richiesta del suo direttore artistico Kazushi Ono, l’opera di Akira Nishimura, compositore di Osaka nato nel 1953, è basata sul racconto del 1956 di Jun Ishikawa Shion monogatari (1) trasformato in libretto da Mikiro Sasaki. Il debutto è avvenuto il 19 febbraio 2019.

Atto I. La vicenda inizia con la festa delle nozze del giovane governatore Muneyori con la principessa Utsuro, figlia di una famiglia potente. È un matrimonio combinato e non c’è amore tra l’uomo e la donna sessualmente disinibita. Muneyori è nato in una distinta famiglia di poeti, ma ha abbandonato la poesia per perseguire il tiro con l’arco, con grande rabbia di suo padre. Lo zio e maestro di tiro con l’arco Yumimaro gli dice che mentre è ancora sotto l’influenza della poesia non può padroneggiare l’abilità della tecnica a due frecce: la “freccia della conoscenza” seguita dalla “freccia della morte”. Lo dimostra uccidendo l’amante della principessa Utsuro mentre Muneyori subito dopo uccide l’altro suo amante, nella totale indifferenza della donna. Ogni volta che Muneyori uccide, ordina che vengano piantati degli astri, i fiori associati al non dimenticare mai. Nel frattempo, il suo servitore Tonai sta tramando per prendere il potere diventando intimo con la principessa Utsuro.
Atto II. Un giorno a caccia, Muneyori incontra una misteriosa donna di nome Chigusa. Muneyori è sedotta da Chigusa e una sera al chiaro di luna scopre che è una volpe trasformata in donna. Attraverso i suoi poteri magici Muneyori padroneggia la terza freccia, la “freccia diabolica” e la usa per uccidere lo zio Yumimaro. Tonai è finalmente unito alla Principessa Utsuro e tenta di rovesciare il suo padrone e diventare il governatore. Muneyori vuole visitare una montagna misteriosa alla ricerca dei “fiori dell’oblio”. Chigusa si offre di accompagnarlo e si trasforma in un arco per lui. Sulla cima della montagna Muneyori incontra Heita, un uomo di pace, senza alcun desiderio che riempire i suoi giorni scolpendo la faccia del Buddha sul fianco della montagna. Muneyori dichiara il suo desiderio di lanciare le sue tre frecce sulla faccia del Buddha e, nonostante le proteste di Heita, riesce a farlo. Ma quando Muneyori lancia le frecce, il fianco della montagna si sbriciola e viene trascinato a morte.

Si tratta di una grande opera in due atti, che dura quasi due ore, per grande orchestra, coro e otto solisti. La direzione musicale è affidata allo stesso Kazushi Ono che gestisce una partitura di grande complessità, un mix di influenze giapponesi, asiatiche e occidentali. Nishimura usa a volte scale pentatoniche, ma anche l’atonalità: infatti, nel duetto tra Muneyori e suo padre, il disaccordo tra i due è sottolineato dal padre amante della tradizione che canta in pentatonico, mentre Muneyori è atonale. Molti sono i momenti di rilievo dell’opera: dalla vivacità della festa di nozze che ricorda Les noces stravinskiane nel trattamento delle voci e nel ritmo, alla trenodia che segue alle prime uccisioni; dal duetto tra Muneyori e Chigusa, la cui cadenza irta di vocalizzi accompagna il coito tra i due giovani, allo sbalorditivo quartetto del secondo atto in cui ognuno dei quattro personaggi canta in uno stile diverso e contrastante. La musica ha una tensione costante fino all’arrivo di Heita, allorché l’armonia porta un senso di pace, quella espressa dalla pace interiore dello scultore. Nella costruzione musicale si possono poi distinguere tre diversi Leimotive: quello degli astri, il tema di Muneyori e il tema della freccia diabolica, che collegano organicamente il lavoro.

Nishimura è famoso per le composizioni con strumenti tradizionali giapponesi come lo shakuhachi (un flauto diritto) o il koto (la cetra giapponese), qui l’orchestra è essenzialmente una grande orchestra occidentale con l’introduzione del mokusho (disco di legno battuto con un bastone) e lo hyoshigi (coppia di palette di legno). Gli elementi asiatici non giapponesi includono anche la danza kecak balinese e il canto difonico mongolo mentre le impegnative parti vocali utilizzano le tante tecniche vocali dell’avanguardia qui messe a profitto dell’espressività. Le esigenti vocalità sono affidate a un cast di grande livello con punte di eccellenza nel Muneyori di Tomohiro Takada, baritono di notevole prestanza vocale, e la Chigusa di Ai Usuki, che dipana con agio gli impervi e stratosferici vocalizzi della parte.

La messa in scena di Yoshi Oida combina il rigore con l’eleganza e il senso del teatro con un uso sobrio del Bunraku. Le scenografie di Tom Schenk, superfici metalliche scabre o riflettenti, sono illuminate dalle luci di Lutz Deppe e i meravigliosi costumi di Richard Hudson sono personaggi essi stessi.

Quest’opera, la cui composizione è giapponese e così la sua produzione, ha però un che di universale da dire. Chissà se sarà possibile vederla al di fuori del suo paese d’origine e se contribuirà a creare un nuovo genere lirico.

(1) 紫苑物語, in italiano La storia delle settembrine

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