Tristan und Isolde

Richard Wagner, Tristan und Isolde

Monaco, Nationaltheater, 31 luglio 2021

★★★★☆

(diretta streaming)

Serata di addii a Monaco tra lacrime ed ovazioni

Serata molto particolare al Nationaltheater per questo Tristan und Isolde. Non perché l’opera di Wagner vi ritorni per l’ennesima volta dopo la prima del 1865, ma perché si tratta del debutto nelle rispettive parti di due interpreti stellari – uno che a Monaco di Baviera è nato e l’altra che qui ha formato la sua carriera – e dell’addio sia del direttore musicale sia del sovrintendente del teatro.

Nikolaus Blacher lascia la Bayerische Staatsoper per il festival di Pasqua di Salisburgo, dopo aver fatto in questi ultimi tredici anni del teatro di Monaco un punto di riferimento a livello mondiale per l’opera. Questo grazie anche ai munifici contributi della città e della regione, 72 milioni di euro annui – una cifra che in Italia si suddividono tutte assieme le cinque maggiori fondazioni liriche! – che è riuscito a ottenere in quanto il teatro qui è considerato, oltre che un’eccellenza artistica, anche un essenziale contributo all’economia della città. In autunno a Blacher subentrerà Serge Dorny, ora direttore generale dell’opera di Lione.

Una scoperta di Bachler fu Kirill Petrenko e anche per lui questo è l’ultimo suo impegno qui. In autunno è atteso a dirigere i Berliner Philhamoniker e verrà sostituito alla direzione musicale da Vladimir Jurowski. Con questo Tristan Petrenko firma un’altra delle sue sue indimenticabili letture: fin dalle prime note del preludio – qui per fortuna non “disturbato” dall’incongrua azione scenica vista a Aix-en-Provence – si capisce che sarà una serata di eccezione. La limpida trasparenza con cui vengono dipanate le pagine più liriche si affianca al travolgente e intenso erotismo dei duetti d’amore e allo scoppio tellurico dei momenti drammatici, ma senza mai sovrastare le voci alle quali viene riservato il ruolo predominante. Senza esibizione di effetti, la sua concertazione è tutta al servizio di una narrazione musicale unitaria e sempre in tensione. Come spesso avviene con lui sul podio, le pause hanno un’intensità ipnotica e dolorosa. Gli interventi solistici sono realizzati magistralmente dagli strumentisti di quella che è diventata una delle migliori orchestre al mondo sotto la guida dei più grandi direttori che non si fanno certo pregare per venire a dirigere qui.

Coerenti con la sua lettura sensuale della partitura sono i cantanti, primo fra tutti Jonas Kaufmann al suo debutto come Tristano. Qui dove era stato un eccelso Lohengrin, presenta un Tristano introverso e poco eroico: vocalmente privilegia mezze voci e intenzioni liriche (il suo primo «Isolde!» è un concentrato di smarrimento e sorpresa, di un’attesa di voluttà e mancato appagamento). Un paesaggio sonoro sempre vario è quello in cui si muove il tenore tedesco che non ha bisogno di gonfiare i polmoni per essere convincente. Anche Anja Harteros debutta come Isotta e lo scarno registro medio viene compensato dalla luminosità di quello acuto e dalla sicurezza dell’emissione che non mostra segni di fatica nel finale: il suo Liebestod non ha la pienezza di quello di Nina Stemme (con cui si alterna nelle recite), ma offre un’ascesa vocale e drammatica del tutto esaltante. Comprimari di lusso sono Mika Kares, autorevole e sonoro re Marke; Okka von der Damerau, una Brangania convincente anche dal punto di vista attoriale; Wolfgang Koch, sensibile Kurwenal; Sean Michael Plumb, cantante in genere buffo qui efficacemente prestato al ruolo del cattivo Melot; Dean Power, lirico pastore. Christian Rieger e Manuel Günther, due assidui della Bayerische Staatsoper, completano degnamente il cast come i marinai della nave che non c’è.

Della messa in scena di Krzysztof Warlikowski si può dire che si avvantaggia del fatto di essere vista dopo quella cervellotica e incoerente di Simon Stone, e le provocazioni che ci si poteva aspettare qui sono quasi assenti: la sua lettura freudiana del desiderio di morte dei due personaggi principali ha una linearità e una chiarezza – a parte alcune inspiegabili trovate – quasi inaspettate da uno come Warlikowski. Durante l’ouverture una coppia di androidi dalle fattezze totalmente inespressive, ma che comunicano un senso di angoscia, occupano la scena con movimenti scarni ma intensi. Il video del volo di due gabbiani sulle onde accompagna la canzone del marinaio ed è l’unico elemento che richiami il mare, qui totalmente assente se non visto attraverso un oblò sulla parete di fondo di un corridoio infinito di stanze. I video proiettati sullo schermo, che spesso separa i due amanti dal resto del mondo, sono opera di Kamil Polak e sottolineano con i loro effetti psichedelici il trip indotto da sostanze stupefacenti che si sono iniettate con una siringa. Sempre sullo schermo vediamo in parallelo la loro morte con dei tubetti vuoti vicino ai loro corpi riversi sul letto di una camera che viene inondata dall’acqua che poi restituisce i due amanti sorridenti alla fine. La scena unica della moglie Małgorzata Szczęśniak, che disegna anche i sontuosi costumi, rappresenta una grande stanza pannellata di legno: sulla sinistra un armadio vetrato per le medicine, le pozioni di Brangania e le siringhe; sulla destra un lettino da psicanalista su cui nel terzo atto saranno sdraiati prima l’alter-ego androide e poi Tristano stesso. La pulsione di morte è ancora più forte di quella di vita, scrive Freud nel suo saggio del 1920 Jenseits des Lustprinzips (Al di là del principio di piacere) e i due personaggi sembrano dargli ragione: dopo il filtro d’amore i due amanti neanche osano abbracciarsi e mentre ad Aix si rotolavano scompostamente sul letto, qui nell’atto secondo sprofondano in due poltrone Chesterfield distanti l’uno dall’altra per innalzare il loro canto di amore ed annichilimento, «O sink hernieder, | Nacht der Liebe, | gib Vergessen, | dass ich lebe; | nimm mich auf | in deinen Schoss, | löse von | der Welt mich los!» (Oh scendi quaggiù, notte d’amore, dona l’oblio che io viva; accoglimi nel tuo seno; scioglimi via dal mondo!).

Il meglio Warlikowski lo dà nel taglio cinematografico della vicenda e nei particolari registici: Isolde che per incontrare re Marke si mette gioielli e un abito regale o lo spavento di Brangania quando si accorge di quello che ha fatto e si frappone tra i due per salvare il salvabile. Rimangono misteriosi i ruoli del vecchio servitore o del marinaio in canottiera, bendato, con una corona di cartone dorato sul capo e un mantello blu con la croce di Malta…

Per la prima volta dallo scoppio della pandemia il pubblico è ammesso in teatro, seppure dimezzato e disposto a scacchiera per il distanziamento, ma ha riempito tutti i posti disponibili per questa serata così attesa e ha riservato ai due protagonisti ovazioni trionfali. Nulla in confronto a quelle che hanno poi salutato il direttore Petrenko, visibilmente commosso quando l’orchestra gli ha dedicato alcuni momenti del Rosenkavalier in affettuoso segno di addio. Si sono unite agli applausi le centinaia di persone che hanno seguito l’esecuzione su grande schermo fuori, sulla Marstallplatz antistante il teatro. Questa era l’ultima occasione quest’anno dell’“Oper für Alle”.

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