Al cavallino bianco

Ralph Benatzky, L’auberge du Cheval blanc (Im weißen Rössl, it. Al cavallino bianco)

★★★☆☆

Losanna, Opéra, 21 dicembre 2021

(video streaming)

Nella Locanda del cavallino bianco si dimentica il Covid

L’8 novembre 1930 alla Großes Schauspielhaus di Berlino Im weißen Rössl continuava la serie di operette di Benatzky messe in cartellone dal teatro: nel 1928 Casanova, nel 1929 Die drei Musketiere. Presto però il lavoro venne proibito nella Germania Nazionalsocialista a causa dei suoi autori ebrei. Un anno dopo veniva presentato al Lirico di Milano come Al cavallino bianco e da allora è stato frequentemente messo in cartellone nei festival di operette. Nel 1954 e nel 1974 vi sono anche state due fortunate versioni televisive.

Atto I. È alta stagione alla locanda del Cavallino Bianco. Il personale è sovraccarico, ma il capo cameriere Leopold Brandmeyer riesce a calmare gli ospiti insoddisfatti. Purtroppo, ha meno successo con l’ostessa Josepha Vogelhuber a cui fa delle avances che lei rifiuta: è innamorata dell’avvocato berlinese Dr. Otto Siedler, ospite fisso da molti anni, che è atteso per il pomeriggio e viene poi accolto calorosamente da lei. La sua apparizione è sgradita anche ad un altro ospite: ‘industriale Wilhelm Giesecke, qui in vacanza solo su insistenza di sua figlia Ottilie. Neanche Josepha riesce a fargli amare il posto. Lei ha perso una causa contro di lui e il suo cliente, l’arcirivale Sülzheimer. Tuttavia, questo non impedisce alla piccola figlia Ottilie di cedere alle avances di Siedler. Il primo atto finisce sotto la pioggia battente.
Atto II. Leopold rifiuta di portare un mazzo di fiori di Josepha nella stanza del dottor Siedler e confessa il suo amore per lei. Litigano e Leopold viene licenziato. Nel frattempo è arrivato il figlio di Sülzheimer, Sigismund, che sul treno si è innamorato di Klärchen, figlia di un altro villeggiante. Poiché anche l’imperatore Francesco Giuseppe I si annuncia come ospite, Josepha è costretta a riassumere Leopoldo per avere abbastanza personale. Tuttavia, al momento del saluto all’imperatore, c’è quasi uno scandalo: Josepha appare al braccio del dottor Siedler, e il geloso Leopoldo va su tutte le furie. Non appena l’imperatore arriva all’hotel, Leopoldo scoppia in lacrime.
Atto III. L’imperatore parla con Josepha e le consiglia di accontentarsi di ciò che è possibile piuttosto che illudersi che i sogni si avverino. Josepha si rende conto che Leopold la ama sinceramente e, con il pretesto di volerlo licenziare di nuovo a causa dello scandalo di ieri, gli presenta una proposta sorprendente: «Licenziato come cameriere a pagamento, ma impegnato a vita come marito». Nel frattempo, Giesecke ha cercato di sistemare sua figlia con il figlio del suo concorrente, ma lei ha accettato da tempo la proposta del dottor Siedler. Sigismund Sülzheimer ha anche chiesto a Klärchen di sposarlo. Lo scontroso proprietario di fabbrica deve ora accettare i fatti, che vengono addolciti dall’offerta di Sülzheimer di risolvere la controversia. L’operetta finisce con il canto gioioso delle tre coppie felici.

Innumerevoli nomi furono coinvolti nella gestazione del lavoro. Il libretto originale, del compositore stesso, di Hans Müller-Einigen e di Erik Charell, era stato tratto dall’omonima commedia del 1896 di Oskar Blumenthal e Gustav Kadelburg. L’innovazione più importante dei librettisti fu l’introduzione della figura dell’Imperatore nel finale del secondo atto. La supervisione musicale fu affidata nuovamente a Ralph Benatzky: come nelle rappresentazioni congiunte precedenti, il compositore moravo dovette combinare la propria musica con altri temi, qui l’inno nazionale austriaco e canzoni popolari. All’ultimo minuto Charell decise di inserire nella partitura titoli di altri compositori, con grande irritazione di Benatzky. Così fu per il foxtrot «Die ganze Welt ist himmelblau» e il valzer «Mein Liebeslied muß ein Walzer sein» di Robert Stolz. «There’s Danger in Your Eyes, Cherie» di Harry Richman, Jack Meskill e Pete Wendling (dal film musical della MGM Puttin’ on the Ritz) fu acquistato e riscritto come «Es ist doch nicht das letzte Mal, dass wir uns sehen». Altre ancora furono «Zuschaun kan i net» di Bruno Granichstaedten e «Was kann der Sigismund dafür, dass er so schön ist» di Robert Gilbert. Contrariamente ad altri accordi contrattuali, Gilbert fu anche incaricato all’ultimo momento di riscrivere tutti i testi delle canzoni al posto di Benatzky. A causa della mancanza di tempo, Eduard Künneke fu incaricato di assumere l’orchestrazione dell’opera e di scrivere i cori. Il suo nome non era menzionato nella lista degli autori ed è venuto alla luce solo attraverso ricerche successive.

Questa moltitudine di mani diverse non ha intaccato la piacevolezza del prodotto e la sua popolarità, ma da qui a trovare una coerenza musicale e drammaturgica in questa trita e ritrita storia di amori e ripicche tra ricchi annoiati in vacanza nel Salzkammergut ce ne vuole.

L’Opéra de Lausanne prova a risollevare gli spiriti al termine di una stagione martoriata dal Covid con la produzione di questa svagata operetta nella «adaptation joyeuse» di Paul Bonneau per quanto riguarda la musica. Nella versione francese di Lucien Besnard i personaggi si chiamano Napoléon Bistagne, Célestin Cubisol, Sylvabelle, Mr. Guy Florès e i versi delle canzoni sono di René Dorin. Le 1700 rappresentazioni allo Châtelet di Parigi dimostrano la buona accoglienza in area francofona di questo lavoro e affidandone la messa in scena al regista Gilles Rico e le ingegnose scenografie a Bruno de Lavenère, il teatro è riuscito a confezionare uno spettacolo visivamente godibile ambientato negli anni folli. Un bel contenitore di canzoni piacevoli, argute coreografie (di Jean-Philippe Guilois), costumi (di Karolina Luisoni) di tutte le epoche e divertenti scenette – magari non proprio tutte – dove il Kaiser si traveste da donna per le sue uscite notturne e le sue guardie di sicurezza finiscono in slip dorati.

Jean-Yves Ossonce alla guida della Sinfonietta de Lausanne dipana le perle melodiche affidate a un cast eterogeneo: Mathias Vidal è un Léopold un po’ corto di fiato; Fabienne Conrad inizia con fatica ma poi si riprende a delineare una spigliata Josepha; più a suo agio Julien Dran come Mr Guy Florès dal bel timbro e dall’eleganza giusta per questo genere. Sapidi gli interventi degli attori che incarnano Napoléon Bistagne e il Kaiser. Su tutti vola, nel vero senso della parola, lo yodel di Barbara Klossner, alias Miss Helvetia, che ci ricorda che ci troviamo non a caso in Tirolo. Assente ogni riferimento all’epoca della composizione, viene fornito un prodotto che vuole farci molto semplicemente dimenticare i tempi bui in cui viviamo.

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