Uno sguardo dal ponte

Arthur Miller, Uno sguardo dal ponte

Regia di Massimo Popolizio

Torino, Teatro Carignano, 8 febbraio 2023

Hanno ammazzato Eddie Carbone

Secondo lavoro di Arthur Miller della stagione dello Stabile di Torino, Uno sguardo dal ponte (A View from the Bridge) andò in scena come atto unico nel 1955 a New York con scarso successo, così l’autore ne fece una revisione in due atti presentata l’anno successivo a Londra con la regia di Peter Brook e da allora è entrato nella rosa dei maggiori lavori del drammaturgo, scrittore, sceneggiatore e giornalista newyorchese.

La commedia è ambientata nell’America degli anni Cinquanta, in un quartiere italo-americano vicino al ponte di Brooklyn a New York. È presente un narratore nel personaggio di Alfieri, un avvocato italo-americano, che racconta di Eddie, il tragico protagonista che ha un’ossessione per Catherine, la nipote orfana di sua moglie Beatrice, per cui non approva il corteggiamento da parte del cugino di Beatrice, Rodolfo. La gelosia lo porterà a denunciarlo come immigrato illegale e poi a diventare vittima della collera del fratello Marco.

L’interesse di Miller per la scrittura sul mondo dei moli di New York era nata da un fatto di cronaca nera che divenne una sceneggiatura non prodotta sviluppata con Elia Kazan all’inizio degli anni Cinquanta intitolata The Hook (L’uncino) che trattava della corruzione sui moli di Brooklyn. In seguito Kazan diresse On the Waterfront (Fronte del porto) su un argomento simile. Nel 1958 Luchino Visconti metteva in scena la versione italiana di Uno sguardo dal ponte e nel successivo film Rocco e i suoi fratelli affrontava un vicenda analoga.

Coprodotto con la Compagnia Umberto Orsini, il Teatro di Roma e l’ERT (Emilia e Romagna Teatro) lo spettacolo ora sul palcoscenico del Carignano porta la firma registica di Massimo Popolizio che riserva per sé la parte di Eddie. La scenografia di Marco Rossi è ingombra di vecchi mobili, la memoria della Sicilia lasciata dagli immigrati, che si confondono con le casse e i sacchi scaricati dalle navi sull’East River. Popolizio così racconta il suo spettacolo: «Tutta l’azione è un lungo flash-back: Eddie Carbone, il protagonista, entra in scena quando tutto il pubblico già sa che è morto. Per me è una magnifica occasione per mettere in scena un testo che chiaramente assomiglia molto a una sceneggiatura cinematografica e che, come tale, ha bisogno di primi, secondi piani e campi lunghi. Alla luce di tutto il materiale che questo testo ha potuto generare dal 1955 ad oggi – film, fotografie, serie televisive – credo possa essere interessante e “divertente” una versione teatrale che tenga presente tutti questi “figli”. Una grande storia raccontata come un film, ma a teatro».

E così è nella sua regia di taglio quasi cinematografico, con scene che hanno la brevità di una sequenza da film muto, e nella recitazione, dove il dialetto siciliano dei nuovi arrivati è ancora così forte rispetto a quello dei “merigans” che si sono ormai adattati, primi fra tutti i giovani Catherine e Rodolfo. Popolizio non calca la mano sugli aspetti più morbosi della storia, la passione incestuosa del vecchio zio per la nipote, ma preferisce evidenziarne gli aspetti di scottante attualità: la fuga dalla povertà, le tensioni fra gli immigrati, la caccia allo straniero, la brutalità della polizia. Son passati quasi settant’anni dal 1955 ma tutti questi  problemi sono ancora tragicamente attuali, come ci ricordano i bravi attori in scena: oltre al fuoriclasse Massimo Popolizio che delinea un Eddie Carbone quasi rassegnato al suo tragico destino, Valentina Sperlì (Beatrice), Michele Nani (l’avvocato Alfieri), Raffaele Esposito (Marco), Lorenzo Grilli (Rodolfo), Gaja Masciale (Catherine), Felice Montervino (Tony), Marco Mavaracchio e Gabriele Brunelli (i poliziotti), Marco Parlà (Louis). Il folto pubblico che ha disdegnato la seconda serata di Sanremo li ha applauditi con calore.

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