Stagione Sinfonica RAI

Joseph Martin Kraus, Ouverture da Olympie, VB 33

Adagio – Allegro ma non troppo

Andrea Luchesi, Sinfonia n° 5 in Mi maggiore, WK 4

I. Allegro
II. Andante
III. Presto

Joseph Boulogne Chevalier de St.Georges, Concerto in Sol maggiore per violino e orchestra, op. 2 n. 1

I. Allegro
II. Largo
III. Rondeau

Franz Joseph Haydn, Sinfonia n. 103 in Mi bemolle maggiore, “Rullo di timpani”, Hob:I:103

I. Adagio – Allegro con spirito
II. Andant epiù tosto allegretto
III. Minuetto – Trio
IV. Allegro con spirito

Ottavio Dantone, direttore

Roberto Ranfaldi, pianoforte

Torino, Auditorium RAI Arturo Toscanini, 23 marzo 2023

Lo spirito di Mozart

Sì, il sedicesimo concerto della stagione della Orchestra Sinfonica Nazionale RAI è dominato, per lo meno nella prima parte, dallo spirito di Mozart con tre autori che in maniera diversa rimandano al compositore salisburghese.

Joseph Martin Kraus è coetaneo di Mozart, nasce infatti nello stesso anno 1756 e muore esattamente un anno dopo, anche lui a dicembre. Da Magonza prosegue la sua carriera di compositore in Svezia alla corte di Gustavo III (quello de Il ballo in maschera), un grande amante del teatro per cui scrive vari drammi per musica, tra cui le musiche di scena per la tragedia Olympie di Johann Henrik Kellgren, il suo librettista di fiducia, tratta dalla omonima pièce di Voltaire. Nella breve composizione è evidente lo spirito Sturm und Drang tradotto in uno stile che deve molto a Gluck, il compositore che incarnava per lui l’ideale del dramma musicale, e che Kraus aveva conosciuto anziano a Vienna durante uno dei suoi viaggi sponsorizzati dal monarca svedese. La pagina costituisce una efficace introduzione al fosco dramma che si prepara dietro il sipario.

Andrea Luchesi (o Lucchesi, Treviso 1741 – Bonn 1801) è balzato agli onori della cronaca degli ultimi anni per una coppia di studiosi che in un libro autopubblicato hanno avanzato la tesi secondo la quale Luchesi è il vero autore di alcune delle opere di Mozart, il quale avrebbe copiato e fatto passare per sue le partiture del trevisano. Che la tesi sia stata smontata dai musicologi più affermati non ha fermato però i due autori che continuano nella loro miserevole opera di distruzione del mito di Mozart. Che il compositore italiano abbia avuto a che fare col salisburghese è fuor di dubbio: i due si erano conosciuti a Venezia nel marzo 1771 durante il primo dei viaggi dei Mozart in Italia, ma più interessanti sono i rapporti di Luchesi con i Beethoven: prima il nonno Ludwig, di cui prenderà il posto di Kapellmeister a Colonia; poi con il giovane nipote che fu a suo servizio a Bonn come organista e violista. La sinfonia che viene qui presentata risale al periodo veneziano e rivela uno stile un po’ superato per l’epoca, con  una scrittura piuttosto semplificata e un utilizzo di certi strumenti a mero rafforzamento armonico. Si tratta in conclusione di una pagina piacevole, ma niente più, che Ottavio Dantone, alla testa di un’orchestra ridotta – due dozzine di archi e cinque strumenti a fiato – riesce a rendere nel suo aspetto migliore nonostante una compagine non molto avvezza a questo repertorio: passare da un programma centrato al 90% su Brahms, Mahler e Šostakovič alle semplici architetture del Luchesi è un bel salto!

Lo stesso problema si pone per il terzo titolo in programma: il Concerto  di Joseph Boulogne Chevalier de St.Georges (1739 o 1745 – 1799) figlio di un francese proprietario di piantagioni nelle Antille e di una schiava di colore, e per questo definito il “Mozart nero”, è del 1773, precede quindi quelli di Mozart. Scritti in un piacevole stile galante, i suoi due concerti per violino e orchestra non hanno una forma particolarmente complessa e in questo in Sol maggiore la semplice struttura tende a lasciare spazio al virtuosismo dello strumento solista, qui affidato a Roberto Ranfaldi, primo violino di spalla dell’orchestra, che esegue con tecnica ineccepibile le agilità richieste, ma sembra cauto nell’affrontare un lavoro che non è evidentemente nelle sue corde e la sua performance difetta di brio e di colori emergendo soprattutto nel movimento centrale, un largo malinconico ed espressivo.

Dopo l’intervallo l’orchestra riacquista il suo organico abituale nella grande sinfonia n. 103 con cui Haydn dà prova di grande teatralità – quasi maggiore che nei suoi effettivi lavori teatrali… – non solo nell’inedito rullo di timpani che richiama bruscamente l’attenzione degli ascoltatori, ma anche nella scrittura “operistica” degli strumenti in fitto dialogo. Qui nel secondo movimento ha il suo momento di gloria solistica l’altro primo violino di spalla, Alessandro Milani, con l’ineffabile tema dell'”Andante più tosto [sic] allegretto”.

Dantone ritornerà anche la settimana prossima con Mozart, quello vero, e di nuovo Haydn, ma sarà presente anche domenica 26 marzo nei Concerti del Quirinale con l’ensemble barocco dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai “La Mole Armonica” in musiche di Bach e Geminiani.

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