Le 11 février 1900, Alma Schindler, âgée d’à peine vingt ans, écrit dans son journal qu’elle a rencontré Alexander von Zemlinsky lors d’un concert : « Cet homme est absolument grotesque. Une caricature : sans menton, petit, avec des yeux globuleux et une façon folle de diriger. » Le 26 du même mois, elle confirme sa première impression, mais il se passe quelque chose de plus : « Il est terriblement laid, il n’a presque pas de menton, et pourtant je l’aime extraordinairement. À table, il m’a demandé calmement quelle était mon opinion sur Wagner, et je lui ai répondu que Wagner était le plus grand génie de tous les temps. – Et quel est votre Wagner préféré ? J’ai répondu Tristan. À ce moment-là, il était si heureux qu’il est devenu méconnaissable. À proprement parler, Il est devenu beau. Maintenant, nous nous sommes trouvés. Je l’aime beaucoup. Beaucoup. Je vais l’emmener chez nous. »…
L’11 febbraio del 1900 Alma Schindler, poco più che ventenne, scrive sul suo diario di aver conosciuto Alexander von Zemlinsky ad un concerto: «L’uomo è la cosa più grottesca che ci sia. Una caricatura: senza mento, piccolo, con gli occhi che sporgono e un modo di dirigere folle». Il 26 dello stesso mese conferma la sua prima impressione, ma qualcosa è successo: «È terribilmente brutto, non ha quasi mento, eppure mi piace straordinariamente. A tavola mi chiese con calma quale fosse la mia opinione su Wagner e io gli ho detto che era il più grande genio di tutti i tempi. E qual è il suo Wagner preferito? Tristan la mia risposta. A quel punto fu così contento da diventare irriconoscibile. È diventato propriamente bello. Ora ci siamo finalmente intesi. Mi piace molto. Molto. Lo porterò a casa nostra».
Alma si fa dare lezioni di musica e presto il loro è diventato un flirt in cui la ragazza è soggiogata dalla personalità del compositore: «Non penso che [Alexander] sia ridicolo. E non è brutto, perché l’intelligenza brilla dai suoi occhi e una persona così non è mai brutta». Ma la loro relazione finisce e la fine ha una data precisa: il 16 dicembre 1901 Alma sul diario annota per l’ultima volta «Oggi è stato sepolto un bellissimo, bellissimo amore. Gustav, dovrai fare molto per sostituirlo». Alma sposerà Gustav Mahler tre mesi dopo e Alexander ne sarà devastato. Il compositore scriverà Der Zwerg pensando a quella sua esperienza, identificandosi nella deformità del protagonista. Erano passati quasi vent’anni, ma il ricordo era ancora doloroso.
Der Zwerg, su libretto di Georg C. Klaren basato sul racconto del 1891 di Oscar Wilde The Birthday of the Infanta, debutta il 22 maggio 1922 e rimane il più eseguito degli otto lavori per il teatro del compositore ebreo che con l’assunzione al potere di Hitler dovette fuggire prima da Berlino, poi da Vienna in seguito all’Anschluss e rifugiarsi negli Stati Uniti dove morirà nel ’42.
L’atto unico è messo in scena alla Deutsche Oper di Berlino da Tobias Kratzer. Donald Runnicles dirige l’orchestra del teatro e l’opera è preceduta dall’esecuzione del pezzo per orchestra Begleitungsmusik zu einer Lichtspielscene (Musica di accompagnamento a una scena cinematografica) che Arnold Schönberg aveva completato nel 1930, breve pagina che non era nata con la concreta destinazione suggerita dal titolo, ma come ”ipotesi” commissionata, a lui e ad altri compositori, dall’editore tedesco Heinrichshofen. Nessun regista ebbe in seguito l’idea di utilizzare questa pagina per un film, ma nel 1955 Georges Balanchine ne fece una coreografia. Pensando al cinema espressionista di quell’epoca, utilizzando un linguaggio rigorosamente dodecafonico e un organico quasi cameristico, Schönberg scrive tre episodi, legati in un unico brano, che intitola “Drohende Gefahr” (Pericolo incombente), “Angst” (Angoscia) e “Katastrophe” (Catastrofe). I dieci minuti di musica formano un prologo-pantomima in cui vediamo Alma e Zemlinsky (interpretati da due pianisti: Adelle Eslinger-Runnicles e Evgenij Nikiforov) in un ambiente fine secolo suonare la parte per pianoforte prevista dalla partitura e recitare una lezione di musica in un film in bianco nero in cui si stacca soltanto il colore rosa del vestito della donna. Lui è sempre più nervoso, lei sempre più scostante fino a respingerlo e a lasciarlo.
Senza soluzione di continuità attacca la musica di Der Zwerg. La scena rappresenta il palco di un auditorium con i gradini per l’orchestra, i busti dei musicisti sulla parete, l’organo troneggiante in fondo. La musica deve allietare l’Infanta Donna Clara nel giorno del suo diciottesimo compleanno. Le cameriere commentano i preziosi regali ricevuti – una croce di avorio e topazi, una corona d’oro incastonata di rubini, una rosa d’oro con spine di pietre preziose dono del Papa, due superbi cavalli dall’Imperatore. Ma il più bello, e più orrendo, è quello inviato dal Sultano: un nano, un capriccio della crudele natura: «zoppica, i suoi capelli sono una zazzera di fuoco, la sua testa è infagottata in spalle troppo alte, si piega sotto il peso di una gobba, il suo corpo è piccolo e deforme. Chissà, forse non ha più di vent’anni, forse è vecchio come il Sole. Viene da un paese lontano e lo precede la sua fama di cantore. […] Egli ignora del tutto la sua bruttezza ripugnante, crede di essere nobile e ha i modi di un cavaliere. Non si è mai visto in uno specchio».
E sul palcoscenico della Deutsche Oper entra veramente un nano, l’attore Mick Morris Mehnert la cui voce è prestata dal tenore David Butt Philip che, inizialmente al leggio, in seguito viene coinvolto come partecipante al dramma. Lo scisma tra la parte spirituale e quella fisica del personaggio eponimo qui è resa dal regista con la contemporanea presenza delle due figure e alla conseguente crisi di identità che porta la prima a uccidere la seconda. L’azione si sviluppa sul palco dell’auditorium invaso allegramente dalle compagne di gioco dell’Infanta, sfrenate festaiole in abiti color pastello e telefonino in mano. Il Nano è un direttore d’orchestra con tanto di bacchetta che dirige le note della struggente canzone dell’arancia sanguigna, simbolo del suo cuore ferito dall’amore.
Nella scenografia di Rainer Sellmaier, che firma anche i costumi, su un telo semiriflettente che cala dall’alto si specchia il Nano che vede per la prima volta la sua deformità. L’Infanta ritorna ancora una volta in scena per giocare col suo regalo, ma il cuore del Nano non ha resistito alla rivelazione. «Peccato, già rotto il mio regalo di compleanno» commenta la capricciosa ragazza. Il ciambellano entra in scena con il busto di un nuovo compositore da aggiungere alla collezione: ha gli occhiali e il naso prominente di Alexander von Zemlinsky.
La fantasmagorica partitura dell’atto unico è resa da Sir Donald Runnicles con sapienza e sensibilità: come il personaggio in scena anche la musica è scissa in due personalità, tra eccessi romantici e sofferta introversione e ricorda quella di Mahler come è messo in luce dal direttore inglese. Eccellenti gli interpreti in scena. Come voce del protagonista David Butt Philip inizia con un estatico lirismo dove il glorioso timbro del tenore inglese si spiega in tutta la sua luminosità nell’impegnativo registro previsto dalla parte, ma presto il suo coinvolgimento nell’azione lo porta a sfoderare un’intensità di espressione che ha il culmine nel momento in cui si vede riflesso e scopre la triste realtà. La svagata crudeltà dell’Infanta è resa mirabilmente da Elena Tsallagova con voce sicura ma dizione tendente al russo. Nel Ciambellano Don Estoban si fa notare la efficace presenza scenica e vocale di Philipp Jekal. L’unico personaggio che dimostri un minimo di pietà in questa vicenda è la Ghita, interpretata da una sensibile Emily Magee.
L’intrigante messa in scena, la splendida concertazione e l’eccellente cast realizzano uno spettacolo di grande impatto che conferma il ruolo di un compositore che, come molti altri, accusato di scrivere entartete Musik (musica degenerata) fu perseguitato dai Nazisti e che sempre più si rivela come uno dei più importanti del secolo scorso.
Il meritorio progetto “Recovered Voices” della OREL Foundation di James Conlon, nata per recuperare le opere dei compositori perseguitati dal Nazismo, ha uno dei suoi punti di forza in questo allestimento di Los Angeles di due atti unici di musicisti tacciati dai nazisti di aver scritto “arte degenerata” semplicemente perché di origine ebrea.
Nato a Vienna nel 1871 in un milieu multiculturale (ungheresi e bosniaci, ebrei sefarditi e cattolici in famiglia), mentre suonava l’organo nella sinagoga, Alexander von Zemlinsky studiava al conservatorio viennese con Bruckner. Brahms fu uno dei suoi primi sostenitori e Schönberg l’ebbe come unico maestro. Fu Kapellmeister prima al Carltheater e poi alla Volksoper prima di trasferirsi a Praga e poi a Berlino, che dovette lasciare in seguito alla salita al potere del Nazismo per ritornare a Vienna e fuggire definitivamente negli USA dopo l’Anschluss.
Nell’opera Der Zwerg (Il nano), composta nel periodo 1919-21 e presentata a Colonia nel 1922 sotto la direzione di Otto Klemperer, si possono trovare cenni autobiografici riguardo alla sua sfortunata relazione con Alma Schindler. Nel 1900 infatti Zemlinsky ha tra i suoi allievi un’attraente studentessa la quale rimane affascinata dalla personalità carismatica e dalla presenza intellettuale del compositore, nonostante la sua sgradevolezza fisica mai taciuta: «Uno gnomo orribile (1). Piccolo, senza mento, sdentato e con un odore perenne di caffè addosso» lo definisce la futura moglie di Gustav Mahler. Nel 1901 la storia finisce, ma a Zemlinsky non basteranno decenni per esorcizzare l’infatuazione vissuta per la donna.
Come per l’altro suo atto unico, Eine florentinische Tragödie, il testo dell’opera è tratto da Oscar Wilde: il libretto di Georg Klaren è infatti un adattamento de The Birthday of the Infanta (1891) ove si narra delle celebrazioni per il compleanno della principessa spagnola Donna Clara e del regalo di un nano fattole da un sultano. Il nano, ignaro della sua deformità, si innamora dell’Infanta che civetta con lui e gli regala una rosa. Quando vede la sua immagine riflessa per la prima volta in uno specchio e viene deriso dalla principessa alla sua richiesta d’amore, il nano muore di crepacuore stringendo la rosa mentre l’Infanta ritorna ai festeggiamenti in suo onore. Come nella Salome di Strauss – anche lei derivata da Oscar Wilde e che Zemlinsky aveva diretto alla sua prima viennese del 1918 – qui pure c’è una Prinzessin ingenua che alla fine con “voce infantile” si lamenta: «Geschenkt und schon verdorben, das Spielzeug zum achtzehnten Geburtstag» (Già rotto il giocattolo, regalo per i miei diciotto anni). (2)
La fantasmagorica orchestrazione dell’opera (messa amorevolmente e sapientemente in luce da Conlon) è uno dei tanti buoni motivi per riportare alla luce questi lavori negletti che vanno a riempire il vuoto lasciato dal Nazismo nella musica tedesca tra Mahler e Schönberg. Tra le opinioni positive sull’opera di Zemlinsky è da ricordare il singolare giudizio di Theodor Wiesengrund Adorno che nel 1963 scriveva: «L’eclettismo di Zemlinsky diventa geniale perché le capacità ricettive dell’artista sono esaltate a tal punto da pervenire a una prontezza di reazioni veramente sismografiche verso tutti gli stimoli dai quali si fa inondare” (Quasi una fantasia, Essays on Modern Music).
Il tempo non specificato dal racconto di Wilde e dal libretto di Klaren, nell’allestimento di Los Angeles nel marzo 2008 è invece determinato dal regista Darko Tresnjak nell’epoca del Siglo de Oro spagnolo con i rimandi iconografici a Las Meninas di Velázquez nei costumi di Linda Cho e nelle scenografie di Ralph Funicello.
Se non nella figura, è la voce chiara del soprano Mary Dunleavy a richiamare il carattere infantile della protagonista femminile, così come il timbro squillante del tenore Rodrick Dixon dà voce al nano cantore.
L’atto unico di Zemlinsky è presentato assieme a un altro atto unico: Der zerbrochene Krug di Viktor Ullmann in questo disco ArtHaus con sottotitoli anche in italiano.
(1) In tedesco “scheußlich”, lo stesso termine utilizzato dal ciambellano per descrivere il nano regalato all’Infanta.
(2) Nella novella di Wilde le sue ultime parole sono invece: «For the future let those who come to play with me have no hearts» (In futuro quelli che verranno a giocare con me non dovranno avere un cuore).
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Der Zwerg, Runnicles/Kratzer, Berlino, 24 marzo 2019