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Philippe Boesmans, Reigen
★★★★☆
Stoccarda, Staatsoper, 24 aprile 2016
(video streaming)
Sesso e solitudine
Reigen (Girotondo) è una pièce teatrale dell’austriaco Arthur Schnitzler, composta nel 1897 ma rappresentata con la regia di Max Reinhardt a Berlino solo nel 1920 dopo la Grande Guerra quando venne soppressa la censura. Costituì uno dei più grandi scandali teatrali del secolo e costò all’autore un processo per pornografia. Non minore fu la campagna antisemitica contro Schnitzler, che ritirò il lavoro e ne proibì ulteriori rappresentazioni nei teatri tedeschi. Solo nel 1982 il divieto fu tolto dal figlio dello scrittore. Lo scandalo non derivava tanto dal fatto che gli incontri avevano come fine un rapporto sessuale (comunque mai rappresentato in scena), quanto perché il testo scardinava schemi sociali rigidamente definiti in una società che all’epoca stava vivendo una profonda crisi.
La vicenda si basa sugli incontri tra dieci personaggi di differenti condizioni sociali e umane: la prostituta, il soldato, la cameriera, il giovane signore, la giovane signora, il marito, la ragazzina, il poeta, l’attrice, il conte. In una serie di dieci quadri i personaggi dialogano due alla volta, per poi concludere immancabilmente con un atto sessuale, che tuttavia non viene mai mostrato. Uno dei due personaggi è poi protagonista anche del quadro successivo, in modo da creare un concatenarsi di atti che legano le sorti della vicenda, di cui non esiste una effettiva trama. Da qui il titolo: quando il conte, ultimo personaggio ad entrare in scena, si congiunge alla prostituta, la danza sessuale ha termine, o meglio continua all’infinito.
Nato nel 1936 in Belgio, dopo aver studiato pianoforte al conservatorio di Liegi, Philippe Boesmans inizia a comporre nel 1957 e a sperimentare al Centro di Ricerche Musicali con Henri Posseur. Vincitore del Prix Italia del 1971 è ora compositore in residence alla Monnaie di Bruxelles.
Per festeggiare il suo ottantesimo compleanno la Opernhaus di Stoccarda mette in scena questo lavoro che ebbe il debutto nel 1993, anche allora diretto da Sylvain Cambreling. Reigen, su libretto di Luc Bondy, fu definita dal quotidiano “Le Monde” «la più grande opera degli ultimi 75 anni».
La partitura di Boesmans mescola forme stilistiche diverse in un linguaggio sorprendentemente eclettico: dal recitar cantando allo sprechgesang, dalle fanfare barocche al jazz, dal declamato quasi wagneriano ad accenni di coloratura, sono pochi i generi musicali non citati. La ripetitività delle scene è in parte compensata dalla varietà e leggerezza dell’orchestrazione che lascia sempre spazio alle voci dialoganti. Belli i passi strumentali durante gli accoppiamenti sessuali appena accennati. Ciò non vuol dire che nelle due ore e mezzo, tanto dura il lavoro di Boesmans, non ci siano momenti di noia e soprattutto di una certa freddezza: il sesso qui mette in evidenza il vuoto e la solitudine dei personaggi che in questo allestimento scenico della Nicola Hümpel non hanno altra risorsa comunicativa che l’onnipresente cellulare o addirittura una chat line. I vari ambienti sono suggeriti da pochi mobili (un letto, un divano, due poltrone, una vasca da bagno…) che vengono fatti scorrere in scena tramite una piattaforma rotante mentre un grande schermo sullo sfondo rimanda primi piani dei personaggi alternati a filmati in bianco e nero di una giovane coppia. Tocchi ironici sono sparsi dalla regista su un dialogo molto serioso – o così sembra a un primo ascolto essendo assenti i sottotitoli nello streaming di Opera Platform e non reperibile il libretto – ma chiaramenti presenti in partitura.
Ottima la recitazione e la resa vocale dei dieci interpreti, ognuno ben definito e quasi tutti membri stabili della Oper Stuttgart. Sono sostenuti da una direzione, quella di Cambreling, che dimostra la perfetta conoscenza del lavoro di Boesmans presente in sala e caldamente festeggiato dal pubblico.
⸪