Admeto

 

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foto © Alciro Theodoro da Silva

Georg Friedrich Händel, Admeto

★★★★☆

Göttingen, Deutsches Theater, 26 maggio 2009

(registrazione video)

Barocco in salsa wasabi

Il re Admeto sta morendo e la moglie Alceste invoca l’aiuto di Apollo. Il dio decreta la salvezza del re solo se qualcuno molto vicino a lui sacrificherà la propria vita.

Mentre nell’Alceste di Gluck la vicenda implica due soli personaggi – i due coniugi impegnati in un serrato confronto di fronte alla morte e la possibilità che il sacrificio di uno porti alla salvezza dell’altro in un’apoteosi dell’amore coniugale – nell’opera di Händel abbiamo una storia più consona all’estetica barocca, con personaggi e vicende secondarie tra cui un Ercole incaricato di portar fuori la sposa dagl’inferi e una Antigona che aspira alla mano di Admeto “vedovo”, la quale è a sua volta concupita da altri due spasimanti. Con l’arguto libretto di Nicola Francesco Haym, Admeto, re di Tessaglia, 22ª opera delle 49 di Händel, ebbe la prima rappresentazione nel 1727. Lo stesso anno il compositore otteneva la nazionalità inglese e da allora si firmerà George Frideric Handel.

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Atto I. Admeto, re di Tessaglia, giace mortalmente malato nel suo palazzo, perseguitato da sogni di terrore. Orindo, un cortigiano, gli dice che suo fratello Trasimede è altrettanto sconvolto, delirando sul ritratto di una donna. Ercole, in visita al suo amico Admeto, afferma che le sue potenti azioni sono motivate unicamente dalla ricerca della gloria. Alceste, la regina di Admeto, prega Apollo per alleviare la sua agonia; la statua del dio risponde che solo la morte di un parente stretto può salvare la vita di Admeto. Mentre dorme decide di morire per lui. In un bosco vicino la principessa troiana Antigona e il suo tutore Meraspe, rifugiati di Troia,, vivono travestiti da pastori. Antigona, promessa sposa di Admeto prima del suo matrimonio con Alceste, incolpa la sua malattia alla rabbia degli dei per il suo voto infranto. Manda Meraspe, che si finge suo padre, a palazzo. Il giardino del palazzo. Alceste, con in mano un pugnale, dice alle sue ancelle piangenti di non piangere il suo sacrificio volontario. Admeto entra con Ercole, rallegrandosi della sua salute recuperata. All’interno si sentono grida di dolore; Alceste è morta. Admeto supplica Ercole, che una volta salvò Teseo dall’inferno, di svolgere il servizio simile per Alceste. Ercole è d’accordo, lasciando Admeto a meditare sulle delusioni alimentate dalla speranza. Nel bosco Meraspe informa Antigona della guarigione di Admeto e della morte di Alceste. Si rallegrano che Antigona possa ora sposare Admeto, ma si ritirano all’avvicinarsi di una battuta di caccia guidata da Trasimede che porta un ritratto di Antigona che adora. Lei nega la sua identità; lei è Rosilda e Fidalbo (Meraspe) è suo padre. Trasimede la invita a palazzo, offrendole un lavoro come giardiniere.
Atto II. Alceste è nell’Ade, incatenato a una roccia e tormentato dalle Furie. Ercole getta Cerberus in un abisso, scaccia le Furie e libera Alceste. Il giardino del palazzo. Antigona respinge il corteggiamento di Orindo. Entra Trasimede e, preferendo la sostanza all’ombra, getta il ritratto e Orindo lo raccoglie. Antigona, decisa ad avere Admeto o nessuno altro, rifiuta Trasimede. Orindo dà il ritratto di Admeto ad Antigona e dice che non la rappresenta dal momento che Trasimede, quando è stato inviato a Troia per negoziare il matrimonio, ha riportato un ritratto diverso. Quando “Rosilda” entra è stupito dalla somiglianza tra il ritratto e il suo nuovo giardiniere. Dice di aver visto Trasimede con il ritratto lamentarsi della morte di Antigona. Si rende conto che Trasimede deve avergli dato il ritratto di qualcun altro. Trasimede lo ascolta e decide di rubare il ritratto. Quando “Rosilda” chiede ad Admeto se sposerebbe Antigona se fosse ancora viva, dice che non lo sa e si allontana bruscamente, lasciandola in preda delle paure. Un bosco. Alceste, travestita da soldato, e ansiosa di sapere se Admeto si è invaghito di un’altra in sua assenza e manda avanti Ercole per dire che non è riuscita a trovarla nell’Ade. Alceste è consumata dalla gelosia. Admeto, depresso dal pensiero di amare due donne, entrambe morte, decide di morire anche lui. Trasimede, che ha rapito “Rosilda” a causa della sua somiglianza con Antigona, viene convinto a liberarla. Un paggio gli porta un ritratto, che Trasimede riconosce come quello di Admeto e gli ordina che sia restituito a palazzo. Il paggio lo lascia cadere per errore e Antigona è felice di raccoglierlo. Alceste la vede baciarlo e chiede ad Antigona, che ammette di amare Admeto, se ha qualche speranza che il suo amore venga restituito. Antigona non può rispondere. Alceste inizia a maledire Admeto, ma si controlla; fino a quando non apprende la verità da lui gli sarà fedele.
Atto III. Un cortile. Meraspe informa Admeto dell’arresto di “Rosilda”, rivelando la sua vera identità e le sue speranze di sposare il re vedovo, egli non sa che Trasimede l’ha liberata. Orindo riferisce che Ercole è tornato solo dall’Ade a cercare Antigona e i suoi rapitori. Meraspe assicura Admeto dell’amore e della fedeltà di Antigona. Admeto è diviso tra il desiderio di Alceste morta e la simpatia per Antigona rapita. Quando Ercole gli dice che Alceste deve essere nei campi Elisii poiché non l’ha trovata nell’Ade, Admeto conclude che tutto cospira per gettarlo tra le braccia di Antigona. Ercole, sorpreso dal fatto che le sue false notizie non abbiano suscitato alcuna espressione di rimpianto, conclude che Alceste ha ragione di essere gelosa. Antigona, sempre baciando il ritratto di Admeto, ha appena iniziato un’aria quando Alceste (ancora travestito da soldato) afferra il ritratto. Orindo scambia Alceste per il rapitore di Antigona e la mette in arresto. Antigona strappa rabbiosamente il ritratto e continua la sua aria. Ercole, stupito di trovare Alceste in catene, costringe i soldati a liberarla. Dice ad Alceste senza mezzi termini che il re ama un’altra donna. Il Palazzo. Trasimede apprende da Meraspe che Antigona deve sposare Admeto e per la prima volta apprende l’identità di “Rosilda”. Giura di uccidere suo fratello. Trasimede sta per colpire Admeto quando Alceste gli prende la spada dalla mano. Admeto, prendendo Alceste come suo assalitore, ordina il suo arresto. Solo allora la riconosce. Quando Admeto esita tra le due donne, Antigona prende Alceste per mano e la presenta ad Admeto per avergli salvato la vita due volte. Alceste riconosce il suo debito con entrambe le donne: deve la sua vita all’una, all’altra il suo onore.

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Il Festival Händel di Göttingen, il più longevo festival di musica barocca, in quanto attivo dal 1920, ogni anno presenta un certo numero di concerti, un oratorio e un’opera del grande Sassone. Nel 2009 sotto la direzione del suo direttore Nicholas McGegan è messo in scena questo non frequente lavoro che ha come punto di forza la visione della regista cinematografica Doris Dörrie, che per la terza volta si cimenta con l’opera lirica, dopo Turandot e Madama Butterfly. Ritroviamo l’ambientazione orientale anche in quest’opera barocca che la Dörrie trasferisce in Giappone all’epoca Edo, dove il dolente Admeto è un Samurai, Alceste, nel suo sontuoso kimono, esegue il seppuku per salvare lo sposo ed Ercole è un lottatore di Sumo.

Oltre ai bellissimi costumi di Bernd Lepel e alle splendide luci di Linus Fellbom, la produzione si avvale dell’apporto coreografico della compagnia Mamu Dance Theatre, danzatori di butoh. Con i loro corpi i giapponesi interpretano gli spasimi di dolore del re di Tessaglia, gli spiriti dell’Ade, gli animali e anche il personaggio della gelosia, interpretato dal direttore Tadashi Endo: alla sua morte, Alceste viene sdoppiata nella sua ombra, la Gelosia appunto, che ha le spaventevoli sembianze della ragazzina del film horror giapponese Ringu (1998, The ring nel remake americano del 2002).

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Tim Mead, tormentato Admeto, interpreta con grande padronanza la parte che fu del castrato Senesino, mentre Marie Arnet e Kirsten Blaise quelle delle rivali primedonne Faustina Bordoni e Francesca Cuzzoni. A quest’ultima Händel affida le arie più virtuosistiche che la Blaise disimpegna con grande abilità. Orchestra di soli trenta elementi diretta da Nicholas McGegan, non esaltante e non favorita dalla presa di suono. La regia video insiste sui primissimi piani che mettono impietosamente in evidenza il trucco marcato e l’attaccatura delle parrucche.

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