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Georg Friedrich Händel, Giulio Cesare in Egitto
Amsterdam, Muziektheater, 2 febbraio 2023
(video streaming)
L’ultimo Giulio Cesare è quello cafonal di Bieito
Gli anni 1723-25 vedono Händel al lavoro su tre dei suoi massimi capolavori: Giulio Cesare in Egitto, Rodelinda e Tamerlano. Per Donald Burrows, uno dei massimi studiosi del Sassone, dal punto di vista musicale è da preferire Rodelinda «per la pura potenza musicale e compositiva […] in una successione sempre ben bilanciata di contrasti». Ma subito dopo ammette che il Giulio Cesare «ha una trama veloce, ricca di eventi, e alcune delle migliori arie di Händel, oltre a scene spettacolari dal punto di vista musicale e drammatico».
Händel sottopose il primo atto a una serie di massicce revisioni: furono almeno sette le fasi di composizione e riordino delle bozze complete della partitura. Sembra anche probabile che gli stravolgimenti del primo atto fossero dovuti a revisioni radicali del libretto: Haym, che lavorava a stretto contatto con Händel, aveva sviluppato il libretto gradualmente, modificandolo man mano, attingendo a più di una fonte letteraria e prestando molta attenzione alla coerenza drammatica. Come era tipico per l’epoca il Giulio Cesare si basava su un libretto preesistente, quello di Giacomo Francesco Bussani intonato da Antonio Sartorio a Venezia nel 1677 e rivisto nel 1685. Haym e Händel attinsero a entrambe le versioni. Era poi normale che ci fossero ulteriori revisioni a mano a mano che un’opera procedeva dalle prove alla prima rappresentazione alle successive repliche. Il Giulio Cesare ebbe 13 rappresentazioni nel 1724 e 10 nella stagione successiva e per le riprese negli anni successivi (1725, 1730 e 1732 ) ci sarebbero stati altri cambiamenti per adattarsi ai nuovi cast. Alcune delle modifiche apportate dopo il completamento della bozza di partitura possono essere considerate come correzioni, ma la maggior parte erano dovute alle capacità musicali degli interpreti e alle opportunità di miglioramento della presentazione drammatica. Tra le modifiche del 1725 vi furono quelle della parte di Sesto, che passava da contralto a tenore – due arie furono semplicemente trasposte di un’ottava, mentre le altre tre vennero completamente riscritte in relazione alla nuova voce – mentre Nireno e Curio furono eliminati.
Se Sartorio nel suo Giulio Cesare in Egitto aveva scritto per la prima volta nell’opera delle parti specificamente destinate alle trombe – nella sinfonia, in quattro arie e in un momento solistico – Händel nella sua opera affida un ruolo particolare ai corni, strumenti non particolarmente diffusi nella Londra dell’epoca: li aveva utilizzati nella sua Water Music del 1717 e nel Radamisto di tre anni dopo, la prima volta in cui questi strumenti assumevano un loro ruolo nell’orchestra. Qui Händel impiega due coppie di corni in chiavi diverse per ottenere accordi in differenti tonalità e poi gloriosamente solistici nella Sinfonia e Marcia della scena ultima del terzo atto.
La eccelsa maestria strumentale e la varietà di colori della partitura di Händel è occasione per evidenziare le qualità direttoriali di Emmanuelle Haïm alla guida del suo Concert d’Astrée – il teatro di Amsterdam non ha una sua propria orchestra e invita quindi quelle che vuole – con una direzione scattante, vigorosa, un suono pieno ma leggero, vario nelle agogiche con cui accompagna le differenti scene di questo ricchissimo dramma che ha affrontato in almeno altre quattro produzioni. Accuratissimi sono i da capo, frutto di un approfondito studio musicologico, ma anche il cast si rivela essere di ottimo livello. Dopo essere stato il Tolomeo par excellence in molte importanti produzioni (Glyndebourne, 2005; Salisburgo, 2012; Milano, 2019…), Christophe Dumaux veste ora i panni del personaggio del titolo e se all’inizio il timbro a dir poco particolare sembra far rimpiangere quello sublimato di Andreas Scholl, quello corposo di Sarah Connolly en travesti, quello rotondo di Carlo Vistoli, presto diventa convincente nella definizione del personaggio voluta da Bieito (ne riparleremo) e si apprezzano la tecnica impeccabile e l’espressività del cantante francese in «Alma del gran Pompeo» nel primo atto e poi in «Aure deh per pietà» nel terzo, in cui però viene tagliata «Qual torrente, che cade dal monte». La sua efficacia attoriale si rivela nel duetto finale con la seducente Cleopatra di Julie Fuchs, interprete dalla vocalità agile, dalle variazioni gustose e dalla giusta accentuazione del testo. Qualche piccolo sbandamento di intonazione è compensato dalla magnetica presenza scenica. Teresa Iervolino e Cecilia Molinari danno vita alle figure di Cornelia e del figlio Sesto con intensità interpretativa e grande padronanza vocale, la prima in una commovente «Priva son d’ogni conforto», la seconda nella bella interpretazione di «Cara speme, questo core». Il controtenore persiano-canadese Cameron Shahbazi è un intrigante Tolomeo dalla matura tecnica vocale, così come l’altro controtenore, Jake Ingbar (Nireno), americano spigliato e di bella voce. Frederik Bergman (Achilia) e Georgiy Derbas-Richter (Curio) completano degnamente il cast.
Il Giulio Cesare è tra i titoli händeliani più frequentati ultimamente e la messa in scena di Calixto Bieito si deve confrontare con le prestigiose produzioni di Sellars, McVicar, Leiser-Caurier, Carsen, Pelly, Michieletto, per citare solo le più recenti. Questa volta la sua lettura non è all’altezza di altri suoi spettacoli: il regista spagnolo sottolinea il malefico potere del denaro, ma l’insistenza sulla violenza e l’aggressività e i particolari trash (la testa di Pompeo è un insieme di frattaglie sanguinolenti in una busta di plastica, i rapporti tra Cornelia e il figlio sono per lo meno problematici, il sangue è spesso immancabile) portano alla noia pur nell’ironico taglio con cui dipinge come ricchi e cafonal Cleopatra e Cesare che nel finale si scambiano come regali dei water d’oro massiccio… Le scenografie di Rebecca Ringst prevedono un palcoscenico vuoto e una piattaforma rotante con un parallelepipedo metallico che si solleva per mostrare un fondo a led su cui si proiettano le immagini video di Sarah Derendinger comprendenti anche caratteri geroglifici.
Lo spettacolo dopo Amsterdam si sposterà a Barcellona. Chi volesse vederlo prima può andare su youtube.
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