Caravaggio, Giuditta che taglia la testa a Oloferne, 1598-1599
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Antonio Vivaldi, Juditha triumphans
★★★★☆
Amsterdam, het Muziektheater, 30 gennaio 2019
(video streaming)
Vivaldi in tempore belli
Per una volta camion militari e fucili nella messa in scena di un’opera barocca sono plausibili trattandosi di un “Sacrum Militare Oratorium” come recita il testo di Iacopo Cassetti stampato in “Venetiis, MDCCXVI, apud Bartholomæum Occhium, sub signo S. Dominici”.
La moda di mettere in scena lavori musicali non destinati alle scene – tra gli ultimi il Requiem di Mozart, La creazione di Haydn e i Gurre-Lieder di Schönberg (gli oratorii di Händel sono per loro stessi talmente teatrali che quasi non vengono più eseguiti in forma concertistica) – se da un lato può avvicinare un certo pubblico, dall’altro viene da chiedersi se un soprano travestito da nazista che gorgheggia «Matrona inimica | Te quaerit ad arma» sia più convincente e più a suo agio di un soprano in abito da sera in una versione oratoriale. Ma i dubbi li lasceremo alla prossima volta, poiché questa versione olandese dell’unico oratorio rimasto dei quattro scritti del Prete Rosso è uno spettacolo notevole.
In mancanza di una ouverture viene qui utilizzato il Concerto Grosso in Re RV562a per due violini, che ci introduce a un paesaggio di rovine della Seconda Guerra Mondiale. La Betulia occupata dai siriani nel biblico Libro di Giuditta diventa qui la cupola di una chiesa bombardata, rifugio di civili scampati alle rappresaglie naziste. Il coro di ambisessi (l’originale all’Ospedale della Pietà era ovviamente solo femminile) canta «Arma, caedes, vindictae, furores, | Angustiae, timores | Precedite nos» (Armi, battaglie, vendette, furori, sofferenze, timori, precedeteci). Oloferne ha la divisa della Wehrmacht, Giuditta sfoggia perle e cappotto con collo di pelliccia negli eleganti costumi di Dieuweke van Reij, anche scenografo. L’avvenenza della Juditha si scontra con l’Oloferne en travesti e qui quello che si vede è inferiore a quello che si sente: il realismo dell’immagine si scontra con la stilizzata forma musicale, i tempi della drammaturgia sono diversi da quelli musicali ed è come se la vicenda fosse tutta ripensata al rallentatore. Vero è però che la tensione drammatica che manca alla musica di Vivaldi nella scena dell’uccisione di Oloferne viene qui fornita dalla messa in scena di Floris Visser che punta sulla definizione psicologica dei personaggi. Nella lucida drammaturgia di Klaus Bertisch ogni personaggio è esattamente caratterizzato, non solo Oloferne e Giuditta, ma anche Vagaus, un ambiguo attendente, e Abra, la fedele compagna di Giuditta.
La solita piattaforma rotante mostra l’interno dell’ambiente che Oloferne, per sedurre Giuditta, “arreda” con il bottino di guerra (e tra le opere d’arte trafugate c’è anche la tela del Caravaggio) mentre all’esterno un camion è pronto a caricare e deportare gli uomini. Dopo un altro mezzo giro vediamo a terra i cadaveri dei giovani della resistenza fucilati dai nazisti.
La sublime bellezza della musica di Vivaldi, una collana di preziose perle costituite da arie solistiche ognuna caratterizzata da un colore strumentale diverso, è qui esaltata dalla trascinante direzione di Andrea Marcon e dai membri della sua orchestra, La Cetra Barockorchester di Basilea, formata da magnifici solisti. Anche il cast vocale si distingue per l’eccellenza. Il mezzosoprano Gaëlle Arquez è Giuditta: a parte la presenza, il tono caldo della voce e la dolcezza di emissione si affiancano a un grande temperamento nella preghiera «Summe astrorum Creator» che precede l’assassinio di Oloferne e prima ancora nell’«Agitata infido flatu». La fedele Abra trova in Polly Leech l’interprete ideale per intensità e agilità. Il Vagaus di Vasilisa Beržanskaia dimostra la ricchezza della scuola russa in fatto di voci di coloratura e affronta con isterica veemenza ma tecnico controllo l’aria di furore «Armatæ face, et anguibus». Teresa Iervolino torna a ricoprire il ruolo di Oloferne con la padronanza vocale che si conosceva così come il contralto Francesca Ascioti riprende a vestire con efficacia i panni di Ozias. Il coro, soprattutto quello femminile, rende magico il momento delle «vergini suonanti le arpe» fuori scena.
⸪