Evgenij Onegin

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★★★★☆

Una fortunata produzione

Una storia d’amore inutilmente confessato, non corrisposto, tradito, rim­pianto non po­teva trovare che in Čajkovskij il compositore ideale, mentre as­sisteva al fallimen­to del suo matrimonio di convenienza e piombava nella più cupa depressio­ne.

Il romanzo in versi di Puškin Евгений Онегин era uscito nel 1833 a San Pietroburgo quattro anni prima che il poeta morisse in duello proprio come il Lenskij del suo poema. Čajkovskij compose le sue “Scene liriche” traendole dall’opera di Puškin ma tralasciandone parecchi dettagli poiché il pubblico russo conosceva molto bene la vicenda. La prima ebbe luogo nel 1879 con la messa in scena degli studenti del Conservatorio di Mosca al teatro Malyi prima di affrontare il più impegnativo Bol’šoj.

Atto primo. Scena prima. Nel giardino dei Larin, mentre la padrona di casa con la njanja rievoca la sua giovinezza e i suoi amori, le sue due figlie Tat’jana e Ol’ga cantano un duetto sul testo di una lirica giovanile di Puskin, Il poeta. Arriva un gruppo di contadini per festeggiare la fine del raccolto: offrono un covone alla padrona e intonano due canti popolari, il primo inventato da Cajkovskij, il secondo tratto da una danza di origine popolare che le ragazze eseguono ballando in cerchio intorno al covone. Segue un arioso di Ol’ga in cui mette a confronto il proprio carattere spensierato con quello inquieto della sorella. Escono i contadini e arriva il poeta Lenskij, vicino di podere e fidanzato di Ol’ga, con un amico, Onegin, di recente trasferitosi da Pietroburgo nel podere di uno zio: i due amici e le due sorelle commentano l’incontro in un quartetto. Poi si formano due coppie: Onegin e Tat’jana conversano allontanandosi mentre Lenskij fa un’appassionata dichiarazione d’amore a Ol’ga. Rientrano Tat’jana, già palesemente innamorata e Onegin che, parlando di sé, introduce la famosa strofa iniziale del poema. Scena seconda. È notte. Tat’jana non riesce a dormire, chiede alla njanja di raccontarle dei suoi antichi amori; le confessa poi il suo sentimento per il nuovo ospite e chiede di lasciarla sola con carta e penna. Segue la lunga (dodici minuti) aria della lettera: Tat’jana confessa la sua passione totale e assoluta per Onegin, nata dal primo istante e destinata a durare in eterno. È ormai l’alba: la njanja ritorna e trova Tat’jana ancora sveglia. Nel duetto che segue, mette in guardia la fanciulla dai pericoli delle troppo rapide passioni. Tat’jana chiede alla njanja di far recapitare la lettera da un nipote. Scena terza. In un angolo del giardino un gruppo di contadine raccoglie bacche cantando una canzone. Entra Tat’jana correndo, si abbandona su una panchina e si dispera per il gesto compiuto. La raggiunge Onegin, che con parole pacate e fredde le rimprovera la mancanza di controllo e le spiega le ragioni del suo rifiuto: certo, se volesse sposarsi, sarebbe la moglie ideale, ma l’inquietudine, l’angoscia gli impediscono qualsiasi unione duratura. Poi le offre il braccio e si allontanano insieme.
Atto secondo. Scena prima. È l’onomastico di Tat’jana e in casa Larin c’è un ballo con la banda militare che suona. Onegin, irritato dalla vacuità degli invitati, decide di corteggiare Ol’ga, facendo ingelosire Lenskij. Monsieur Triquet, istitutore presso alcuni vicini, canta alcuni couplets in onore della festeggiata. Durante la mazurka, Onegin balla ancora con Ol’ga; poi ha uno scontro con Lenskij che, giunto al limite dell’esasperazione, lo sfida a duello. Scena seconda. In campagna, nei pressi di un mulino, Lenskij aspetta Onegin con il suo secondo Zareckij: presentendo la morte, canta disperato il suo amore per Ol’ga. Arriva Onegin accompagnato, invece che da un secondo, dal suo cameriere Guillot. Tutto è pronto per il duello: Onegin spara per primo e uccide Lenskij.
Atto terzo. Scena prima. Nel salone di un palazzo pietroburghese si sta svolgendo un ballo. Onegin, tornato da poco da una serie di viaggi, in un angolo esprime noia e insoddisfazione per la sua vita vacua. Entra il principe Gremin con Tat’jana, diventata sua moglie e trasformatasi in un’elegantissima dama del bel mondo. Onegin stenta a riconoscerla e chiede di lei a Gremin, suo vecchio amico. In risposta Gremin gli rivela tutta la felicità della sua vita matrimoniale. Dopo un breve e formale saluto al suo antico amore, Tat’jana, fingendosi stanca, si allontana al braccio del marito. Onegin si scopre innamorato come un ragazzo e fugge, deciso a raggiungere l’amata. Scena seconda. In una stanza del palazzo Gremin, Tat’jana legge una lettera di Onegin in cui le dichiara il suo amore. Piange, tormentata dal risvegliarsi in lei della passione. Entra Onegin, le si butta ai piedi: Tat’jana trova la forza di ammettere il suo amore ma di rifiutarlo in nome della fedeltà al marito e dà per sempre l’addio a Onegin.

L’edizione in oggetto è quella del Metropolitan Opera di New York, partico­larmente apprezzata e riproposta da tempo. Questa è la registrazio­ne del 2007 e la regia è di Robert Carsen il quale questa volta non adotta alcuna at­tualizzazione, i costumi sono filologicamente d’epoca (secondo il gusto del­la provincia russa dell’ottocento nella prima parte, molto più eleganti nel pa­lazzo nobiliare di Mosca), così come i mobili e tutte le suppel­lettili. Una re­gia che sarà piaciuta ai più tradizionalisti, ma con un’intelli­gente e attenta cura dei particolari, con efficaci e belle luci che danno vita a una scatola vuota semplicissima. Bellissima la scena della vestizione di Onegin dopo il duello, con ancora il cadavere di Lenskij a terra.

Come sempre nella regia di Carsen essenziale è il gioco attoriale degli interpreti. E qui abbiamo Renée Fleming, non più giovanissima per la parte di Tat’jana (ma non lo era neanche Mirella Freni, immensa in questa parte quando era ultrasessanten­ne), comunque ineccepibile sia vocalmente che scenicamente.

Nel ruolo del titolo un elegantissimo e inizialmente gelido Dmitrij Hvorov­stoskij che però nel corso dell’opera diventa sempre più intenso e convin­cente. Ramón Vargas è un ottimo Lenskij, così come Elena Zaremba, Olga. Nel ruo­lo di Triquet il cammeo buffo di Jean-Paul Fouchécourt. Valerij Gergiev infiamma in modo acconcio nei momenti più intensi dell’o­pera l’orchestra del MET e il pubblico risponde in maniera particolarmente calorosa.

Due dischi con extra interessanti. Ottima immagine, due tracce audio, sottotitoli anche in italiano.

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