★★★★☆
Ahimè, sempre d’attualità
«La storia si svolge da qualche parte in Europa, ma non è legata ad un luogo preciso. È un’accusa contro qualsiasi forma di tirannia». Scorrono queste parole all’inizio della produzione 1963 della TV austriaca di The Consul, ovviamente in tedesco.
Su un tappeto di archi simile a quello del preludio della Traviata prende il via questo dramma in musica di Giancarlo Menotti. Poi dalla finestra aperta di un misero appartamento entra il suono di una canzone francese, «Tu reviendras et voudras m’enfermer dans tes bras», ma l’atmosfera nostalgica è drammaticamente interrotta dall’arrivo di John ferito dalla polizia. Ma non c’è tempo di consolare la moglie Magda e la madre che lo aspettavano con ansia, John riesce appena a nascondersi prima che la polizia faccia irruzione nella casa minacciando la moglie. L’uomo deve lasciare la famiglia dopo uno struggente duetto con la donna, «Labbra, pronunciate la parola addio».
Ci spostiamo ora nell’anticamera del Console. Un’anticamera affollata di varia umanità – un vecchio che da tempo si presenta vanamente, una vecchia signora italiana che vuole raggiungere la figlia morente, un illusionista… Tutti vogliono un visto per poter lasciare il paese, ma si scontrano contro un muro di burocrazia impersonato da un’impiegata inflessibile e la porta del Console rimane inesorabilmente chiusa. «La risposta arriva troppo tardi, la morte troppo presto» canta il coro dolente dei presenti. Intanto, a casa Magda riceve ancora la visita del capo della polizia segreta che la ricatta per avere i nomi degli amici di John mentre il bambino muore tra la disperazione della nonna che si prepara anche lei a lasciare questo mondo. Magda ritorna nell’ufficio del Console e questa forse è la volta buona: sarà ricevuta appena esce la persona che sta ora parlando amabilmente con lui. La porta si apre, Magda si appresta a entrare, ma l’uomo che esce è lo stesso capo della polizia segreta! La donna si accascia svenuta. Ritornata a casa apre il gas per farla finita anche lei. John, che ha saputo della morte del figlio e della madre, si presenta nell’ufficio del Console dove conta di trovare la moglie, invece viene arrestato dalla polizia che lo ha seguito fin lì. Presa da compassione la segretaria del Console telefona a casa di Magda per avvisarla, ma il telefono suona a vuoto: la donna è morta.
Il libretto è del compositore stesso che ha scritto sempre per le sue opere e per quelle del suo compagno Samuel Barber – suo è il testo di Vanessa infatti. Dopo Amelia al ballo (1937, l’unico in lingua italiana), The Medium (1946) e The Telephone (1947), The Consul è la sua prima opera di lunga durata, è del 1950 e gli ha valso il premio Pulitzer per la musica. L’anno successivo comporrà Amahl and the Night Visitors prima di intraprendere l’avventura del Festival dei Due Mondi di Spoleto, una delle più importanti manifestazioni culturali europee che per oltre quarant’anni ha spaziato in tutte le forme artistiche – dall’opera lirica alla prosa, dal balletto alle arti figurative, dalla musica classica e moderna al cinema – e a partire dagli anni settanta ha dato vita alle manifestazioni gemelle di Charleston, SC (USA) e Melbourne (Australia).
Il 1950 è un anno di guerra fredda tra le due superpotenze militari e The Consul riflette quest’atmosfera di tensione prendendo spunto da un fatto di cronaca: il suicidio a Ellis Island di una donna polacca nella vana attesa di un visto per entrare negli USA. È l’opera che forse più compiutamente realizza ed esprime la concezione artistica di Menotti: di forte impatto drammatico e cinematografico ha indubbie influenze sia veriste sia pucciniane, influenze che tennero distante Menotti dall’avanguardia musicale dell’epoca. Memorabili e furiose furono le polemiche, soprattutto ideologiche, con Luigi Nono che accusava Menotti di antisovietismo.
Dopo il successo iniziale – in Italia per la prima alla Scala si contesero la parte di Magda la Callas e la Petrella, che fu poi preferita, mentre la Zeani ne fu memorabile interprete a Spoleto nel ’71 con Schippers – l’opera ha perso un po’ di interesse: nel mondo la scorsa stagione ha avuto solo sette rappresentazioni e tutte negli USA. Una delle ultime volte in Italia è stata quella del Regio di Torino nel 2006, quarantacinque anni dopo la produzione curata dallo stesso Menotti per il Teatro Nuovo torinese.
Nella produzione del DVD ArtHaus ci sono interpreti insigni: Eberhard Wächter, John, e la mitica Ljuba Welitsch, l’anziana italiana, sono i due più famosi, ma di grande impatto anche Melitta Muszely, intensa Magda, e Laszlo Szemere, l’illusionista. L’orchestra della Wiener Volksoper è diretta da Franz Bauer-Theussl e la regia, sia teatrale sia cinematografica, è affidata all’abile Rudolph Cartier.
Nel DVD, ovviamente in bianco e nero, è compresa un’intervista al compositore. Sottotitoli in cinque lingue incluso l’italiano.
⸪