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Bedřich Smetana, Die verkaufte Braut (Prodaná nevěsta)
★★★☆☆
Monaco, Nationaltheater, 6 gennaio 2019
(diretta streaming)
Alla Bayerische Staatsoper una trucida Sposa venduta
Nella recensione al DVD Supraphon del 1981 notavo come, per quanto ne sapessi io, Prodaná nevěsta (La sposa venduta) fosse una delle poche opere scampata alla Konzeptregie.
Non più. Per lo meno al di fuori della sua patria, si inizia a mettere in scena con la disinvoltura riservata ad altri titoli anche questa ingenua favola villereccia su testo di Karel Sabina. A rompere il ghiaccio ci ha pensato David Bösch leggendola in modo trash, non lontano quindi da come aveva affrontato altri precedenti titoli nella sua carriera di metteur en scène.
Come nell’Elisir d’amore di Pelly, anche qui un’enorme catasta di fieno torreggia nella scena unica di Patrick Bannwart, ma nella produzione del regista francese la luce dorata di un meriggio mediterraneo inondava un ambiente quasi asettico rispetto a quello che vediamo sulle tavole del Nationaltheater. Qui le luci crude di Michael Bauer illuminano un mucchio fumante di fieno e stallatico, carriole, una fetida latrina, immondizie tra cui sgrufola un maiale, un’ambientazione rurale che della modernità – gli anni ’90 – conosce solo la volgarità. Tutto sa di campagna bavarese che puzza di allevamenti di maiali e birra. La compagnia di saltimbanchi del terzo atto più che un circo sgangherato è un incubo espressionista con il lanciatore di coltelli che ammazza il trombettiere e il venditore che vola via con i suoi palloncini. La bella Esmeralda è una equilibrista che volteggia nel cielo con le sue ali spelacchiate e al finto orso non sono risparmiate le scariche elettriche di un taser per puro sadismo. Tutti indossano stivali di gomma che hanno appena calpestato letame e sono sempre pronti a tracannare birra da enormi boccali e a inventarsi gag in cui coinvolgere anche il suggeritore.
L’opera viene data nella versione in tedesco del 1893 di Max Kalbeck. Marie (Mařenka) ha una felpa dal colore dubbioso, entra con un trattore che trasporta il bidone della birra e passa con gusto sadico sull’abito da sposa che gli ha proposto il sensale di matrimoni; Hans (Jeník) è un coatto di campagna con bretelle sulla maglia della salute; Kezal (Kecal) entra sul nastro trasportatore delle balle di fieno in completo bianco, camicia rossa aperta sui pettorali, capelli lunghi e unti, orologio d’oro e telefonino in cerca di campo e Wenzel (Vašek) si accompagna a un maialino infiocchettato. I due giovani si fanno uno spinello intonando lo struggente duetto «Věrné milování» (Se fidente amor sarà) che prefigura la fuga da quella squallida realtà, per poi tentare sulla panca una sveltina interrotta dall’arrivo di Kezal. Le danze sono sostituite da una pisciata collettiva all’aperto dei bevitori e il furiant dall’arrivo del circo. I toni lievi della commedia qui si caricano di un trash bavarese che avrà il suo effetto nella capitale del Land (pur con qualche dissenso per il regista da parte del pubblico), ma non arricchisce la tenue vicenda di particolari significati.
La direzione di Tomáš Hanus non risparmia sul ritmo e offre della partitura una realizzazione efficace ma lontana da particolari raffinatezze: lo si capisce subito dalla ouverture dove il gioco degli strumentini viene un po’ trascurato a favore della vivacità degli andamenti di danza. Il soprano italiano Selene Zanetti è una Marie inizialmente con qualche problema di intonazione, poi si riprende la scena con le arie melanconiche ideate per la sua parte. La voce è gradevole e ben impostata e dimostra una discreta maturità in questo debutto così importante. Vivace e spontanea la relazione con il suo amato Hans, un Pavol Breslik efficace ma non memorabile. Gustoso come sempre Wolfgang Ablinger-Sperrhacke, il balbuziente e imbranato Wenzel. Kezal di lusso quello di Günther Groissböck, magari non fluente negli scioglilingua, ma dalla espressione sempre magnificamente scolpita. Come Dulcamara nell’Elisire, il suo personaggio è il vero deus ex machina della vicenda e scenicamente lascia il segno.
⸪