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Torino, Duomo, 25 febbraio 2019
Gabriel Fauré, Requiem
Gli arpeggi che sostengono l’ineffabile linea di canto del Sanctus realizzati al pianoforte da Carlo Caputo hanno la liquida mobilità e l’iridescenza delle onde del mare. Di quel Mare Nostrum che è diventato la tomba di innumerevoli migliaia di esseri umani.
Ci voleva la sensibilità degli artisti per ricordarci questa tragedia rimossa che si svolge sotto i nostri occhi tutti i giorni. Una sensibilità che si scontra con l’ipocrisia dei governi e della nostra colpevole indifferenza. Motivo di conforto è però il grande numero di persone che si sono radunate nel duomo torinese per rispondere all’appello di musicisti ed attori.
Le parole strazianti e accusatorie di Virgilio, Bruce Chatwin, Bob Dylan, Igiaba Scego, Tesfalidet Tesform ed Erri De Luca sono state lette da Davide Livermore, Giancarlo Judica Cordiglia, Muna Khorzom, Olivia Manescalchi, Ikram Mohamed e Sax Nicosia e contrappuntate dalla bellezza pura del Bach al violino di Fabio Biondi il quale è salito poi sul podio per dirigere il Requiem op. 48 di Fauré nella versione per soli, coro, e pianoforte. Con le voci dei coristi delle associazioni liriche italiane (teatro Comunale di Bologna, Lirico di Cagliari, Maggio Musicale Fiorentino, Scala di Milano, Regio di Parma, Opera di Roma, Santa Cecilia di Roma, Regio di Torino, Fenice di Venezia e Arena di Verona) le tinte pastello della serena pagina di Fauré hanno assunto un colore più vivo. Con Valentina Escobar (purissima voce bianca) e Roberto De Candia la serata, organizzata con il contributo del Teatro Baretti, la Pastorale dei Migranti dell’Arcidiocesi di Torino, il Comitato Nazionale Fondazioni Liriche Sinfoniche e il Programma Italia di Emergency ha risposto a una ineludibile esigenza della società civile che non si rispecchia più nei governi di questo continente che ha dimenticato il suo passato.
⸪