Richard Cœur-de-Lion

André Grétry, Richard Cœur-de-Lion

★★★★☆

Versailles, Opéra Royal, 13 ottobre 2019

(video streaming)

All’Opéra Versailles ritorna il lavoro di Grétry

Due anni dopo Il barbiere di Siviglia di Paisiello e due mesi prima de Le nozze di Figaro di Mozart: ecco le coordinate temporali della 37esima delle quasi sessanta opere di André Grétry. Nel teatro musicale francese dominava Gluck quando Richard Cœur-de-Lion vide la luce il 21 ottobre 1784 alla Salle Favart in quel tempo assorbita dalla Comédie-Italienne. In tre atti su libretto di Michel-Jean Sedaine ispirato a una leggenda sulla prigionia in Austria del re inglese Richard I the Lionheart (1157-1199), l’opera fu ripresa alla corte di Fontainebleau quattro atti l’anno dopo, ma stavolta senza grande successo. Approntata velocemente una terza versione in tre atti riottenne il credito iniziale e in questa ultima versione entrò stabilmente nel repertorio dell’Opéra-Comique. Essendo considerato un lavoro filo-monarchico, Richard Cœur-de-Lion scompariva dalle scene nei periodi rivoluzionari per riapparire in quelli di restaurazione con il motivo di Blondel «Ô Richard, ô mon Roi» diventato inno dei realisti. Comunque, fino agli inizi del ‘900 è stata un’opera molto popolare in Francia con l’aria di Laurette «Je crains de lui parler la nuit» ripresa da Čajkovskij nella sua Dama di picche mentre il duetto del second’atto «Une fièvre brûlante» è diventato «Le jeu, fièvre brûlante» in Le Financier et le Savetier di Offenbach e tema delle otto variazioni scritte da Beethoven sul questa stessa melodia. Come pièce de sauvetage il lavoro di Grétry precede il Fidelio di vent’anni – e anche qui c’è un Florestan!

Atto primo. I dintorni del castello di Linz. I contadini al ritorno dai campi si imbattono nel trovatore Blondel che è alla ricerca del re Riccardo imprigionato da Leopoldo V d’Austria al ritorno dalla Terza Crociata. Williams, un gentiluomo inglese, compagno di crociate di Blondel, invia un invito galante alla figlia del governatore del castello. Giunge anche la contessa Marguerite alla ricerca dell’amato re Riccardo.
Atto secondo. Il re, dal sotterraneo del castello sente Blondel che canta una lirica d’amore che lui stesso aveva dedicato a Marguerite e rispondendo al canto segnala la sua presenza. Blondel viene catturato e afferma di essere un messaggero di Laurette e si fa condurre dal governatore.
Atto terzo. La romanza d’amore viene sentita anche dalla contessa che è sempre più convinta di essere vicino all’amato. Durante i festeggiamenti per le nozze d’oro di Mathurin irrompono i soldati della contessa che liberano il re tra il tripudio dei suoi amici.

Sedaine scriverà altri quattro libretti per Grétry, tra cui un Guillaume Tell che all’epoca fu un trionfo e che sarebbe curioso rivedere oggi. Nella musica del Richard c’è un medioevo evocato con un gusto pre-romantico in cui il tema del riconoscimento ha già il ruolo di motivo conduttore ritornando ben nove volte nell’azione, come sottolinea il compositore nei suoi Mémoires.

230 anni dopo quell’ottobre 1789 allorché il re Luigi XVI dovette abbandonare il suo castello minacciato dalle folle inferocite e a 250 dalla inaugurazione dell’Opéra Versailles, Hervé Niquet e Marshall Pynkoski sulle tavole del teatro reale mettono in scena l’opera di Grétry  con tele dipinte, costumi della Francia pre-rivoluzionaria (non medievali come suggerito dalla vicenda), una gestualità codificata e in buca un’orchestra, Le Concert Spirituel, di strumenti antichi. Anche le coreografie di Lajeunesse Zingg sono storicamente informate. Curiosamente le scenografie di Antoine Fontaine mostrano all’inizio un paesaggio romano invece delle Alpi austriache, mentre più prevedibile è la prigione gotica del secondo atto.

La direzione di Hervé Niquet è vivace e precisa e la sua orchestra, agile e trasparente, riproduce con brio i colori della partitura e ridà vita alle piacevoli melodie. Efficaci gli interpreti: Reinoud van Mechelen è un autorevole Richard; Rémy Mathieu un giovane e fresco Blondel, il vero protagonista dell’opera; Marie Perbost si divide abilmente tra l’Antonio en travesti e l’innamorata Comtesse Marguerite; deliziosa nei couplets di Laurette Melody Louledjian. Validi anche gli altri interpreti, anche bravi attori impegnati in ruoli molto parlati. Ovviamente il fatto che tutti fossero francofoni ha garantito sull’accurata dizione, elemento essenziale come non mai in questa opéra-comique di mezzo carattere.

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