Die Entführung aus dem Serail

Wolfgang Amadeus Mozart, Die Entführung aus dem Serail

★★★★☆

Glyndebourne, Opera House, 19 luglio 2015

(registrazione video)

La Turchia chic di Sir David

Opera crepuscolare quant’altre mai, Il ratto dal serraglio non è la solita chiassosa turcheria buffa, ma un dramma umano di sentimenti e doveri.

L’aveva capito bene Christof Loy, che ne aveva fatto una pièce teatrale di grande tensione emotiva, ed è sulla stessa strada David McVicar, che però è insuperabile per la cura della messa in scena con un mirabile gioco attoriale (e qui il regista capisce che occorre un Selim che sconvolga i sensi di Konstanze, e non solo lei…), gustose controparti, una grande eleganza nella scenografia fatta di pannelli scorrevoli e schermi traforati e nei costumi (tutto affidato a Vicki Mortimer), luci calde e solari da pittura orientalista di Paule Constable e vivaci movimenti quasi coreografici di Andrew George.

Tanto in Loy era teatro puro e rigoroso, quanto qui la concessione verso un certo gusto del pubblico è evidente, come il duetto tra Blondchen e Osmin animato da stoviglie rotte e lanci di uova, un tono da slapstick comedy non così necessario. Meglio allora il duetto di Blondchen con Pedrillo dove le parole “Wonne” e “Lust” cantate dalla ragazza sembrano veramente dettate dall’urgenza erotica. Tocchi di raffinatezza si hanno quando ci viene presentato il bel pascià, nobile illuminato e generoso, attorniato da mogli e figli amorevoli sulle sublimi note della Serenata per fiati in Si♭ dello stesso Mozart («diese bezaubernde Musik» dice nel libretto). La stessa atmosfera ritorna nello struggente finale con quell’ultimo sguardo di Konstanze verso un oggetto che probabilmente rimpiangerà. McVicar mantiene i lunghi dialoghi quasi nella loro interezza (ma elimina alcune scene di sola recitazione) così da restituire il giusto equilibrio tra musica e parlato e porre molta attenzione sul personaggio non cantato di Selim.

La direzione di Robin Ticciati punta alla vivacità piuttosto che alla introspezione e i momenti migliori sono quelli della frastornante banda turca che ha in scena un irresistibile corrispettivo visivo. Ma non manca comunque di sottolineare le finezze strumentali di questo giovanile lavoro mozartiano messe in luce dalla valida Orchestra of the Age of Enlightenment.

Sally Matthew è una Konstanze dalla dizione un po’ impastata, un tono apprensivo e un registro acuto un po’ esile che tolgono purezza alla linea del canto e corpo alle agilità. Il personaggio è comunque ben delineato. Edgaras Montvidas è un Belmonte vocalmente maschio, non il solito damerino azzimato, anche se talora autocompiaciuto, ma questo fa parte del personaggio. Nei duetti con Konstanze le due voci però stentano a fondersi. Dell’altra coppia in gioco è meglio il Pedrillo di lusso di Brenden Gunnell piuttosto che la Blondchen un po’ acida e dalla incerta intonazione negli acuti di Mari Eriksmonen. Pienamente convincente nonostante l’età l’Osmin di Tobias Kehrer, un giovane basso (e sono stati corretti i recitativi in cui viene apostrofato come vecchio) il cui Do profondo è spettacolare. L’attore Frank Saurel fa di Selim il personaggio più intrigante – e fascinoso – della produzione. Si capiscono pienamente i dubbi di Konstanze tra il promesso Belmonte e l’attraente pascià. Aiuta poi il fatto che si tratti di un attore francese così da dare al suo tedesco un seducente accento esotico (oltre a ricordarci che si tratta di uno spagnolo convertito all’Islam). Ecco un’altra delle geniali trovate di Sir David.

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