The Ice Break

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foto © Adam Fradgley

Michael Tippett, The Ice Break

★★★★☆

Birmingham, B12 Warehouse, 9 aprile 2015

(registrazione video)

Tensioni razziali all’aeroporto

Nel 1985 la città di Birmingham fu teatro di violenti conflitti sociali sfociati in scontri nelle strade: erano stati innescati dall’altissimo tasso di povertà tra la popolazione di colore e dalle tese relazioni con le forze dell’ordine.

Trent’anni dopo la stessa città mette in scena The Ice Break, che Michael Tippett aveva presentato al Covent Garden il 7 luglio 1977 diretta da Colin Davis, cui era stata dedicata. Era la sua quarta opera e su libretto proprio. All’epoca la popolarità di Tippett era all’apice, ma il successo fu più che altro di stima. Poche sono state da allora le produzioni di un’opera il cui soggetto è una visione ottimistica di risveglio sociale – come la rottura dei ghiacci nei fiumi del nord è segnale del risveglio primaverile – ma che ha la sua debolezza nel libretto, didascalico nel rappresentare confronto tra etnie e generazioni, e zeppo di altre istanze, tra cui quella proto-ecologista del movimento hippie.

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Atto primo. L’opera si apre in una sala dell’aeroporto, dove Lev, un dissidente russo, in esilio dopo 20 anni di prigione arriva per unirsi a sua moglie, Nadia, e suo figlio, Yuri. In aeroporto ci sono anche la fidanzata di Yuri Gayle e l’amica di Gayle Hannah, che stanno anche aspettando l’arrivo dell’atleta nero, Olympion, un personaggio simile a Muhammad Ali. Lev e Olympion arrivano separatamente. Lev si riunisce con Nadia e Yuri, ma Yuri si sente distante da Lev, poiché non ha mai conosciuto suo padre da adulto. Nel frattempo, Gayle si lancia nelle braccia di Olympion e Yuri attacca l’atleta nero che ci mette niente a buttarlo per terra. A casa, Yuri esprime rabbia verso suo padre.
Atto secondo. Tra i fan di Olympion, ci sono rivalità tra bande che si cristallizzano in un conflitto tra neri e bianchi. Gayle e Yuri indossano maschere e si fondono nel coro bianco mascherato, mentre lo stesso vale per il lato nero per Olympion e Hannah. Il conflitto esplode in una rivolta popolare e Olympion e Gayle muoiono a causa della violenza. Yuri è a malapena vivo e viene portato in ospedale.
Atto terzo. Nadia, in punto di morte, chiede ad Hannah di prendersi cura di Lev. In un interludio è apparso il messaggero psichedelico Astron e una folla drogata lo saluta come un salvatore. Astron respinge la folla e scompare. Di nuovo in ospedale, Yuri ha subito un intervento chirurgico di successo ed è completamente racchiuso in un calco in gesso. Il cast viene tagliato e Yuri si alza. Alla fine Yuri abbraccia suo padre.

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Una scelta coraggiosa quella di Graham Vick e della sua Birmingham Opera Company di riesumare un lavoro non tra i più esaltanti del ‘900, ma la sua messa in scena vince ogni perplessità e rende coinvolgente una storia debolmente trattata sulla carta. Coinvolgendo centinaia di volontari, il regista ambienta la vicenda in un magazzino periferico trasformato nella sala d’arrivi di un aeroporto. Un tabellone pubblicitario messo per terra è uno dei tanti palcoscenici – quasi lastre di ghiaccio galleggianti – su cui si sviluppa la vicenda. Attorno, il pubblico in piedi si mescola con interpreti, coristi e figuranti. Su una tribuna la Birmingham Symphony Orchestra diretta da Andrew Gourlay offre la sua colonna sonora di riff alle chitarre elettriche e alle percussioni, di scure armonie e di inquietanti interventi dei legni.

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Il lavoro ha una sua attualità ancora maggiore oggi e bene ha fatto Vick ha riprendere un lavoro che nel 1977 era – facilmente bisogna dire – visionario in quanto rappresentava le violenze che sarebbero scoppiate otto anni dopo. Musicalmente The Ice Break è più ricco di King Priam, il canto declamato cede spesso a lunghi vocalizzi, soprattutto nelle figure di Olympion e di Gayle. Contiene poi un duetto d’amore tra Olympion e Hannah che ha un accenno di melodia presto negata dal trattamento atonale delle due voci. A questo segue un monologo di Hannah che si rivela il momento più toccante del lavoro. Dopo la riappacificazione tra Lev e Yuri, il finale però riprende il tono tragico: le ultime immagini prima del buio sono quelle delle decapitazioni dell’ISIS, una conseguenza, un po’ tirata per i capelli, delle tensioni razziali nella città inglese. Si adattano efficacemente al taglio dello spettacolo gli interpreti, tra cui Andrew Slater (perplesso Lev), Nadine Benjamin (sensibile Nadia), Ross Ramgobin (Yuri), Stephanie Corley (Gayle), Crystal E Williams (intensa Hannah) e Ta’u Pupu’a (spavaldo Olympion).

Una idea di rappresentazione simile Vick la riprenderà a Parma nel Teatro Farnese per lo Stiffelio di Verdi, ma lì sarà tutta un’altra  musica.

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