Don Giovanni

foto @ Tabocchini Zanconi

Wolfgang Amadeus Mozart, Don Giovanni

★★★★☆

Macerata, Arena Sferisterio, 31 luglio 2020

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Don Giovanni: un taxi giallo per l’inferno

Seppure ridimensionati i festival d’opera all’aperto in Italia si svolgono nonostante la pandemia virale: i grandi spazi delle arene si prestano molto meglio di quelli chiusi a ottemperare alle misure sanitarie, soprattutto il distanziamento. Ecco quindi che, una poltrona sì e una no, il pubblico accorre a un appuntamento estivo che molti considerano irrinunciabile.

È il caso del Macerata Opera Festival che ha luogo in quella singolare arena della cittadina marchigiana, edificio di forma semiellittica costruito nella prima metà dell’Ottocento per ospitare i tornei di pallone a bracciale della squadra locale. Qui Davide Livermore allestisce un Don Giovanni che utilizza automobili in scena così come aveva fatto poche settimane fa Damiano Michieletto per il suo Rigoletto. Ma mentre a Roma le automobili erano parcheggiate disordinatamente in quello che sembrava un cinema drive-in, qui il taxi giallo di Leporello e il suv nero del Commendatore scorrazzano con stridore di gomme sull’immenso palcoscenico completamente vuoto dello Sferisterio.

Lo spettacolo di Livermore era stato pensato l’anno scorso per il Théâtre-Antique di Orange e pochi sono stati i cambiamenti per adattarlo alla nuova destinazione: le dimensioni dei due palcoscenici non sono molto diverse, ma il fondo qui ha il vantaggio di essere una parete perfettamente liscia sulla quale le proiezioni del D-Wok riescono a meraviglia a creare una facciata classica con frontone e statua di imperatore romano (che sarà ovviamente quella del Commendatore), paesaggi onirici, cieli stellati, il catalogo fotografico delle conquiste del libertino o un muro ricoperto di graffiti per il mondo popolano di Masetto e Zerlina – e magari i graffiti sulle facciate dei nostri palazzi fossero solo delle proiezioni come qui!

La lettura di Livermore avviene su due piani temporali. I tre personaggi “motori” della vicenda (Don Giovanni, Leporello, il Commendatore) sono in abiti moderni, tutti gli altri in costumi settecenteschi; le automobili in scena servono non solo come veicoli ma anche come alcove per gli incontri, mentre i tre personaggi nobili (Don Ottavio e le due Donne) arrivano alla festa su una carrozza trainata da un cavallo vero. Anche la narrazione ha piani temporali diversi: all’inizio il duello tra i due uomini ha esiti differenti poiché assieme alla morte del Commendatore è prevista anche quella di Don Giovanni – d’altronde Leporello aveva chiesto sarcasticamente: «Chi è morto? Voi o il vecchio?». La sua controfigura resta a terra per quasi tutto il primo atto e il “suo” cadavere attira morbosamente il Cavaliere che accusa delle vertigini ogni volta che gli si avvicina. Come nel film Sliding Doors, è aperta la possibilità che la vicenda abbia uno svolgimento diverso e quello che vediamo in scena sia frutto delle allucinazioni di Don Giovanni. Infatti, durante l’aria «Fin ch’han dal vino» il cadavere si alza e ancora una volta viene vissuta la scena del duello. Una terza e ultima volta sarà quella del finale, quando il cadavere di Don Giovanni viene transennato mentre gli altri personaggi con una valigia in mano si preparano a partire per una vita ora vuota senza lui.

Scevro delle istanze rivoluzionarie che il personaggio aveva ai suoi tempi, e ancora per tutto il Romanticismo, il Don Giovanni di Livermore nasconde con la sua ipercineticità (salta sulla macchina, la guida da spericolato, non cammina, corre sempre) la sua ossessione per la morte. Ma anche per il sesso: il “banchetto” finale è nient’altro che un’orgia promiscua e le “portate” corpi di genere vario. La sessualità non è una prerogativa solo del Cavaliere però: anche Donna Anna cede agli invitati mascherati della festa sotto lo sguardo costernato di Don Ottavio, l’unico veramente immune dalla pulsione erotica. La stessa Donna Anna nella prima scena si era aggrappata a Don Giovanni, e non solo per non lasciarlo fuggire. Donna Elvira si era invece presentata in un provocante abito rosso e la sua figura moltiplicata da dodici ballerine: l’apice della femminilità e della passione cieca della donna per un marito che la tradisce allegramente.

Francesco Lanzillotta, direttore musicale del festival, affronta per la prima volta questo lavoro mozartiano, ma la sua direzione dimostra una maturità e una sensibilità rare: il maestro marchigiano non eccede nelle sonorità perché siamo all’aperto, ma sfrutta l’acustica dell’arena per ridare alla partitura una dimensione settecentesca pulita e precisa. La particolarità della buca orchestrale larghissima (quasi metà dei cento metri del palcoscenico) serve a mettere in luce le diverse famiglie di strumenti (bello l’effetto laggiù all’estrema destra dei tromboni che accompagnano le battute del Commendatore) e a rendere spazialmente nitide le tre orchestrine della festa, spesso sistemate sulla scena, ma che qui hanno una loro individualità anche se sono in buca. Il distanziamento tra gli orchestrali non ha minimamente inciso sulla coesione sonora dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana che quando è nelle mani giuste sa suonare magnificamente.

Giovane e spesso debuttante nella parte l’eccellente cast. Mattia Olivieri ha un timbro per una volta chiaro che si adatta alla perfezione alla figura giovanile e atletica del personaggio eponimo. Gli manca forse una certa nobiltà, ma l’emissione è sicura e la recitazione sempre teatrale. Lo affianca con grande efficacia il Leporello di Tommaso Barea mentre nel Don Ottavio di Giovanni Sala si apprezza il timbro virile e l’eleganza del fraseggio oltre alle variazioni che il maestro Lanzillotta ha profuso con sapienza ed eleganza nei da capo delle arie. Autorevole vocalmente e scenicamente è Antonio di Matteo, Commendatore non venuto dall’aldilà, ma temibile boss mafioso. Decisamente rozzo, anche vocalmente, il Masetto di Davide Giangregorio. Eccellente il terzetto femminile con Karen Gardeazabal Donna Anna di sorprendente volume sonoro e bellezza di timbro, Valentina Mastrangelo Donna Elvira appassionata e vocalmente sensuale mentre Lavinia Bini delinea una Zerlina adorabile.