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Leonardo Vinci, Gismondo re di Polonia
Vienna, Theater an der Wien, 25 settembre 2018
(video dell’esecuzione in forma di concerto)
Max Emanuel Cenčić porta alla luce un’altra gemma del Settecento italiano
Roma, Teatro delle Dame, 11 gennaio 1727. Va in scena il dramma per musica in tre atti di Francesco Briani Gismondo re di Polonia, musica di Leonardo Vinci.
Il testo era già stato intonato diciotto anni prima a Venezia da Antonio Lotti col titolo Il vincitor generoso in occasione dell’arrivo nella città lagunare di Federico IV di Danimarca. L’opera intendeva magnificare attraverso Gismondo le virtù di Federico quale magnanimo vincitore. Il vincitor generoso era dunque uno strumento di propaganda a favore del re danese, concepito da un intellettuale che per la giovane età – questa era la sua prima opera – e ambizione si curava poco delle convenzioni dell’opera seria, cosa che rende questo libretto così particolare. Vinci mantenne nella sua interezza il testo – a parte le arie, che facevano sempre gioco a sé – ed è quindi lecito pensare che valessero anche per lui gli stessi sottintesi principi filosofici dello stato (per cui ci sono regnanti buoni e regnanti cattivi) e allusioni al presente, con politici camuffati da personaggi storici dell’antichità. In questo caso si trattava della figura di James Edward Stuart, il pretendente cattolico al trono inglese allora in esilio a Roma dove era generosamente mantenuto dal Papa a Palazzo Monti, un tiro di schioppo dal teatro in cui passava le sue serate. Per di più The Old Pretender aveva sposato una polacca, Maria Clementina Sobieska. Tout se tient. Il conflitto tra Gismondo e Primislao era dunque chiaramente trasferibile all’attualità, stratagemma che Vinci aveva già utilizzato nel suo Farnace (1724) e nella Didone abbandonata (1726). Perché non ci fossero comunque dubbi, sul libretto a stampa spiccava la dedica «Alla Maestà di Giacomo III Rè della Gran Brettagna &c»!
I personaggi principali dell’opera sono Gismondo, ovvero Sigismondo Augusto II, re di Polonia, e Primislao, duca di Lituania. Due principi sono alleati di Gismondo: Ernesto di Livonia ed Ermanno di Moravia. Entrambi amano la figlia Giuditta, che ama Primislao.
Atto primo. Scena 1: Veduta di Varsavia, sulle rive della Vistola. Re Gismondo di Polonia sbarca con il suo seguito a Varsavia per ricevere il giuramento di fedeltà da parte dei principati e ducati alleati come concordato nel Trattato di Lublino nel 1569. È felice che il matrimonio tra suo figlio Otone e la figlia di Primislao Cunegonda rafforzerà l’alleanza con la Lituania. I due principi di Moravia e Livonia sono rivali per i favori della figlia Giuditta. Scena 2: le stanze reali di Primislao. Contrariamente al consiglio di Cunegonda Primislao ritira il suo impegno promesso a Lublino. Si rifiuta di prestare giuramento di fedeltà a Gismondo, perché teme improvvisamente la perdita dello status. Otone e Cunegonda invano invano l’ambasciatore reale Ernesto a tentare un’altra incursione contro Primislao. Dopo essersi assicurati l’un l’altro del loro amore eterno e Primislao rimane ancora ostinato, cercano di persuadere Primislao se stessi. Il conflitto di Cunegonda tra dovere e desiderio si esprime dopo l’uscita di Otone. Scena 3: porticato reale con vista su strade e giardini. Cunegonda e Otone hanno avuto successo. Primislao dichiara di essere pronto a prestare giuramento di fedeltà a Gismondo a condizione che la cerimonia non sia pubblica. Gismondo accetta la condizione. Giuditta confessa al fratello di essersi innamorata di Primislao al ballo in maschera a Varsavia. Entrambi sperano che, dopo che la pace sarà stata stabilita, potranno finalmente raggiungere l’obiettivo del loro amore.
Atto secondo. Scena 4: Tenda reale con tavolo e stendardi di guerra. Mentre Primislao rende il giuramento di fedeltà a Gismondo, la tenda reale crolla e fa vergognare il duca inginocchiato davanti agli eserciti riuniti. Primislao accusa Gismondo di tradimento. Anche Cunegonda si separa con rabbia da Otone. La guerra scoppia di nuovo. Scena 5: una sala sotterranea. Giuditta è combattuta tra la paura per suo padre e l’amore per Primislao. Suscita false speranze nei due duchi innamorati di lei per farli combattere per suo padre in guerra, ma allo stesso tempo ordina loro di essere misericordiosi con Cunegonda e Primislao. Gismondo chiede che suo figlio dimentichi Cunegonda e vinca o muoia sul campo. Otone non combatterà contro Cunegonda. Ernesto lo ha sentito e si rende conto di trovarsi esattamente nella stessa situazione con Giuditta. Scena 6: l’armeria di Primislao. Primislao combatte nella sua armeria per l’anima di sua figlia. Davanti alle statue dei re e degli dei polacchi Cunegonda deve giurare morte a Otone e vendetta. Lo fa. Otone entra essere trafitto della spada di Cunegonda. Lei non riesce a usare l’arma contro di lui e lo costringe a darsi alla morte sul campo di battaglia. In questo modo può riscattare il suo onore, il suo dovere filiale e allo stesso tempo l’angoscia dell’amore.
Atto terzo. Scena 7: Il campo di battaglia. Primislao sprona i suoi soldati prima del combattimento. La battaglia. I polacchi sono vittoriosi. Cunegonda, in armatura da cavaliere, resiste ferocemente a Otone. Questi la riconosce e la salva. La voce della morte di Primislao è diffusa all’estero. Cunegonda lancia insulti alla testa di Otone. Giuditta rintraccia il suo amato Primislao, ferito tra i cadaveri. Mentre lei riceve aiuto, arriva Ermanno e vuole ucciderlo per vendicare suo fratello. Giuditta torna a salvare Primislao. Lui ed Ermanno realizzano, ciascuno per sé, la giustizia della legge divina e ne prendono le conseguenze. Scena 8: cortile dove sfilano i bottini di guerra. Gismondo festeggia la sua vittoria. I prigionieri e il bottino vengono messi in parata. Ernesto chiede al re la mano di sua figlia. Gismondo chiede a Cunegonda la sua mano per conto del figlio Otone. Giuditta lotta con la sua coscienza a causa del suo amore per Primislao. Scena 9: Sala del trono. Gismondo ringrazia il suo esercito. Cunegonda persevera nell’odiare Otone, il presunto assassino di suo padre. Primislao appare e mette la sua mano in quella di Otone. Una lettera di Ermanno informa Gismondo di aver fatto crollare la tenda e di aver così svergognato Primislao per vendicare il fratello, ucciso da Primislao. Ha ammesso la sua colpa e si è ucciso. Giuditta ammette il suo amore a Primislao. Gismondo la sposa al principe riformato e il proprio figlio alla figlia di quest’ultimo. Ernesto benedice il matrimonio, perché antepone il bene comune alla sua felicità privata.
Oltre alla sinfonia la partitura di Vinci consiste di 28 arie, un duetto, un trio e l’immancabile coro finale. I personaggi principali Primislao, Cunegonda e Otone hanno cinque arie ciascuno, Cunegonda e Otone anche il duetto e con Gismondo il trio, Gismondo e Giuditta quattro arie, Ernesto tre ed Ermanno due. In una delle tre copie a noi pervenute (1) ci sono due arie non previste, una per Otone e una per Cunegonda, prese dall’Ernelinda presentata l’anno prima, 1726. Dall’Ernelinda proviene anche il bellissimo duetto che conclude il secondo atto. Dall’Eraclea (1724) arriva invece l’aria «In questa mia tempesta» di Gismondo nel terzo atto.
Il cast tutto maschile della prima – papa Sisto V aveva bandito le donne dalle scene per aver così interpretato la Prima Lettera ai Corinzi: «le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare» – (ossia sei castrati: tre soprani e tre contralti) è invece misto in questa produzione che vede impegnata la {oh!} Orkiestra Historyczna diretta da Martyna Pastuszka. Qui siamo al Theater an der Wien e l’esecuzione è in forma concertistica. Oltre agli archi e al basso continuo l’orchestra conta due corni, due trombe, due oboi/flautini, un fagotto e percussioni. Brillante e piena di colori la direzione e preciso il suono degli strumentisti.
Nel ruolo eponimo il controtenore Max Emanuel Cenčić, direttore e co-produttore esecutivo della etichetta Parnassus, regista, talent scout e uno dei maggiori fautori della scoperta di Leonardo Vinci: le produzioni di Partenope (2009), Artaserse (2012), Catone in Utica (2015), Siroe re di Persia (2018) portano tutte il suo contributo. Il timbro caldo si accompagna a una grande espressività nel restituire tutto il valore dei recitativi del Gismondo. Le fluide agilità, l’ampia gamma, i lunghi fiati, i trilli precisi e lo stile brillano nelle arie «Se soffia irato il vento» o «Sta l’alma pensosa» in cui si delinea la sofferta regalità del personaggio. Yuriy Mynenko, Otone, è la sorpresa della serata nel finale primo, «Quell’usignolo» con tutti gli effetti onomatopeici offerti dalla voce e dagli strumenti, con abbellimenti, legati e staccati ineccepibili. L’Ermanno di Nicholas Tamagna è forse il meno efficace della compagnia e sarà infatti sostituito nella registrazione in CD. Dell’Ernesto di Jake Arditti si ammira la velocità e la forza in «Tutto sdegno è questo core». Primislao en travesti è Aleksandra Kubas-Kruk, temperamento, volume sonoro ed estensione sono i meriti più evidenti di questo soprano polacco. Cunegunda è personaggio chiave nella vicenda e lo dimostrano i due recitativi accompagnati. Sophie Junker è un’interprete appassionata e intensa quando si rivolge all’amato/odiato Otone in «Tu mi tradisti, ingrato» e «Ama chi t’odia, ingrato». Completa l’eccellente cast Dilyara Idrisova come Giuditta, la figlia un po’ trascurata dal padre Gismondo.
L’operazione di recupero si spera che possa tradursi in uno spettacolo: non chiede di meglio l’opera di Vinci.
(1) Una a Münster, consistente di diversi fascicoli con le versioni presentate a Roma nel 1727 e nel 1729; una ad Amburgo (atto primo) e Bruxelles (atto secondo e terzo); un’altra a Berlino, la più pulita e completa.
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