L’heure espagnole

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Maurice Ravel, L’heure espagnole

★★★★☆

22 marzo 2021

Toledo a Kensington

La chiusura dei teatri ha fatto riscoprire il film-opera, qui riproposto con gusto moderno da Stephen Medcalf in questa produzione della Grange Park Opera dell’atto unico di Ravel L’heure espagnole.

Una vera bottega di orologiaio nel quartiere londinese di Kensington (la Howard Walwyn’s Fine Antique Clocks, per la precisione) è la location: fuori il traffico, dentro un silenzio ovattato scandito dal ticchettio degli orologi. Tutto è molto british, di spagnolo c’è soltanto La veduta di Toledo di El Greco sulla parete dell’immigrato Torquemada, mentre il mulattiere è un corriere UPS. La stanza “al piano di sopra” è al piano di sotto…, un tocco di ironico surrealismo inserito nel realismo dell’ambientazione, come il fatto che i due pretendenti, l’inetto poeta Gonzalve e il tronfio banchiere Don Iñigo Gomez, possano entrare nelle cassa di una pendola reale o che il forzuto Ramiro possa tenerla in equilibrio su un solo dito.

L’orchestra qui è soppiantata da pianoforte (Chris Hopkins), pochi ottoni e percussioni per un suono più rarefatto e intimo che fanno perdere la fantasmagoria tonale della partitura di Ravel ma non il tono iberico. Gli interpreti hanno registrato la loro parte alla Wigmore Hall e qui cantano in playback con molta naturalezza e possono concentrarsi sulla recitazione con gli a parte di Conceptión rivolti alla cinepresa e quindi allo spettatore.

Ottimi gli interpreti, eccellenti cantanti e bravi attori: Catherine Backhouse (l’insoddisfatta moglie), Jeffrey Lloyd-Robert (il marito cornuto ma affarista), Ross Ramgobin (il mulattiere), Ashley Riches (il banchiere) e Elgan Llŷr Thomas (il poeta).

Chi ha detto che non si possano fare cose belle in economia?

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