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Ruperto Chapí, El Rey que rabió
Madrid, Teatro de la Zarzuela, 17 giugno 2021
(video streaming)
«¡Dios mío! Un Rey que grita: “¡Viva la libertad!”»
Dopo 130 anni ritorna al Teatro de la Zarzuela El Rey que rabió, che qui vide la luce il 20 aprile 1891. Pochi re nella storia sono stati più amati e applauditi di questo re immaginario e simpaticissimo messo in musica da Ruperto Chapí su un libretto di Miguel Ramos Corrión e Vital Aza. Per i madrileni del tempo, nella vicenda c’era il ricordo delle passeggiate in cognito del re Alfonso XII, sul trono tra il 1874 e il 1885.
Atto I. Prima scena. In una stanza del palazzo reale, i cortigiani preparano un ricevimento per il re che sta tornando da un viaggio nelle sue province. Dopo il suo arrivo viene lasciato solo per un momento e discute con i suoi consiglieri le eccellenze del viaggio, vedendo che il suo paese è prospero e felice, ma mostra la sua noia e propone di fare un viaggio in incognito, per divertirsi. I consiglieri sono in preda al panico, perché se parte per il viaggio, scoprirà che tutto ciò che ha visto è una farsa, il paese è mal gestito, la marina e l’esercito sono sull’orlo della rivolta, le tasse sono alte e i contadini chiedono a gran voce una rivoluzione. Così escogitano un piano: uno dei consiglieri accompagnerà il re, mentre un altro prenderà il comando e distribuirà denaro ai villaggi che attraversano, in modo che siano sempre in festa. Il re, vestito da pastore, parte con il generale. Seconda scena. Nella piazza di un villaggio, i contadini si ribellano e chiedono a gran voce al sindaco di parlare con il governatore, poiché non sono in grado di pagare le tasse e le imposte sono in continuo aumento; il sindaco cerca di calmare la gente e promette di parlare con il governatore. Un uomo con un mantello arriva ed entra nel municipio pronto a parlare con il sindaco. Il re e il generale arrivano in città, e si fermano alla locanda, dove sono assistiti da Jeremías, nipote del sindaco e cugino di Rosa, anche lei nipote del sindaco, di cui Jeremías è innamorato, ma lei non lo ricambia. In quel momento, Rosa entra e il re è colpito dalla sua bellezza, e si impegnano in una vivace conversazione, provocando la gelosia di Jeremías. Il sindaco esce dal municipio proclamando una festa e, accompagnato da tutti gli abitanti del villaggio, prepara un grande ballo. La danza viene interrotta quando arrivano le truppe in cerca di reclute per il reggimento. Portano via Jeremías, il re e il generale, lasciando Rosa preoccupata per il re.
Atto II. Terza scena. Nel cortile di un castello, il re e il generale si esercitano con le altre reclute. Il re è contento della sua situazione, mentre il generale continua a lamentarsi. Il sindaco arriva con Rosa, per vedere Jeremías, ma questo è solo un pretesto che Rosa ha creato per poter rivedere il re. I due si incontrano da soli e fuggono dal castello. A questo punto, l’allarme si alza, perché un uomo mascherato riferisce la vera identità della recluta, che è il Re. Quarta scena. Nel cortile di una fattoria, Juan e Maria, i padroni, stanno preparando la casa per i contadini che hanno assunto per il raccolto. Arriva un vivace gruppo di mietitori, tra cui il Re e Rosa, che si fingono anche loro mietitori. Dopo cena, i braccianti mettono le donne in cucina e gli uomini nel fienile sopra la casa, e lasciano libero il cane. Jeremiah, che è scappato anche lui per seguire sua cugina, arriva urlando, con i pantaloni strappati perché il cane lo ha attaccato. Nascondono Jeremías dentro la casa. Presto arrivano le truppe che cercano il re. I contadini lo scambiano per Jeremías, commentando che è stato attaccato dal cane mentre cercava di nascondersi. Temendo che il re abbia preso la rabbia, portano via Jeremías e il cane. Il re se la ride.
Atto III. Quinta scena. Nel giardino del palazzo reale, i paggi commentano l’assenza del re. I ministri commentano lo stato di salute del re e l’attacco del cane, allertando i medici più eminenti per fare la diagnosi. Rosa e Maria arrivano in cerca del bracciante e per avere altre notizie. Sesta scena. In un’anticamera del palazzo, il re chiama uno dei suoi paggi, ordinando che Rosa e Jeremías siano fatti entrare. I due si riconoscono e discutono del loro viaggio e degli eventi. Il re appare nelle sue vesti di gala e Rosa si impressiona a riconoscerlo come il pastore, sentendosi ingannata. Il re si scusa e le mostra il suo vero amore, con lo stupore di Jeremías. Arrivano i suoi consiglieri, con il capitano, che ringrazia per il trasporto, e come ricompensa decide di promuoverlo, purché non dica nulla del travestimento. Settima scena. Nella sala del trono, gli ambasciatori di Scozia e di Russia portano i ritratti di candidate mogli per il re, ma il re le rifiuta e presenta Rosa come sua futura promessa sposa. I consiglieri cercano di opporsi, ma il re viene fuori e dice che o si conformeranno o li licenzierà, e non possono rifiutare e accettare. Quanto a Jeremías, lo promuove e gli offre un posto lontano, dove potrà piangere la perdita di sua cugina. Finiscono tutti a cantare e inneggiare al re.

Ruperto Chapí nasce ad Alicante nel 1851. Entrato nella banda municipale come flautista a nove anni, a dodici compone la sua prima zarzuela: Estrella del bosque. Al Conservatorio di Madrid vince il primo premio nel 1872 assieme a Tomás Bretón e dopo la composizione de La hija de Jephté per il Teatro Real parte per Parigi e Roma per ampliare la sua formazione. Al ritorno in Spagna nel 1878 si concentra nella composizione di zarzuelas grandes quali La revoltosa (1897). Compone anche per il género chico e per la musica da camera fino alla morte nel 1909.
Nelle parole di Iván López-Reynoso, il giovane direttore musicale di questa produzione, «la partitura di El Rey que rabió del maestro Chapí è senza dubbio uno dei capolavori del repertorio lirico spagnolo. È una partitura agile, espressiva, raffinata e colorata. L’uso giudizioso della teatralità nella scrittura musicale fa sì che l’azione drammatica corrisponda molto bene al discorso musicale. È un’opera a tutto tondo, completa, contrastante e divertente che, grazie a tutte queste caratteristiche, riesce sempre a diventare un successo molto amato dal pubblico. Così, il nostro Re è venuto a stare con noi, di generazione in generazione, per 130 anni». Da allora, la sua parodia delle classi sociali, in particolare del governo o dei medici, è diventata proverbiale in Spagna. La direzione di Iván López Reynoso realizza la trasparenza tipica della orchestrazione di Chapí evidenziata nel bellissimo notturno strumentale del secondo atto.
Un solenne preludio in forma di marcia ci introduce in un regno fantasiosamente ricreato dalla regista Bárbara Lluch dove il monarca dorme in un letto a forma di corona attorniato dai cortigiani. Inizia con questo ironico lever du roi questa comica vicenda sviluppata in 19 numeri musicali, per lo più ensemble di più voci, due sole sono le arie solistiche e destinate ai due personaggi principali: la arieta di Rosa all’inizio del secondo atto dopo il preludio strumentale e la romanza del re del terzo atto. Chapí non fa direttamente ricorso a temi iberici, piuttosto si sente l’influenza dell’operetta francese e di quella viennese, riviste però in termini molto personali.
La regista piuttosto che spingere sul pedale della parodia sociale punta sul clima fiabesco nelle scenografie di Juan Guillermo Nova inserite in una cornice dorata e nei costumi di Clara Peluffo Valentini che dota i personaggi di code, corna, orecchie asinine alludendo così alle favole classiche. La recitazione è spesso caricata ma efficace in mano a interpreti che sono anche ottimi attori. Parrucche e costumi coloratissimi danno un tono quasi surreale a questa produzione che si stacca nettamente dalle impostazioni realiste di molti spettacoli del Teatro de la Zarzuela, per lo meno del passato.
Il ruolo del re del titolo è stato spesso tenuto da un soprano en travesti nelle ultime edizioni, qui è invece il tenore Enrique Ferrer di bella presenza ma dall’emissione molto aperta e sempre forte. Al contrario, non molto sonora è la voce del soprano Rocío Ignacio, una Rosa comunque di temperamento. Dei consiglieri del re quello più impegnato vocalmente è il generale di Rubén Amoretti in giusto equilibrio tra esigenze del canto ed esigenze recitative. Ruolo eminentemente comico è invece quello di Jeremías, dove il tenore José Manuel Zapata calca un po’ la mano nella recitazione ma vocalmente si distingue nel quasi parlato del suo divertente racconto del secondo atto.
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