Die Teufel von Loudun

Krzysztof Penderecki, Die Teufel von Loudun

Monaco, Nationaltheater, 27 giugno 2022

(video streaming)

L’opera horror di Penderecki ha perso un po’ della sua forza

A 53 anni dalla prima di Amburgo i 20 giugno 1969, Die Teufel von Loudun (I diavoli di Loudun) di Penderecki arriva alla Bayerische Staatsoper di Monaco in una sontuosa produzione che vede Vladimir Jurowski alla guida dell’orchestra e Simon Stone alla messa in scena.

Sono del tutto dimenticate le reazioni ostili che l’opera aveva suscitato al tempo nei vari teatri che l’avevano messa in scena quasi contemporaneamente – nel giro di pochi mesi era stata vista ad Amburgo, Stoccarda, Santa Fe, mentre in Polonia ci arriverà solo nel 1975 – e il pubblico acclama gli artefici dello spettacolo che va in scena un po’ fortunosamente: essendo risultato positivo al Covid, all’ultimo momento Wolfgang Koch è stato sostituito nella parte di Grandier da due interpreti, un cantante in orchestra per la parte cantata e un attore in scena per la parte recitata, evidentemente a disagio per l’esiguità di prove. Il risultato è a tratti imbarazzante e la recita è salva ma a prezzo di incertezze e intoppi. Nelle recite successive si dovrà trovare una soluzione migliore. (1)

Simon Stone ambienta la vicenda ai giorni nostri con evidenti incongruenze storiche: il cardinale Richelieu, il Re di Francia, l’abbattimento delle mura della città. Nella visione di Stone perde peso il contrasto tra potere locale e potere centrale e l’accento è posto sulle ossessioni sessuali/demoniache delle monache. Nel collocare l’azione al presente il regista solo in un punto diventa del tutto convincente: nel rituale di espulsione del diavolo, le suore si trasformano in attiviste che scrivono slogan femministi sui loro corpi. I fondamentalisti religiosi rivendicano ancora il potere sul corpo femminile, dice Stone. Per il resto si narra, senza altre attualizzazioni, una storia vera del 1634 in cui il carismatico Grandier, pastore e donnaiolo, un liberale che gode della vita con tutti i sensi, entra nei sogni proibiti di Jeanne, priora in un convento di suore, che si innamora di lui e nella sua frustrazione sessuale si lascia andare a un delirio religioso accusando Grandier di compiere fornicazioni diaboliche nel monastero e lo condanna così alla tortura e al rogo. Sempre attuale comunque è il fatto che se si vuole distruggere la carriera di una persona basta accusarla di molestie sessuali. Funziona sempre.

Nella scenografia di Bob Cousins una costruzione cubica di cemento grezzo rotante ingloba i vari ambienti in cui si svolge la vicenda: il monastero con le scale, la cappella, la cella di Jeanne, il confessionale di Grandier, ma anche il gabinetto del chirurgo, la chiesa di San Pietro per l’esorcismo di Jeanne, la stanza per le torture di Grandier. Non mancano particolari grotteschi (la pompa da giardino per il clistere di Jeanne…) e tanto sangue, tanto che nei saluti finali qualcuno scivola sul pavimento cosparso di liquido rossastro.

Vladimir Jurowski domina una partitura dal tono inquietante, non per nulla la musica di Penderecki è stata spesso usata come colonna sonora di film in cui è alta la tensione – The Shining, The ExorcistShutter Island, Demon, Twin Peaks… Rumori, suoni rabbrividendi degli archi, percussioni minacciose, cluster dissonanti: un’orchestra enorme diventa agile strumento sotto la direzione del maestro moscovita che aggiunge «la fantasia sgargiante, quasi rock’n’roll, con cui gli eventi sono realizzati musicalmente… C’è di tutto, dalla musica gregoriana alle campane registrate, dai sassofoni baritoni ai bassi elettrici alla sega amplificata. Vengono messe in luce tutte le sfaccettature dell’uso della voce nel teatro moderno: il semplice canto di chiesa, il canto d’opera, il parlato a metà, la declamazione scenica, ma anche esperimenti quasi circensi come quello di Jeanne, che in uno stato di ossessione inizia improvvisamente a parlare con la voce di Leviathan, una voce maschile innaturalmente profonda che può essere realizzata con trucchi teatrali. Il coro crea paesaggi sonori con i suoi cluster a più voci, spazi acustici come nuvole sospese sull’azione. L’orchestra è grande, ma sempre utilizzata in modo mirato e al posto dei soliti gruppi di 1° e 2° violino, ci sono venti voci individuali, che rendono la parte strumentale incredibilmente varia quasi come la colonna sonora di un film». Appunto.

Dopo L’angelo di fuoco di Prokof’ev Aušrine Stundyte ritorna a indossare i panni di una “indemoniata”  depressa sessualmente e la sua Jeanne sprizza un’energia vocale che si esprime in mille sfumature. Nella buca d’orchestra Jordan Shanahan fa di tutto per far dimenticare l’alienante situazione di un personaggio in scena “ventriloquo” quando canta, e querulo quando recita, ruolo in cui l’attore Robert Dölle non sembra del tutto a suo agio. Nello sterminato cast si fanno notare Wofgang Ablinger-Sperrhacke come Baron de Laubardemont, lo spietato messo reale mentre Martin Winckler è l’ambiguo esorcista.

(1) La seconda rappresentazione è stata cancellata per altri casi di positività.

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