Euridice o I burattini di Caronte

   

Joan Albert Amargós, Euridice o I burattini di Caronte

Alessandria, Teatro Alessandrino, 27 settembre 2022

Mito e immaginario popolare concludono Scatola Sonora, centrata quest’anno sulla figura di Orfeo

In principio ci fu un burattinaio. Fuor di metafora, in effetti all’inizio ci fu Toni Rumbau, titiritero (burattinaio) y escritor barcellonese classe 1949 e fondatore nel 1975 de La Fanfarra, teatro di marionette per il quale scrive i copioni e dove agisce da narratore e musico. Nel 1984 apre il Teatro Malic, una sala alternativa nella già vivace scena catalana e ne diventa il direttore. Nove anni dopo inaugura il Festival de Ópera de Bolsillo (ossia tascabile) la cui idea è alla base di Scatola Sonora, Festival Internazionale di Opere e Teatro Musicale di Piccole Dimensioni, rassegna associata al Conservatorio Vivaldi di Alessandria arrivata alla sua XXV edizione che si conclude con un lavoro su libretto appunto di Toni Rumbau: Euridice o I burattini di Caronte (Eurídice i els titelles de Caront). Il lavoro, che fu presentato al Festival Grec nel luglio 2001 e poi ripreso in altre città in Spagna, Svizzera e Germania, approda ora al Teatro Alessandrino con gli stessi ideatori della prima edizione, ossia il regista Luca Valentino, lo scenografo José Menchero e la presenza insostituibile di Toni.

Docenti e allievi del conservatorio sono impegnati nella realizzazione musicale di quest’opera da camera di Joan Albert Amargós, direttore e compositore barcellonese autore di musica classica e arrangiatore di musica popolare. Per la sua Euridice è stato insignito nel 2002 del Premio Nacional de Música de Cataluña «per la sua capacità di sintesi tra i diversi linguaggi musicali». E tale infatti è quella dimostrata in quest’opera che mescola il linguaggio paludato dell’opera con quello popolare e di strada del teatro dei burattini. Per mezzosoprano, baritono, burattinaio e cinque strumenti, vi si narra della cantante Sofia, Euridice sulla scena, che apprende di essere affetta da un morbo incurabile e come la sposa di Orfeo è presto destinata quindi alla morte. Piuttosto che nella figura umana di Oscar, l’insensibile compagno/direttore che pensa solo al successo, trova empatica comprensione nei personaggi in miniatura di un teatrino di strada. La vicenda si sviluppa in un prologo, sette scene e un epilogo.

Prologo. Sofia si presenta cantando l’Euridice, opera su testo di Ottavio Rinuccini posta in musica da Jacopo Peri e rappresentata nell’ottobre 1600 – a buon titolo il primo melodramma della storia.
Scena I. Nel suo camerino Sofia legge con sconforto i risultati degli esami clinici. Oscar, il direttore, minimizza il problema e la sprona a prepararsi.
Scena II. Per strada. Un teatrino di burattini haun’unica sedia su cui si accomoda Sofia. Pulcinella è alla prese con un cane, un poliziotto e un diavolo che riempie di bastonate e trasforma in salsicce con una macchina tritacarne. Sofia è divertita, ma irrompe Oscar: «È l’ora della prova!».
Scena III. Nel camerino. Anche se la prova è andata bene, Sofia ha perso la gioia di cantare e continua a pensare alla morte. Oscar continua a essere insensibile.
Scena IV. Per strada. Nel teatrino appare il burattino della Morte: «Ciao Sofia, sei venuta a trovarmi? Vieni, vieni, ti mostrerò il cammino…», ma Pulcinella riesce a renderla inoffensiva. Sofia esprime il desiderio di conoscere il burattinaio. Ancora una volta Oscar viene a trascinare via la ragazza che afferma di aver trovato con i burattini la gioia e la libertà. Scena
V. La gondola di Caronte. Piove e il sipario del teatrino è abbassato. Nell’ombra appare una gondola vuota con la Morte al remo.
Scena VI. Nel Camerino. Sofia entra col costume di Euridice e si strucca davanti allo specchio. Nello specchio appare la Morte. Arriva Oscar furioso: la performance di Sofia è stata un disastro e la ragazza se ne va sbattendo la porta. Rimasto solo Oscar si sfoga spezzando la sua bacchetta da direttore.
Scena VII. Il retro del teatrino dei burattini. Pulcinella dimostra tenerezza a Sofia in un “duetto erotico senza parole”. Per l’ultima volta irrompe Oscar che strappa con rabbia i burattini dalla mano dell’invisibile burattinaio. Tutti meno Pulcinella, che viene difeso da Sofia. Sempre più arrabbiato Oscar si avventa sul teatrino con la bacchetta rotta e invvertitamente colpisce Sofia. Cadendo la ragazza strappa il tessuto del teatrino che rivelando il vuoto: non c’è nessun burattinaio. Incredulo Oscar sparisce dietro il teatrino. Si sente la Morte sghignazzare.
Epilogo. Ritorna l’immagine della gondola di Caronte guidata dalla Morte, ma questa volta a bordo ci sono Pulcinella e Sofia che cantano.

L’atmosfera surreale e grottesca della vicenda trova il giusto tono nella musica di Amargós realizzata dal complesso da camera diretto dal Maestro Giovanni Battista Bergamo che, assieme a Luca Valentino, ha tradotto in italiano il libretto. Musica di non eccessiva difficoltà esecutiva, ma con gli strumenti sempre scoperti, strumenti che gli allievi Anna Roveta, Giulia Roveta, Francesco Paolino, Stefano Arato e Giovanni Manerba – violino, violoncello, contrabbasso, fisarmonica e pianoforte – dimostrano di padroneggiare con sicurezza. Il minuscolo ensemble stende una rete sonora di grande suggestione con la partitura di Amargós che mescola stilemi classici e frammenti popolari, il tutto in un preciso ambito tonale ma senza strutture melodiche particolarmente evidenti. Anche le voci, quelle di Giulia Medicina (Sofia) e Dario Castro (Oscar), si stendono su un canto di conversazione relativamente semplice che i giovani cantanti si impegnano a variare nei toni e nei colori con risultati apprezzabili.

C’è poi da considerare un altro “strumento”: la pivetta, con cui i burattinai deformano le loro voci, soprattutto per quella di Pulcinella, connotata dal suono stridulo di questo aggeggio che sottolinea il suo carattere da personaggio dell’oltretomba assieme alla maschera nera e al costume bianco come come un sudario. E la maschera napoletana nel finale assumerà il ruolo di psicopompo, traghettando Sofia nell’aldilà, mescolando quindi mito e immaginario popolare in questa vicenda che tratta del passaggio dalla vita alla morte.

Semplici ma efficaci la regia di Luca Valentino e la scenografia di José Menchenero: in mezzo al palcoscenico gli strumentisti, a destra il camerino di Sofia, a sinistra il teatrino. Il passaggio da un mondo all’altro è così definito spazialmente oltre che musicalmente. Ai movimenti dei due interpreti in carne e ossa si contrappone la frenetica vivacità dei burattini chiusi nel loro piccolo mondo di legno dipinto da cui talora si affacciano timidamente verso l’esterno attraverso il tessuto che racchiude la baracca del fantomatico burattinaio, Rumbau, ovviamente, qui adiuvato da Eudald Ferré.

Il pubblico ha accolto con applausi la prestazione dei giovani artisti in questo originale spettacolo che viene replicato mercoledì 28 settembre con nuovi cantanti: Wang Qui e Zhe Xu.

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