La seconda sorpresa dell’amore

 

Pierre de Marivaux, La seconda sorpresa dell’amore

Milano, Teatro Grassi, 27 novembre 2022

Sei personaggi in cerca d’amore

Due settimane dedicate a Pierre de Marivaux quelle della Pergola di Firenze e del Teatro Grassi di Milano. Oltre a una giornata di convegno dedicata alle “Utopie” di Marivaux, vengono anche presentati i primi tre tomi di un’impresa editoriale di ben sette volumi nei quali è possibile leggere, per la prima volta in traduzione italiana, l’opera omnia per il teatro del più importante commediografo francese. Marivaux, Teatro, edizioni CuePress, appartiene al progetto culturale “Scene Europee Marivaux” (SEM) curato e coordinato da Paola Ranzini, dell’Institut Universitaire de France-Avignon Université, secondo la quale «la prima finalità di questo lavoro è far conoscere la produzione di un classico francese che ha composto buona parte delle sue commedie per il Théâtre Italien di Parigi e che proprio alla tecnica, molto apprezzata, dei comici italiani si ispirò per costruire il proprio stile, sempre di una modernità dirompente. Ma soprattutto i testi pubblicati in traduzione si destinano alle scene italiane, affinché ne offrano una interpretazione per il pubblico di oggi».

Alcuni dei titoli presenti in questi volumi sono stati tradotti da Beppe Navello che mette in scena a Firenze in prima nazionale La colonia (La colonie) mentre a Milano viene ripresa La seconda sorpresa dell’amore (La seconde surprise de l’amour) che Navello aveva tenuto a battesimo esattamente un anno fa nel capoluogo toscano. La seconda perché nel 1722, cinque anni prima, il drammaturgo francese aveva presentato La surprise de l’amour: entrambe appartengono al gruppo di dieci commedie sull’amore: i lavori di Marivaux vengono classificati dagli studiosi francesi in comédies d’intrigue (cinque), comédies héroïques (due), comédies morales (ben quindici), comédies d’amour, appunto, e drames bourgeois (due). A queste sono da aggiungere altri quattro titoli che non rientrano in nessuna classificazione.

Nella commedia ora in scena al Grassi sono presenti gli elementi caratteristici del teatro di Marivaux, che costruisce una sorta di ponte tra la buffoneria tradizionale e l’improvvisazione della commedia dell’arte, con i suoi personaggi stereotipati, e un teatro più letterario e psicologico, un teatro che utilizza vari livelli espressivi: quello giocoso, quello satirico e quello poetico. Nei sei personaggi de La seconda sorpresa dell’amore abbiamo tutti i gradini della società di allora, dall’alto al basso: una Marchesa, un Conte, un Cavaliere (che non hanno un nome proprio), un pedante (Hortensius), una confidente della dama (Lisette), un valletto (Lubin). La Marchesa è una vedova che, avendo perso l’adorato marito appena un mese dopo averlo sposato, si dice inconsolabile. Un pedante di nome Hortensius, che lei ha ingaggiato per leggerle Seneca, passa il tempo a perseguitare Lisette, che lo ascolta a malapena, con le sue battute. A volte vengono a trovare la Marchesa un Conte e un Cavaliere, entrambi amici del marito. Quando sente affermare che il Conte la sposerà, lei si indigna per questa supposizione. Quanto al Cavaliere con un amore infelice alle spalle, questi è deciso a piangere per sempre l’infedeltà della sua Angelique. Quando Lisette lo esorta, come diversivo, a sposare la Marchesa, lui rifiuta e quando viene a conoscenza di questo rifiuto, la Marchesa si indigna, in apparenza contro Lisette, che l’ha compromessa, in realtà contro il Cavaliere che l’ha rifiutata. Giurando di sottomettere il ribelle, ci riesce. Ma nella sua ricerca, ha dimenticato di custodire il proprio cuore. Se il Cavaliere viene conquistato, anche lei viene conquistata e alla fine lo sposerà.

Il testo è un mirabile esempio di “marivaudage”, termine con cui si definisce lo scambio di espressioni galanti e raffinate, che connota i dialoghi tra la Marchesa e il Cavaliere a contrasto con la parlantina schietta e terrena dei due personaggi di Lisette e Lubin, quest’ultimo ennesima incarnazione del servo Arlecchino con la sua capacità di adattarsi ai diversi umori del padrone. In questa produzione il bravissimo attore Stefano Moretti dimostra tutta la vivace presenza scenica, addirittura acrobatica, che ci si aspetta da Arlecchino, così come la disinibita loquacità. E non ultimo il vestito, un’elegantissima rivisitazione del costume della maschera, disegnato come tutti gli altri da Luigi Perego il quale si occupa anche della minimalistica scenografia formata da teli neri (siamo all’interno della casa di una vedova!) che poi spariscono per un luminosissimo esterno quando i sentimenti della donna prendono una piega meno afflitta. Al pari vivace è la presenza scenica di Marcella Favilla, una Lisette pragmatica e concreta. Fabrizio Martorelli delinea un convincente Hortensius, con le sue saccenti e pedanti citazioni e i suoi fallaci sillogismi. Il più introverso e contorto è il Cavaliere, a cui Lorenzo Gleijeses presta i suoi tic e le sue fisime. Presente solo nella seconda parte, il Conte di Giuseppe Nitti mostra la sua tronfia sicurezza prima della sconfitta. Daria Pascal Attolini è quella che come Marchesa tiene la scena più di tutti gli altri personaggi sviluppando con il suo lucido eloquio l’evoluzione dei suoi sentimenti, una bella prova attoriale.

Beppe Navello concerta con sapienza le schermaglie verbali in cui sono impegnati i personaggi e la sua traduzione del testo mantiene la fluidità e fragranza del francese trasposto in un italiano che si rivela essere moderno senza risultare  incongruo con lo stile settecentesco originale. Visivamente, oltre che nei raffinatissimi costumi, l’eleganza della mano registica si rivela in particolari minimi che diventano un efficace gesto teatrale: la luce che invade la scena quando i personaggi scoprono che l’amore ha preso il posto dell’amicizia e allora Lubin che srotola il prato verde rappresenta il momento del “risveglio di primavera” di cuori fino a quel momento chiusi nel dolore, mentre nel finale la pioggia di pagine dei vetusti tomi di Hortensius è un tocco semplice ma magico per porre termine al gioco con cui gli attori in scena hanno cercato, riuscendovi, di coinvolgere il pubblico nella loro tormentata ricerca fino alla finale scoperta, “la sorpresa dell’amore”.

 ⸪

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