Der Rosenkavalier

Richard Strauss, Der Rosenkavalier

Bruxelles, Théâtre Royal de la Monnaie, 16 novembre 2022

★★★★☆

(video streaming)

Mais où sont les neiges d’antan!

Lo spettacolo coprodotto con Bologna avrebbe dovuto inaugurare la stagione 2023 del Comunale, ma la chiusura del teatro per restauri ha fatto saltare l’avvenimento in quanto il palco del locale fiera in cui verranno rappresentati i primi spettacoli nei previsti lunghi quattro anni di chiusura non è adatto. Peccato, perché il Rosenkavalier creato a Vilnius nel settembre 2020 e che arriva ora sulle tavole de la Monnaie è uno dei migliori di Damiano Michieletto.

Lo scorrere del tempo è il tema principale dell’opera di Strauss e il regista veneziano lo rende visivamente evidente grazie a Paolo Fantin che costruisce le scatole cinesi della sua scenografia, tre spazi ora distinti ora interconnessi: come ne Il viaggio a Reims sul palcoscenico c’è una cornice in cui si apre un sipario bianco dietro il quale appare la camera da letto di Marie-Thérèse von Werdenberg, la Marschallin, ma nel fondo di questa un’altra cornice e un altro sipario bianco danno sulla camera da letto di una Marschallin più giovane. Una terza, invecchiata, la vedremo su una sedia a rotelle spinta dal marito in pensione e carico di medaglie che canta l’aria del tenore. Ma ce n’è poi anche una quarta, bambina questa volta: quasi un’allegoria delle età nei quadri degli antichi pittori. Le diverse età della vita si succedono così con infinita malinconia in questo voyage autour de la chambre della donna in una giornata che era iniziata col suo risveglio tra le braccia di un giovane e finisce con l’addio del giovane che la lascia per una ragazza della sua età.

«Aber wie kann das wirklich sein, | daß ich die kleine Resi war, | und daß ich auch einmal die alte Frau sein werd… | Die alte Frau, die alte Marschallin!» (ma come può essere vero che io sia stata la piccola Resi, e che poi sarò un giorno una signora vecchia… la vecchia Marescialla!) canta la donna quando rimane sola nel primo atto. Guardandosi allo specchio Marie-Thérèse non vede più la fanciulla appena uscita dal convento a cui furono imposte le nozze e si chiede: «Wo ist die jetzt? Ja, such’ dir den Schnee vom vergangenen Jahr» (E dov’è ora? Sì, cerca la neve dell’anno passato). Ed ecco allora che nella stanza a un certo punto comincerà a scendere la neve i cui fiocchi la donna cerca di raccogliere in un bicchiere, ma nel bicchiere alla fine ci sarà solo acqua: l’innocenza e la freschezza dei primi amori si sono tristemente sciolti e restano solo rimpianti e desideri inappagati. Simboli della spensieratezze sono dei palloni bianchi che poi verranno rimpiazzati dai lugubri corvi neri delle allucinazioni di Ochs, uno gigantesco come quello che si vedrà nell’Archèus di Venezia.

Il tono onirico impronta la scena della levée della contessa, quasi un incubo popolato da grotteschi personaggi e una miriade di orologi a pendolo riempiono la scena. Il tema della neve si ritrova anche nella sfera con cui gioca il nanetto tutto vestito di bianco che rimpiazza Mohammed, il paggio nero della donna. E bianche sono anche le scenografie così come bianchi sono i costumi di Agostino Cavalca. Le luci antinaturalistiche di Alessandro Carletti sono efficacissime nel rendere il tono onirico della storia. Questa simultaneità dei piani temporali è il tratto più intrigante di questa produzione che rende ancora più chiaro il messaggio dell’opera.

Ma non è tutto solo rimpianto e malinconia e gli aspetti ilari della vicenda non sono affatto trascurati: il personaggio di Ochs è comicamente sottolineato e i servitori si muovono secondo un comico balletto, mentre Valzacchi e Annina, gemelli in ghette e occhio bendato, sono due personaggi d’avanspettacolo.

Trasparenza, dolcezza e un magistrale equilibrio dei piani sonori sono le doti della lettura che Alain Antinoglu fa della partitura. Sally Matthews è talora un po’ manierata e dal timbro un po’ troppo chiaro e leggero per il ruolo della Marschallin, ma risulta comunque convincente. Vocalità non esaltante con limiti nel registro acuto quella di Martin Winkler, un Ochs dalla decisa presenza scenica. Michèle Losier è un Octavian perfettamente credibile e di bella voce. La vocalità richiesta dalla parte del Cantante non riesce a mettere in difficoltà un belcantista come Francisco Gatell che qui aggiunge di suo la sensibilità nelo breve ma particolare ruolo creatogli dal regista. Dietrich Henschel (Faninal) e Ilse Eerens (Sophie) esibiscono entrambi un timbro poco gradevole.

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