foto © Luigi de Palma
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Riccardo III, da Shakespeare
regia di Kriszta Székely
Torino, Teatro Carignano, 14 marzo 2023
Il cattivo più cattivo di tutti
La regista ungherese Kriszta Székely ritorna per la seconda volta al Carignano per la Stagione del Teatro Stabile di Torino allestendo un adattamento di The Life and Death of King Richard III, il lavoro con cui Shakespeare concludeva il ciclo Lancaster. Riccardo III viene ucciso dal conte di Richmond e Shakespeare scrivendo per Elisabetta I, discendente di Richmond, per compiacere la sovrana dipinge un quadro totalmente negativo del suo avversario, esagerandone la brama di potere e costruendo così uno dei personaggi più perfidi del teatro di tutti i tempi, andando anche contro alla verità storica. Ma per noi Riccardo III è questo del Bardo: la mostruosità morale del tiranno al centro del lavoro è tale che l’intento profondamente denigratorio conferisce al personaggio una statura di maestosa tragicità. E sconvolgente attualità.
Ed è su questa attualità che puntano la regista e l’adattatore del testo Ármin Szabó-Székely, i quali cautamente intitolano lo spettacolo “da Shakespeare”, anche se poi il loro adattamento consiste sostanzialmente nel ridurre il numero di personaggi (nell’originale più di quaranta) e la loro verbosità – assieme a Hamlet questo è il testo più lungo del teatro shakespeariano – oltre ovviamente ad ambientarlo nella contemporaneità e ad attualizzarne il linguaggio con l’introduzione di termini dei nostri giorni. Ma forse è proprio questo il punto debole dello spettacolo che oscilla tra la contemporaneità e l’adesione al testo originale con momenti poco convincenti, come l’espressione «Un cavallo! Il mio regno per un cavallo», qui del tutto fuori contesto, tanto che l’interprete non può non ammiccare agli spettatori con una battuta però poco felice: «Devo averla lenta da qualche parte questa frase!».
Quella della Székely è la rappresentazione di una sanguinosa parabola di potere in chiave social: le immagini teletrasmesse, le calunnie, le fake news, la gogna mediatica sono i mezzi abilmente gestiti da Riccardo con i quali riesce a manipolare gli avversari, praticamente tutti gli altri al di fuori di lui, nella sua salita al trono senza scrupoli e per puro piacere del potere, senza uno scopo preciso.
La scenografia è quella di un elegante chalet di montagna che diventa anche sala di riunioni. A destra si apre una porta scorrevole verso un esterno che non vediamo mai, a sinistra si ammucchiano i sacchi di plastica nera con i cadaveri delle vittime del tiranno. Uno schermo televisivo trasmette le immagini che vengono spesso proiettate a misura gigante sul velario che a tratti scende a separare la scena dal pubblico. La regista dimostra si saper fare teatro con efficaci tagli di luci, movimenti precisi degli attori e la scelta di una recitazione molto espressiva, talora forse un po’ troppo gridata. Paolo Pierobon delinea con simpatica ironia il personaggio eponimo sottolineandone il cinismo, il talento seduttivo e la sfrontata volontà di sopraffazione; Elisabetta Mazzullo è Elisabetta, la regina spodestata a cui vengono uccisi marito e figli ma che alla fine ritorna sul trono. Sarà migliore del tiranno caduto? Mah.
Jacopo Venturiero è Buckingham, quello più fedele perché incantato dalle false promesse; Francesco Bolo Rossini punta sui tratti quasi grotteschi dei due ruoli di Edoardo e di Presidente della Corte Suprema; Stefano Guerrieri passa con abilità da Clarence a Vescovo; Lisa Lendaro è la Anna a cui Riccardo ha ucciso figlio e marito ma che casca nella sua rete e lo sposa: nell’originale sparisce dopo le prime scene, qui rimane «per mostrare il destino di una donna costretta a vivere come oggetto di rappresentanza in una dinamica di potere» dice la regista. Matteo Alì (Hastings), Nicola Pannelli (Stanley, quello che capisce tutto ma non si oppone), Manuela Kustermann (Cecilia), Marta Pizzigallo (la furente Margherita, inascoltata Cassandra), Alberto Boubakar Malanchino (nei tre personaggi di Rivers, secondo sicario e Tyrrell) e Nicola Lorusso (Catesby, primo sicario ma anche vedova en travesti per la propaganda televisiva del tiranno) completano un cast calorosamente applaudito dal folto pubblico. Dopo questa prima nazionale, lo spettacolo si trasferisce nei teatri di Bolzano e dell’Emilia Romagna che l’hanno coprodotto.
⸪