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Eschilo, Agamennone
Regia di Davide Livermore
Siracusa, Teatro Greco, 17 maggio 2022
L’Agamennone di Livermore: un sontuoso horror in scena al teatro greco di Siracusa
Come sempre sontuoso e ricco di rimandi cinematografici lo spettacolo messo in scena da Davide Livermore al Teatro Greco di Siracusa nella 57esima stagione organizzata dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Agamennone è la prima tragedia della trilogia Orestea (le altre due sono Coefore ed Eumenidi) che a luglio verrà presentata nella sua interezza in una sola giornata.

Il testo di Eschilo, quasi un compendio di tutte le tragedie antiche, nella moderna versione di Walter Lapini, trova un adattamento ricco di spunti visivi di grande teatralità: il fondo del palcoscenico nella scenografia dello stesso Livermore e di Lorenzo Russo Rainaldi è una parete a specchio che riflette il pubblico sulle gradinate – anche noi siamo protagonisti della vicenda – ma incastonato nell’immensa parete c’è un video wall circolare, un altro è orizzontale sul pavimento. Gli eleganti costumi di Gianluca Falaschi richiamano gli anni ’40, con le donne in abiti lunghi, un sofà, mobili e carrelli colmi di coppe di champagne. È la fine della guerra e vecchi generali in sedie a rotelle vengono spinti da infermiere e infermieri che qui assumono il ruolo del coro. Un doppio spettro di Ifigenia si aggira sul palcoscenico, il trucco deforma la bocca come il Joker di Tim Burton. Sul pavimento barchette di carta alludono alla flotta partita per distruggere Ilio. Tre pianoforti forniscono la componente sonora formata dal tema bachiano dell’Offerta musicale rielaborato da Diego Mingolla e Stefania Visalli assieme a violenti cluster suonati direttamente sulle corde del terzo pianoforte verticale. Il rosso cremisi è il colore che domina nella scenografia: l’abito di Clitennestra, i fiori caduti dall’alto che tappezzano il passaggio di Agamennone vittorioso, il sangue che sgorga dalle ferite degli assassinati.

Mirabile sintesi di antico e modernità tecnologica, la forte lettura di Livermore è quasi una rappresentazione lirica, dove le parole si fanno musica. Gli stessi forti sentimenti dei melodrammi muovono i personaggi interpretati qui da splendidi attori: l’eccezionale Agamennone di Sax Nicosia si imprimerà nella memoria per molto tempo; la Clitennestra di Laura Marinoni, vamp appassionata e infida che ha atteso con fredda determinazione il ritorno del marito per dieci anni per compiere la sua vendetta, naviga abilmente tra i marosi di questo personaggio debordante; Cassandra trova in Linda Gennari un’intensa interprete che con la voce e il corpo traduce gli spasimi delle inascoltate profezie, dono e maledizione del dio Apollo. Come corifea si fa notare un’incisiva Gaia Aprea, ma anche tutto il resto del cast è tale da infiammare il teatro al completo, che risponde con applausi a scena aperta e alla fine si unisce in Glory Box dei Portishead («I’m so tired of playing | Playing with this bow and arrow») intonata inaspettatamente da Maria Grazia Solano (la Sentinella) e dagli altri interpreti alla fine della rappresentazione. Un tocco pop, congruo con l’atteggiamento giocoso di Livermore, che è piaciuto molto al pubblico di giovanissimi che hanno riempito la cavea. È stata una lezione si storia greca, di casa qui fuori, diversa dalle solite.


⸪