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Carl Maria von Weber, Euryanthe
★★★★☆
Vienna, Theater an der Wien, 12 dicembre 2018
(video streaming)
Il baritono messo a nudo
Il demoniaco non è presente solo nel Freischütz, anche in Eurianthe Carl Maria von Weber affronta il tema nel personaggio di Lysiart nel primo quadro del secondo atto. La scena “Giardino del castello. Cielo tempestoso. Notte” echeggia alla lontana quella della gola del lupo della novella di Kind e anche qui c’è un giuramento, altrettanto terribile: «Potenze vendicatrici, io mi consacro a voi, che mi chiamate a un nero misfatto! Il seme del Male si è sparso, il germe della maledizione sboccerà!».
Secondo tradizione, del quartetto di voci il più malvagio è il baritono, seguito dal mezzosoprano. Assieme essi complottano contro l’amore del soprano e del tenore. Il problema infatti è che il baritono ama il soprano e il mezzosoprano il tenore, le persone sbagliate insomma. Da qui il dramma. In Eurianthe Lysiart è il baritono, Eglantine il mezzo soprano e assieme formano la coppia diabolica, Adolar ed Euryanthe sono invece la coppia di innamorati infelici. Nella lettura di Christof Loy c’è poi la coppia del re e della duchessa di Borgogna, qui personaggio muto e infine la coppia di Udo ed Emma, questi nell’aldilà.
Ogni regista ha un suo caratteristico approccio e di Christof Loy sappiamo che ogni suo allestimento prende la piega di un dramma psicologico. La “große romantische Oper” del Theater an der Wien non fa eccezione con la drammaturgia di Klaus Bertisch e la scenografia di Johannes Leiacker: un’alto soffitto con lucernario, quattro grandi finestre a sinistra e un magnifico gioco, di luci di Reinhard Traub, che ricrea l’atmosfera dei diversi ambienti previsti dalla vicenda, qui ambientata in un’unica lunga stanza con un pianoforte, un letto, un alberino scheletrico in vaso. Tutto quanto sparisce nel quadro primo del terzo atto, “Notte di plenilunio. Rocce di aspetto sinistro, ricoperte da cespugli. Un ripido sentiero scende da un’altura. In primo piano una sorgente con attorno salici piangenti”. Non c’è nessuna concessione al decorativismo nella lettura di Loy, contano soltanto i sentimenti dei personaggi messi a nudo – e non solo metaforicamente: nel secondo atto Andrew Foster-Williams, l’interprete di Lysiart, mostra le sue non gloriose nudità per i dieci minuti buoni della scena prima, dal recitativo «Dove nascondermi? Dove ricuperare i miei spiriti?» all’aria che termina con «Se egli muore, il mio cuore sarà colmato, il mio cuore agitato dalla tempesta».
Non ci sono rocce, foreste, sorgenti qui e sarà la stessa Eglantine ad apparire al posto del serpente quando Adolar sta per uccidere Euryanthe – salvo poi uscire con Adolar stesso e lasciare il pubblico in dubbio su quanto possa succedere fuori scena mentre Euryanthe è lasciata sola a disperarsi.
Nella lettura di Loy non c’è ovviamente posto per il balletto, qui sostituito da una pantomima con Eglantine e Lysiart mentre la canzone di Berthe è cantata dal coro femminile ed è tagliata la scena del corteo nuziale, passando subito alla confessione di Eglantine. Assente è anche la scena del duello. I costumi di Judith Weihrauch suggeriscono gli anni ’60 del secolo scorso
Superba direzione quella di Constantin Trinks che restituisce tutti i colori di un’opera che prefigura il Wagner che verrà – siamo nel 1823, L’olandese volante è di vent’anni dopo, ma in Eurianthe, il penultimo lavoro di Weber che concluderà la sua carriera operistica nel 1826 con Oberon pochi mesi prima di morire a soli quarant’anni, ci sono già molti degli elementi che formeranno le opere di Wagner. Gli strumenti fuori scena danno spazialità e i vari stili musicali impiegati dal compositore sono perfettamente resi dalla Radio-Symphonieorchester Wien. Ottimo come sempre l’Arnold Schönberg Chor.
Di eccellenza il cast, a iniziare dalla Euryanthe di Jacquelyn Wagner che riesce a dare spessore a un personaggio idealizzato: vocalità sicura e timbro chiaro e nobile. In preda ad angosce segrete, indeciso e turbato dalla sensualità di Eglantine, Adolar trova in Norman Reinhart interprete scenicamente convincente e dalla voce luminosa. Il Lysiart di Andrew Foster-Williams Lysiart è vocalmente tutt’altro che raffinato con sbandamenti di intonazione e asprezze, ma il personaggio c’è tutto. Così per l’Eglantine di Theresa Kronthaler, dove i suoni duri sono coerenti con la doppiezza della figura combattuta interiormente. Come Re Luigi VI Stefan Cerny completa con pacata autorevolezza il quintetto di interpreti – i personaggi di Berthe e Rudolf qui sono soppressi.
Il Theater an der Wien conferma la sua lodevole vocazione a presentare titoli meno scontati in allestimenti di grande interesse: un prezioso contraltare alla polverosa programmazione della maggiore Staatsoper.
⸪