Herman Melville

Billy Budd

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Benjamin Britten, Billy Budd

★★★★☆

Genova, Teatro Carlo Felice, 23 aprile 2015

«Billy Budd, king of the birds!»

Come se emergesse dagli abissi marini, il vecchio Capitano Vere sale nel buio del palcoscenico a farci ancora una volta partecipi del suo senso di colpa risalente a tanti anni prima quando aveva fatto processare e impiccare il giovane Billy Budd, bello e bravo gabbiere arruolato a forza sulla Indomitable in quegli anni successivi alla Rivoluzione Francese di cui gl’inglesi temevano il contagio anche sulla loro isola. Gli ammutinamenti avvenuti su due navi militari avevano spinto gli ufficiali britannici a una dura repressione a bordo delle navi della corona.

In un’Inghilterra dilaniata dalla questione della pena di morte, il 1 dicembre 1951 debutta la quarta opera di Benjamin Britten. Nel 1960 il compositore rivede la partitura, elimina l’invettiva di Vere alla fine del primo atto, effettua qualche altro piccolo taglio e accorpa l’opera dagli originali quattro atti a due.

Ed è in questa seconda revisione che ritorna al Carlo Felice lo spettacolo di Davide Livermore visto a Torino nel 2004. Per l’opera tutta al maschile lo stesso scenografo di allora, Tiziano Santi, ha ideato un nuovo allestimento scenico che utilizza le strutture del teatro stesso per ricreare  la nave della vicenda di Melville con un budget irrisorio per una scenografia genialmente spoglia. Il mare non si vede, ma è presente nelle vele scure che scendono dall’alto, nel magnifico disegno di luci di Andrea Anfossi e Luciano Novelli, nel movimento incessante dei ponti mobili, nella foschia che inviluppa la nave nel momento tanto atteso e frustrato della battaglia. Cordami e un’amaca sono gli unici elementi in scena. I costumi dello stesso Livermore sono atemporali, di certo non del XVIII secolo, mentre gesti, sguardi, movimenti dei personaggi sono da lui sottilmente calibrati in questa che è tra le sue migliori regie.

Non memorabili, ma stilisticamente perfetti e coerenti con la lettura registica sono gli interpreti principali. Philip Addis è un baritono dalla voce chiara e sicura nella tessitura acuta del personaggio giovanile. Anche senza la prestanza fisica di altri interpreti nello stesso ruolo per i quali era facile provare qualche turbamento, il suo Billy è reso con partecipazione e sensibilità, dall’ingenuo entusiasmo iniziale alla repressa violenza alla rassegnazione finale. Nella parte più impegnativa c’è Alan Oke, un Capitano Vere vocalmente meno sicuro, ma che ha dalla sua grande musicalità ed eleganza di fraseggio, continuamente lumeggiato da colori diversi. Personaggio da espressionismo tedesco (la lunga palandrana e la crapa pelata ricordano il Nosferatu di Murnau) Claggart ha in Graeme Broadbent un interprete di inquietante malvagità, ma con momenti di ripiegamento su sé stesso fino al pianto, che rendono magnificamente il tormento di questo nero angelo corruttore di anime. Il mastro d’armi è sedotto dalla luminosità di Billy per un impossibile desiderio di redenzione, secondo il racconto di Melville, ma c’è anche una combattuta attrazione fisica, secondo Britten, e Livermore rende il rosso fazzoletto di Billy un oggetto di sopito feticismo per Claggart. Vocalmente aspro ma incisivo, Broadbent delinea con efficacia tutte le contraddizioni del personaggio. Molto ben affiatato il resto del cast. Bravi i due cori (oltre a quello residente è intervenuto quello del São Carlos di Lisbona) negli interventi quasi wagneriani (alla lontana c’è l’Olandese volante) e le voci bianche in cui però era presente qualche fanciulla! Impossibile in Italia avere le voci di giovani coristi così comuni in Gran Bretagna e che tanto incantavano il compositore.

Energico direttore, Andrea Battistoni ha dato buona prova padroneggiando la difficile partitura piena di contrasti (la battaglia, i momenti intensamente emotivi degli interludi, il lirismo da musical di certe pagine, le fanfare degli ottoni) con solo qualche imprecisione da parte degli orchestrali.

Fortunatamente il teatro all’ultima rappresentazione era finalmente pieno dopo una serie di repliche ben poco affollate.

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Billy Budd

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★★★★☆

Opera centrale della carriera di Britten

Su suggerimento dello scrittore E. M. Forster Britten nel 1951 affronta la scrittura di una nuova opera basandosi sulla novella di Melville Billy Budd, sailor (1889-1991) in cui si tratta della nave Indomitable durante gli ultimi anni delle guerre napoleoniche quando gli inglesi mobilitano tutte le loro forze contro la Francia e non potendo contare su un adeguato numero di uomini ne reclutano a forza prendendoli dalle dalle navi mercantili. Tra questi c’è il bellissimo Billy Budd che con la sua abilità e la sua allegria si conquista il favore di tutti a bordo con l’eccezione del maestro d’armi Claggart che, invidioso e segretamente affascinato dal giovane, lo accusa di ammutinamento. Incapace di difendersi a parole, Billy uccide sotto l’impulso della collera il suo accusatore e viene condannato a morte.

Prologo. Il vecchio Capitano Vere, ormai ritiratosi dall’attività, medita sugli eventi che lo avevano visto protagonista nel 1797, dubitando della giustizia delle proprie decisioni e chiedendosi se davvero bene e male siano, nella vita, separabili.
Atto primo. Ponte di coperta e cassero di poppa della nave di Sua Maestà Indomitable. Sotto i severi ordini degli ufficiali, i marinai puliscono, cantando, il ponte della nave; nel trambusto un giovane mozzo (il Novizio) urta il nostromo ed è duramente punito. Alla nave si avvicina una lancia di ronda, inviata verso una nave mercantile di passaggio, che conduce dei giovani marinai prelevati a forza dal mercantile per arruolarli e portarli a combattere nella guerra contro la Francia. Gli ufficiali lamentano che, con simili mezzi, raramente si trovano buoni elementi, ma ammettono che in tempo di guerra ci si deve accontentare di quel che si trova. I tre uomini scelti vengono condotti davanti al Maestro in armi John Claggart, che li interroga, trovando degno solo l’ultimo: il giovane Billy Budd, capace marinaio di bella presenza e pieno di buona volontà, entusiasta all’idea di arruolarsi, che viene assegnato alla coffa di trinchetto. Nel salutare i compagni della sua prima nave (dal significativo nome I diritti dell’uomo), Billy Budd suscita l’inquietudine degli ufficiali, che incitano l’equipaggio al lavoro affinché non ascolti le parole del giovane; prima ancora di iniziare la sua nuova vita, Billy viene etichettato come un pericolo potenziale. Claggart, rimasto solo, esprìme la propria frustrazione per dover stare in quella detestabile nave insieme a degli indegni ufficiali; egli quindi dà istruzioni a Squeak, un delatore, di controllare Budd e di non lasciarsi sfuggire nessuna occasione per provocarlo. Uscito Squeak, un gruppo di marinai trascina il Novizio in precedenza sottoposto alla punizione della frusta, che esprime la sua disperazione; sopraggiunge allora Billy, che gli manifesta solidarietà e unisce la propria voce a quella di altri tre compagni per commentare la sua terribile punizione. Ritorna quindi l’ufficiale Claggart, che inizia a trattare ruvidamente Billy: gli ordina di togliersi un fazzoletto annodato intorno al collo e quindi lo ammonisce in modo minaccioso. Uno dei tre compagni, il vecchio Dansker, avverte Billy di evitare il più possibile Claggart. Il coro dei marinai elogia il Capitano Vere; Billy, sentitene le lodi dei compagni, si entusiasma all’idea di servirlo. Cabina del Capitano Vere, una settimana più tardi. Dedicandosi alla lettura di Plutarco, il Capitano Vere riflette sulla somiglianza fra i problemi del presente e quelli dei tempi antichi. Giungono gli ufficiali, convocati per un brindisi, indirizzato al Re. Gli ufficiali deprecano la Francia e addebitano alle idee messe in circolo dalla rivoluzione gli ammutinamenti di recente verificatisi in alcune navi britanniche. Anche il Capitano teme i venti di sedizione, ma non si dichiara d’accordo con gli ufficiali quando questi identificano in Billy Budd un potenziale sovversivo presente a bordo. Sul ponte i marinai intonano un canto. Gli ufficiali prendono congedo e Vere riprende la sua lettura. Ponte d’ormeggio. Billy canta una canzone con alcuni compagni. Al coro non partecipa Dansker; Billy va in cerca d’un po’ di tabacco da offrire all’amico, per sollevargli il morale, ma scopre Squeak che sta rovistando fra le sue cose. Ne nasce una colluttazione, interrotta dal sopravvento di Claggart: Squeak (che protesta di aver solo cercato di obbedire agli ordini ricevuti dallo stesso Claggart) viene allontanato dall’ufficiale, che poi si rivolge a Billy con affabilità e cortesia. Rimasto solo, Claggart rivela che proprio la bellezza e la bontà di Billy eccitano il suo sadico desiderio di condurlo alla rovina. Egli quindi coinvolge in un suo piano il Novizio: pur essendo pronto a tutto pur di evitare altre frustate, quest’ultimo accetta di parteciparvi solo con riluttanza. Passato infine all’azione, il Novizio cerca di corrompere Billy affinché si unisca ad un gruppo di cospiratori che intendono fomentare un ammutinamento. Pur attratto dall’oro offertogli, Billy resiste alla tentazione. Di seguito egli confida a Dansker l’accaduto; l’amico continua ad ammonirlo invitandolo a guardarsi da Claggart, ma Billy minimizza e dichiara di non credere all’esistenza d’un sentimento malevolo dell’ufficiale nei propri confronti. Mentre Dansker insiste nei suoi avvertimenti, Billy esterna il suo entusiasmo all’idea di ottenere una promozione alla coffa mezzana.
Atto secondo. Ponte di coperta e cassero di poppa, alcuni giorni più tardi. La nave è immersa nella nebbia, il Capitano Vere e gli ufficiali sono sul ponte. Claggart riferisce a Vere del pericolo di un ammutinamento; nello stesso momento la nebbia si alza e appare una nave francese. Tutti si preparano velocemente all’assalto. Vere ordina di far fuoco con un cannone, ma il bersaglio è mancato: la nave francese è fuori portata, il vento è troppo leggero per poter sperare di avvicinarsi di più. Sconforto generale. Le nebbie si richiudono. Claggart avvicina nuovamente il Capitano e gli riferisce che Billy Budd avrebbe offerto dell’oro al Novizio per una sua associazione al gruppo dei cospiratori. Vere dichiara di non crederci, ma accetta di sottoporre Budd ad un interrogatorio in presenza dello stesso Claggart. Cabina del Capitano Vere. Riflettendo, molto agitato, Vere comprende la perfidia di Claggart e la bontà di Billy: il disegno di Claggart, egli confida, fallirà. Giunge Billy, ehe si aspetta l’agognata promozione ed esprime il desiderio di diventare sottufficiale, ma si accorge ben presto che non quello è l’oggetto della sua convocazione: davanti al Capitano Vere, Claggart lo accusa di ammutinamento. Vere invita Billy a difendersi, ma la sua unica reazione è un violentissimo pugno sferrato all’ufficiale, che stramazza al suolo privo di vita. Vere fa rinchiudere Billy e convoca gli ufficiali; rimasto solo lamenta la propria mancanza di avvedutezza per non aver saputo prevedere l’imminente catastrofe. Gli ufficiali, riuniti a collegio, interrogano Billy: egli non sa spiegare per qual motivo Claggart lo avrebbe ingiustamente accusato. Il Capitano, da parte sua, rifiuta di fornire una spiegazione. Billy è ricondotto nella sua cella e gli ufficiali risolvono per la condanna capitale. Vere, lasciato solo, dapprima sembra condividere la sentenza; ma poi la sua sicurezza vacilla profondamente. Quindi entra nella cabina ov’è rinchiuso Billy per comunicargli la sentenza. Angolo del ponte approntato per l’esecuzione, poco prima dell’alba. Billy contempla con calma la propria morte imminente. Dansker gli porta delle vivande, insieme alla notìzia che l’intera nave è pronta all’ammutinamento per scongiurare la sua esecuzione. Billy dice a Dansker di fermare i compagni: ciò che sta per accadere è fatale, cosi come lo sono stati la morte di Claggart e la passività di Vere. La sciato solo, Billy canta in un addio la propria accettazione del destino. Ponte di coperta e cassero di poppa, alba. Si dà inizio al rituale dell’esecuzione: Billy viene condotto sul ponte e un ufficiale legge la sentenza di morte. Billy rivolge il suo estremo saluto e benedice il Capitano Vere. Al momento dell’esecuzione scoppia una rivolta; il Capitano resta immobile, il tumulto è sedato dagli ufficiali.
Epilogo. Il vecchio Capitano Vere ricorda come, dopo l’esecuzione di Billy Budd e la sua sepoltura in mare, la nave abbia tolto gli ormeggi e sia salpata. Riconosce che avrebbe potuto salvare Billy, ma non prova a spiegarsi perché mai non l’abbia fatto; riconosce, invece, che è stato Billy a salvare lui.

Per la stesura del testo Forster si fa affiancare dal più esperto Crozier, che aveva già fornito il libretto dell’Albert Herring. L’opera, inizialmente in quattro atti, verrà poi riadattata da Britten nel 1960 in due atti con un prologo e un epilogo in cui il capitano Vere da vecchio ripensa alla vicenda che viene rievocata come un lungo flash back. Il capitano è il personaggio più complesso, un aristocratico che legge Plutarco, che fa riferimenti mitologici che gli ufficiali non capiscono ed è ossessionato dall’idea dell’ammutinamento del suo equipaggio, che invece lo adora. E sarà Vere a decretare la condanna di Budd, portandosene dietro il rimorso anche se il giovane nel momento della morte lo assolverà offrendosi come mansueta vittima sacrificale.

Claggart nel racconto di Melville è ancora più scellerato di quanto lo sia nel libretto di Forster e Crozier. Qui è più evidente l’ambiguità che lega l’accusatore all’accusato: non potendolo “avere”, Clagg distrugge l’oggetto del suo desiderio. La distruzione dell’innocenza dopo Peter Grimes ritornerà nel successivo Giro di vite, mentre l’ossessione della bellezza sarà il tema dominante dell’ultima opera di Britten, Morte a Venezia.

In questo lavoro il compositore inglese raggiunge l’apice del suo magistero compositivo. Basti a dimostrarlo l’abilità con cui la sua partitura dipinge il travolgente crescendo pieno di adrenalina della preparazione alla battaglia navale che, dopo un unico colpo di cannone che manca di mezzo miglio la nave nemica, abortisce a causa della nebbia. L’eccitazione che aveva allontanato le tensioni a bordo lascia nuovamente posto alla delusione e ai sentimenti di frustrazione tra l’equipaggio.

Per la prima volta l’opera di Britten arriva a Glyndebourne nel 2010 con un importante allestimento che segna il debutto nella regia d’opera di Michael Grandage che porta qui sulla scena lirica la sua esperienza nel teatro di prosa. La splendida scenografia di Christopher Oram riprende la linea curva della sala dell’opera di Glyndebourne in una continuità di spazio che fa sentire il pubblico “a bordo” dell’Indomitable. Non c’è mare in questo allestimento, l’interno della nave trasmette anzi un senso claustrofobico che evidenzia le tensioni tra i personaggi. Bellissime le luci di Paule Constable, essenziali in questo ambiente che esclude l’esterno.

Mark Elder dirige con grande partecipazione la London Philarmonic e il Glyndebourne Chorus. Il giovane baritono sudafricano Jacques Imbrailo, che copre qui il ruolo che Terence Stamp aveva nel film del 1962 di Peter Ustinov, imprime con questo personaggio un forte impulso alla sua carriera. Nel ruolo del tormentato capitano Vere c’è il bravissimo John Mark Ainsley, ma ottimi sono anche gli altri interpreti di un cast tutto maschile.

Due dischi con extra interessanti. Mancano i sottotitoli in italiano.

  • Billy Budd, Battistoni/Livermore, Genova, 23 aprile 2015

Moby-Dick

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★★★★☆

Spettacolare messa in scena del romanzo di Melville

A quanto mi risulta stranamente nessuna opera in musica è stata mai tratta dall’epica narrazione di Melville. Questa, presentata a Dallas nel 2010, è quindi la prima versione musicale ed è la quinta opera del compositore Jake Heggie nato in Florida nel ’61.

Atto I. Scene 1-4. Giorno uno: La baleniera Pequod è in mare da una settimana. Il Capitano Achab è solo sul ponte prima dell’alba. Sottocoperta la maggior parte dell’equipaggio sta dormendo. Il ramponiere Queequeg prega e sveglia Greenhorn (l’Ismaele del romanzo, ribattezzato per l’opera), che è un solitario e un esordiente nella caccia alle balene. L’alba sorge e la chiamata è fatta per “tutto l’equipaggio!” L’equipaggio alza le vele della nave. Starbuck, Stubb e Flask parlano di Achab, che nessuno ha visto da quando il Pequod ha lasciato Nantucket. Dopo che l’equipaggio ha cantato di balene, ricchezza e casa, il capitano Achab appare all’improvviso. Racconta loro di Moby Dick, la balena bianca che gli ha staccato una gamba. Quindi inchioda un doblone d’oro all’albero maestro e lo promette all’uomo che per primo avvista Moby Dick. Achab spiega che la vera ragione del viaggio è trovare e distruggere questa balena, e grida «Morte a Moby Dick!». L’equipaggio è entusiasta di questo grido, a eccezione del primo ufficiale, Starbuck. Starbuck si confronta con Achab su cosa sia questa missione, considerandola futile e blasfema. Starbuck mette in guardia Greenhorn sui pericoli della caccia alle balene. Starbuck pensa che non rivedrà mai più sua moglie e suo figlio. Successivamente, sopraffatto dall’emozione, ordina a Queequeg di completare la lezione. Stubb avvista un branco di balene, ma Achab proibisce all’equipaggio di cacciarle, dal momento che Moby Dick non è stato ancora avvistata. Starbuck ordina all’equipaggio di salpare e manda Greenhorn alla vedetta in testa d’albero. Queequeg poi si unisce a Greenhorn. Al tramonto Achab guarda la scia della nave e riflette che la sua ossessione lo priva di ogni godimento della bellezza, lasciandolo solo con l’angoscia. Queequeg e Greenhorn rimangono in testa d’albero. Sul ponte Starbuck si lamenta dell’ossessione di Achab. Scene 5-7. Secondo giorno: tre mesi dopo. Sono passati tre mesi senza una sola caccia alle balene per l’equipaggio del Pequod. Stubb scherza con il giovane mozzo nero Pip sugli squali che circondano la nave. L’intero equipaggio si impegna in una danza. Tuttavia le crescenti tensioni emergono e portano a una pericolosa lotta razziale. Greenhorn vede improvvisamente un nuovo branco di balene. Starbuck finalmente convince Achab a lasciare che gli uomini cacciano. Starbuck e Stubb arpionano le balene, ma la barca di Flask si capovolge e Pip si perde in mare. A bordo del Pequod l’equipaggio macella un’enorme balena e versa l’olio nelle fornaci accese. Flask dice ad Ahab della ricerca di Pip, ma Achab pensa solo a trovare Moby Dick. L’equipaggio immagina Pip perso e in difficoltà. Flask dice a Starbuck che molti barili di petrolio stanno perdendo. Starbuck va sottocoperta per dire ad Achab che devono trovare un porto per le riparazioni. Achab, preoccupato solo per Moby Dick, ascolta impassibile il rapporto di Starbuck. Starbuck si rifiuta di andarsene. Achab afferra un moschetto e ordina a Starbuck di inginocchiarsi. Greenhorn grida che Pip è stato avvistato. Achab ordina a Starbuck di andarsene. Sul ponte l’equipaggio sente da Greenhorn come Queequeg ha salvato Pip. Gli uomini tornano al lavoro. Greenhorn chiede a Starbuck di aiutare Pip, che è sconvolto. Starbuck ignora le suppliche. Vedendo la realtà della vita in mare, Greenhorn decide di fare amicizia con Queequeg. Starbuck torna alla cabina di Achab e lo trova addormentato. Prende il moschetto di Achab e prende in considerazione l’uccisione di Achab, pensando che farlo potrebbe permettergli di rivedere sua moglie e suo figlio. Achab grida nel sonno. Starbuck rimette a posto il moschetto e lascia la cabina.
Atto II. Scene 1-3: Giorno tre: un anno dopo. Mentre si avvicina una grande tempesta, Stubb, Flask e l’equipaggio intonano un simpatico canto di lavoro. Nella testa d’albero, Greenhorn e Queequeg parlano di viaggiare insieme verso la sua isola natale. Greenhorn vuole imparare la lingua di Queequeg e scrivere le loro avventure. Queequeg crolla improvvisamente e l’equipaggio lo porta sottocoperta. Achab dice che prenderà lui stesso il controllo della testa d’albero, perché vuole vedere Moby Dick per primo. Sottocoperta, Queequeg dice a Greenhorn che sta morendo e chiede che gli venga costruita una bara. Pip inizia a cantare un lamento, al quale si unisce Greenhorn. La tempesta ora circonda il Pequod. Achab canta con aria di sfida, mentre i fulmini inghiottono la nave e gli alberi risplendono dei fuochi di Sant’Elmo. Achab chiede che gli uomini mantengano i loro posti, affermando che la fiamma bianca è un segno dal cielo per guidarli verso Moby Dick. Questo rincuora di nuovo l’equipaggio, con sgomento di Starbuck. Scene 4-7. Giorno quattro: la mattina dopo Il Pequod ha superato la tempesta. Da lontano, Gardiner, capitano della Rachel, un’altra baleniera, implora aiuto per cercare suo figlio di 12 anni che si è perso nella tempesta. Achab rifiuta. Pip risponde a Gardiner del ragazzo perduto di del Pequod, poi si ferisce. I vestiti di Achab sono macchiati del sangue di Pip. Achab ordina alla nave di salpare, lasciando indietro Gardiner. Achab riflette sul Dio senza cuore che devasta così tante vite e battezza il suo nuovo arpione con il sangue di Pip. Sottocoperta, Greenhorn vede la nuova bara di Queequeg e contempla lo stato della nave e dell’equipaggio. Sul ponte Achab e Starbuck guardano l’orizzonte. Achab descrive i suoi quarant’anni in mare e tutto ciò che ha lasciato, e si chiede a quale scopo, una domanda cui non può rispondere. Vede negli occhi di Starbuck la dignità umana, che lo tocca. Cogliendo l’attimo, Starbuck tenta di persuadere Achab che la nave dovrebbe tornare a Nantucket e l’equipaggio tornare dalle loro famiglie. Achab sembra sul punto di cedere, ma poi vede Moby Dick all’orizzonte. Nell’eccitazione che ne segue, le barche baleniere vengono ammarate. Achab guarda di nuovo negli occhi Starbuck e gli ordina di rimanere a bordo. L’equipaggio conferma la sua lealtà ad Achab. Durante l’inseguimento, Moby Dick distrugge due baleniere in successione, affogando i loro equipaggi. La balena poi sperona il Pequod, che affonda. La balena attacca poi la barca baleniera di Achab. Tutti tranne Achab saltano o cadono. Finalmente solo con la balena bianca, Achab grida e pugnala Moby Dick, prima di venire trascinato in mare.
Epilogo: Molti giorni dopo. Greenhorn galleggia sulla bara di Queequeg, a malapena vivo, cantando la preghiera di Queequeg. Gardiner chiama, pensando di aver ritrovato il figlio scomparso. Invece si rende conto che Achab e tutti, tranne uno dell’equipaggio del Pequod sono annegati. Gardiner chiede a Greenhorn il suo nome. Greenhorn risponde: “Chiamami Ismaele”.

L’ambiente marino e i personaggi tutti maschili potrebbero richiamare certi lavori di Britten, e in effetti i cori e la vocalità del capitano Ahab, una parte da tenore che avrebbe potuto coprire Peter Pears, ricordano il compositore inglese, ma gli slanci melodici del canto e l’orchestrazione lussureggiante si avvicinano maggiormente allo stile da musical o alla canzone americana per cui l’opera oscilla stranamente tra Billy Budd e South Pacific.

Il libretto di Gene Scheer è fedele allo spirito del romanzo e fa svolgere tutta la vicenda a bordo della nave “Pequod” da dopo che è salpata da Nantucket fino al suo inabissamento in seguito alla folle caccia al mitico leviatano bianco. Momenti clou dello spettacolo sono i contrasti fra il capitano e il primo ufficiale e la caccia finale, ma non mancano momenti di tenerezza soprattutto quando in scena sono il polinesiano Queequeg e il piccolo Pip, qui soprano en travesti. L’opera finisce con quel «Call me Ishmael» (Chiamatemi Ismaele) che è la prima frase del romanzo di Melville.

Per il suo allestimento il regista Leonard Foglia fa un uso primario di videografica per gli elementi naturali e di proiezioni laser con cui disegnare la baleniera e le scialuppe. L’effetto è sorprendente e si inserisce a meraviglia sulla musica.

La ricca e piacevole partitura è portata brillantemente alla luce dal direttore dell’orchestra dell’opera di San Francisco (dove è avvenuta la ripresa dell’opera) Patrick Summers. Come si è detto Ahab è un tenore e il suo canto declamato è sostenuto da Jay Hunter Morris, il Sigfrido nell’ultimo Ring al Metropolitan di New York. Personaggio antagonista di Ahab, come nel libro, è il primo ufficiale Starbuck, un autorevole e convincente Morgan Smith. Il novizio Ishmael è un particolarmente toccante Stephen Costello.

142 minuti di musica su due tracce audio, sottotitoli e interviste agli interpreti e al compositore.