Stefano Benedetto Pallavicino

Ottone

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Georg Friedrich Händel, Ottone, re di Germania

Mosca, 21 giugno 2018

(video streaming dell’esecuzione in forma di concerto)

Enorme successo il 12 gennaio 1723 a Haymarket per la prima opera della stagione del King’s Theatre. Sono in scena i più celebrati cantanti del momento a Londra – il Senesino, il Boschi, il Berenstadt, la Durastanti, la Cuzzoni e la Robinson – in Ottone, re di Germania di Georg Friedrich Händel su libretto di Nicola Francesco Haym adattato dalla Teofane di Stefano Benedetto Pallavicino musicata da Antonio Lotti, che Händel aveva visto a Dresda nel 1719.

John Gay in una lettera a Jonathan Swift deplorava che tale era la mania per l’opera italiana creata da Ottone che a Londra nessuno era interessato a qualsiasi altra forma d’arte o di letteratura: «Per quanto riguarda i divertimenti in voga in città c’è solo la musica […] A nessuno è permesso dire “Io canto”, tranne che a un castrato o a una donna italiana. Tutti sono diventati esperti di musica, così come lo erano, nel vostro tempo, di poesia. Chi non riusciva a distinguere un brano da un altro, ora sentenzia sui diversi stili di Händel, di Bononcini, di Attilio [Ariosti]. La gente […] ha perso il senso del limite, perché a Londra e a Westminster in tutte le conversazioni ammodo, Senesino è quotidianamente proposto come il più grande uomo che sia mai vissuto». Nel 1728 Gay si sarebbe vendicato mettendo in scena la sua Beggar’s Opera in cui prendeva in giro l’opera italiana.

Alla base del fantasioso testo di Ottone ci sono gli eventi della vita di Adalberto d’Italia (re dal 950 al 962), della madre Willa di Toscana (nell’opera Gismonda, vedova di Berengario), di Ottone e della principessa Teofane. Il loro matrimonio era destinato a creare un’alleanza tra il Sacro Romano Impero e l’Impero Bizantino. Nel libretto abbiamo anche altri personaggi: Emireno, in realtà Basilio, fratello di Teofane, esiliato da un usurpatore e diventato pirata; Adelberto, figlio di Gismonda; Matilda, cugina di Ottone e promessa sposa ad Adelberto.

Atto I. Il sogno di Gismonda è quello di vedere suo figlio Adelberto sedere sul trono d’Italia. Quando arriva Adelberto lei gli parla del suo piano per fare in modo che il suo sogno si possa avverare. Il suo defunto marito aveva governato l’Italia illegalmente dato che il paese era in realtà un possedimento del re tedesco Ottone, che ora sta per recuperare il suo territorio e sposare Teofane, figlia dell’imperatore bizantino. Teofane è già a Roma e le è stato inviato un ritratto del suo futuro sposo, cosa che la spinge a pensare con gioia al suo matrimonio. Ma Ottone è stato ritardato nel suo viaggio a Roma da un attacco al suo convoglio di navi da parte dei pirati che lo ha costretto a una battaglia in mare. Gismonda suggerisce al figlio di presentarsi a Teofane come suo sposo e poi sposarla fingendo di essere Ottone. Adelberto pensa che questo sia un ottimo piano e Gismonda anticipa con gioia il successo. Teofane arriva, convinta di incontrare il futuro marito Ottone e quando Adelberto la saluta, fingendo di essere Ottone lei, osservandolo bene, non riesce a capire perché non le sembri affatto il giovane uomo bello e nobile che lei aveva immaginato dal ritratto in miniatura che le era stato inviato e che porta con sé in un medaglione. Rimasta sola, accusa il ritratto di averla ingannata crudelmente. Il vero Ottone è intanto arrivato a reclamare il suo regno e la sua sposa legittima dopo aver  sconfitto il pirata Emireno, che viene portato davanti a lui in catene. Emireno si rifiuta di rivelare la sua vera identità e viene portato via. Ottone è ora accolto dalla cugina, principessa Matilda, infuriata perché lei è ufficialmente fidanzata con Adelberto e ora egli vorrebbe invece sposare Teofane. Matilda informa Ottone che Gismonda e Adelberto stanno tramando contro di lui. Ottone si augura che Teofane, nonostante questo, possa ancora essere sua. Matilda, da sola, brama vendetta contro Adelberto per averla abbandonata. Dal momento che il figlio Adelberto sta ora fingendo di essere Ottone, Gismonda si comporta come fosse la madre di Ottone, Adelaide, in un incontro con Teofane e suggerisce altezzosamente a Teofane di donare al figlio il suo cuore, così come la sua mano. Arriva Adelberto per condurre Teofane al matrimonio, ma sua madre riappare con la notizia che Ottone sta giungendo con un esercito invasore, porge una spada al figlio e lo incita ad andare in battaglia. Rimasta sola Teofane ora si rende conto che Adelberto finge soltanto di essere Ottone e si lamenta per la posizione in cui si ritrova. Mentre viene suonata una sinfonia, sul palcoscenico si svolge una battaglia che mostra la sconfitta dell’esercito di Adelberto e la sua cattura da parte delle forze di Ottone. Adelberto è portato via in catene. Ottone ha ancora speranza di ottenere Teofane e il regno e governare in pace, portando giustizia a tutti.
Atto II. Sulla strada per la prigione, Adelberto incontra Matilde che gli dice che non avrebbe mai dovuto essere fidanzato con lei se amava Teofane. Ad essi si unisce Gismonda, che rimprovera il figlio per essere stato sconfitto in battaglia da Ottone. Adelberto spera che lei imparerà la fedeltà dall’esempio di Matilda ed è condotto via. Matilde e Gismonda sono entrambe sconvolte dalla sconfitta e dalla prigionia di Adelberto. Matilda pensa che dovrebbero chiedere pietà ad Ottone, ma Gismonda preferirebbe che lei e suo figlio fossero messi a morte piuttosto che abbassarsi a questo. Matilda dice che non permetterà che ciò accada, Adelberto deve essere liberato. Quando sono soli, Gismonda ammette con sé stessa che anche lei sente pietà per il figlio e anela a consolarlo nella sua angoscia. Teofane e Ottone stanno per incontrarsi di persona per la prima volta ed entrambi sono ansiosi per questo, ma Matilda appare all’improvviso e si getta ai piedi di Ottone, implorando pietà per Adelberto. Teofane si ritira in una nicchia e osserva mentre Ottone rifiuta di perdonare Adelberto, ma abbraccia Matilda nel tentativo di consolarla. Teofane interpreta questo gesto come un segno che Ottone è innamorato di Matilda. Tuttavia l’abbraccio non riesce a tranquillizzare Matilda che  tuona contro Ottone per il suo rifiuto di mostrare clemenza verso Adelberto, chiamando mostri e furie per punirlo. Quando Teofane e Ottone finalmente si incontrano, lei lo accusa di fingere di non essere innamorato di un’altra e, una volta solo, Ottone prega che questa tempesta si plachi. Teofane cammina tristemente in giardino, sentendosi completamente sola. Emireno e Adelberto emergono da un tunnel. Sono scappati dalla prigione con l’aiuto di una mappa inviata loro da Matilde. Emireno non vede l’ora di essere libero e di sconfiggere i nemici che gli hanno fatto del male. Emireno va a cercare la barca che Matilda gli ha detto che sarà ad attenderlo. Mentre Matilda cerca il tunnel, Ottone cerca Teofane. Adelberto e Teofane si nascondono, mentre Matilda porta via Ottone, dicendogli che non è sicuro per lui andare in giro di notte da solo. Ottone è più preoccupato per Teofane che per sé stesso. Emireno ha trovato la barca e ritorna e Adelberto afferra Teofane che sviene mentre la porta in barca e si allontana a remi insieme a Emireno e alcuni dei loro uomini. Gismonda si unisce a Matilda in giardino gioendo della notte che ha visto il successo del loro piano per liberare Adelberto.
Atto III. Ottone è distrutto perché Teofane è svanita. Gismonda viene verso di lui e gongola perché suo figlio è riuscito a fuggire. Ottone si sente tradito e abbandonato da tutti. In un bosco con vista sul Tevere appaiono  Adelberto, Emireno e Teofane. La loro fuga è stata bloccata da un temporale scoppiato all’improvviso. Adelberto spera che le cose vadano per il meglio e se ne va a cercare una dimora dove possano rifugiarsi dalla tempesta. Da solo con Emireno, Teofane esige il rispetto come figlia di Romano, Re di Bisanzio. Emireno tenta di abbracciarla mentre Adelberto torna proprio in quell’istante fraintendendo il gesto come un tentativo di seduzione. Adelberto attacca Emireno ma le guardie lo fermano. Teofane è sconvolta e chiede alle guardie di ucciderla, la morte sarà un sollievo. Emireno le dice che non ha alcun motivo di avere paura. Teofane immagina Ottone tra le braccia di Matilda, ma anche così, lei giura che lo amerà sempre. In una stanza del palazzo Matilda dice a Ottone che Adelberto ha rapito Teofane. Gismonda è trionfante per le azioni di suo figlio, ma Matilda le dice che cambierà tono quando vedrà la testa di suo figlio staccata dal collo. Gismonda risponde rivelando ad Ottone che è a causa di Matilda se Adelberto è riuscito a fuggire. Matilda ammette che questo è vero, ma è dispiaciuta di avere aiutato Adelberto e ora vorrebbe ucciderlo lei stessa. Emireno arriva con Adelberto in catene. Ottone ordina che Adelberto sia giustiziato, ma Matilda esige il diritto di eseguire lei stessa l’esecuzione, ma non riesce a farlo, rendendosi conto che lo ama ancora. Gismonda afferra il coltello da Matilda e sta per suicidarsi, quando Teofane si precipita in scena e lei e Ottone si riuniscono con gioia. Teofane spiega che ora sa che Emireno in realtà è suo fratello. Gismonda e Adelberto chiedono e ricevono il perdono di Ottone e gli promettono la loro lealtà e Matilda accetta l’offerta di Adalberto di sposarla. Tutti festeggiano la fortuna che ha cambiato favorevolmente il corso degli eventi.

Nel giudizio di Donald Burrows «in generale le arie di Ottone sono meno incisive del solito dal punto di vista drammatico, anche se compensano con la bellezza espressiva e molte sono diventate pezzi da concerto, “national favourites”». L’opera inizia con una ouverture alla francese in tre sezioni il cui ultimo movimento è una gavotta diventata estremamente popolare in Inghilterra. L’aria per il Senesino nel ruolo di Ottone, «Ritorna, o dolce amore», una siciliana in 12/8, viene elogiata dal musicologo Paul Henry Lang come «squisitamente elaborata […] una delle sue melodie più accattivanti». I ruoli delle tre cantanti sono caratterizzati da Händel con una musica completamente diversa. Quella di Teofane è pura e fluida; la sua aria di sortita, «Falsa immagine, m’ingannasti» col violoncello obbligato, è una delle più grandi arie di Händel e anche per lei c’è un’affascinante siciliana, «Affanni del pensier». La musica per Matilda, come il suo umore, oscilla selvaggiamente nel corso dell’azione tra l’odio, l’angoscia e l’amore, ed è completamente diversa nel carattere dalla musica dolce e verginale di Teofane. Anche l’intrigante Gismonda è caratterizzata da una musica che mette in evidenza i due lati della sua natura: la spietata ambizione, come nell’aria «La Speranza è giunta in porto», e il devoto amore filiale, come ad esempio nella bellissima «Vieni, o figlio».

Per l’esecuzione in forma di concerto alla Società Filarmonica di Mosca vengono impiegate voci esperte in questo repertorio come quelle di Anna Bonitatibus (Gismonda, mezzosoprano), Romina Basso (Matilda, mezzosoprano), Yuriy Mynenko (Adelberto, controtenore), Marianne Beate Kielland (Ottone, in originale contralto castrato, qui mezzosoprano), Joanne Lunn (Teofane, soprano) e Alexander Miminoshvili (Emireno, basso-baritono). Tutti ottimi a parte la pronuncia (gelloso invece di geloso, nanzial/nunzial, suoli/suole ecc.). Per questo motivo si distaccano le due cantanti italiane: dizione perfetta che permette recitativi scolpiti nella parola, ma anche espressività, magistrale uso del vibrato, dei trilli e delle mezze voci. Molto godibile il loro duetto che conclude il secondo atto. Notevole qui anche il circasso Miminoshvili, già sentito nell’Erismena di Aix-en-Provence.

Alla guida dell’Orchestra da camera di Mosca, Christopher Moulds, che realizza al clavicembalo gli accompagnamenti, dirige con tempi appropriatamente vivaci e leggeri e con un buon equilibrio degli strumenti previsti da Handel – flauto dolce, due oboi, due fagotti (qui uno solo), archi e continuo (violoncello, tiorba e clavicembalo).

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