Teatro Stabile Torino

Resurrexit Cassandra

Jan Fabre, Resurrexit Cassandra

Torino, Teatro Astra, 28 giugno 2021

Nessuno ascolta Cassandra

Living installation, real-time performance: difficile definire lo spettacolo ideato da quel multiforme artista che è il belga Jan Fabre, di cui si ricorda a teatro il suo Mount Olympus. To glorify the cult of tragedy, spettacolo monstre di 24 ore del 2015.

Su un testo di Ruggero Cappuccio, Jan Fabre qui è l’ideatore, regista e scenografo di un assolo di un’attrice, Cassandra: raccolte le membra sparse nelle sabbie del mondo, la profetessa che aveva avuto il dono di conoscere il futuro ma la disgrazia di non essere ascoltata, risorge per mettere in guardia sui pericoli cui sta andando incontro l’umanità ancora una volta, forse l’ultima: se va male non ci saranno più i rossi di Caravaggio, le note di Stravinskij, un rigo di Virgilio, il sogno di Dante.

Scandito in cinque tempi e cinque vestiti di diverso colore, nella sua performance solitaria la sciamana ci grida le ferite che stiamo facendo subire alla natura, che si vendicherà. La sua lasciva danza di morte è scandita dal frastuono delle motoseghe che disboscano le foreste, dal crepitio dei ghiacciai che si sciolgono, della furia degli elementi scatenati dal riscaldamento globale e quasi si sente il fetore del continente galleggiante di rifiuti di plastica nel mezzo dell’Oceano Pacifico che abbiamo creato. Gli interludi musicali sono affidati alle canzoni di Paul McCartney, mentre implacabile è il ticchettio del tempo che passa.

Figura che riempie la scena e interpretazione magistrale per colori e intensità espressiva quella di Sonia Bergamasco che dà voce alla Natura ferita incarnata dalla profetessa troiana.

Dopo Napoli e Pompei, una breve tappa a Torino: solo tre sere. Imperdonabile perdersi lo spettacolo.

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Le sedie

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Eugène Ionesco, Le sedie (Les chaises)

regia di Valerio Binasco

Moncalieri, Fonderie Limone, 7 maggio 2021

Sedie vuote

Théâtre de dérision intitola Emmanuel Jacquart un suo recente saggio, un termine già introdotto a suo tempo da Fedele D’Amico che non amava quello di “teatro dell’assurdo” troppo frettolosamente affibbiato al teatro di Ionesco, Beckett e Adamov.

E neppure lo ama Valerio Binasco, che porta in scena Le sedie di Eugène Ionesco alle Fonderie Limone per il Teatro Stabile. Il regista ne propone una nuova lettura, quella di “teatro dell’amore”: «a ben vedere l’amore è un sentimento ben più assurdo dell’odio. Voglio che i personaggi sembrino persone strette nella morsa di relazioni assurde, piuttosto che assurde marionette strette nella morsa della plausibilità».

Con questo classico del teatro novecentesco, assieme al pirandelliano Il piacere dell’onestà al Teatro Carignano, il teatro Stabile di Torino riapre le sue porte al pubblico dopo la chiusura per pandemia. Approfonditi resoconti su questi due  spettacoli si possono leggere qui.

Così è (se vi pare)

La locandina dello spettacolo

Luigi Pirandello, Così è (se vi pare)

regia di Filippo Dini

Torino, Teatro Carignano, 30 dicembre 2020

La verità inconoscibile

I temi della pazzia, vera o presunta, e della distinzione tra verità e finzione trovano la massima espressione in Luigi Pirandello, massime in questo titolo del 1917, tra i più emblematici del suo teatro.

Debuttato con successo due stagioni fa, lo spettacolo doveva essere riproposto in questi giorni al Teatro Carignano, ma la pandemia ne ha impedito l’esecuzione davanti al pubblico e quindi, come è successo e sta succedendo con il teatro musicale e i concerti, la performance viene registrata nella sala vuota e trasmessa in streaming sul sito dello Stabile Torinese. Lo spettacolo aveva ottenuto il Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2019 per la miglior regia e le migliori luci ed è stato il primo Pirandello in lingua italiana portato in scena (con enorme successo) in Cina.

L’enigmatica vicenda viene trasformata dal regista Filippo Dini, che riserva per sé la parte dell’ironico e scettico Lamberto Laudisi, in un thriller grottesco, in un violento gioco al massacro ambientato in un interno claustrofobico che richiama Buñuel.

«In un capoluogo di provincia. Oggi.» recita la prima didascalia.  Dei borghesucci gretti e pettegoli sono morbosamente curiosi della schiva famiglia appena giunta in paese scampata a uno dei tanti terremoti della nostra terra: il signor Ponza, sua moglie, forse defunta forse no, e l’anziana signora Frola, sua suocera. La versione del genero è in contrasto con quella della suocera, ma prese ognuna per sé sono entrambe plausibili. Nulla è certo, tutti si contraddicono, o chissà, tutto ha una sua logica. Chi è sano? Chi ha ragione? Chi finge? Non è dato sapere. La verità è sfuggente e non si può conoscere se non nella sua natura, ricorda Pirandello, «tragicamente soggettiva»:
Il Prefetto – Ah, no, per sé, lei, signora: sarà l’una o l’altra!
Signora Ponza – Nossignori. Per me, io sono colei che mi si crede.
Laudisi – Ed ecco, o signori, come parla la verità. Siete contenti? Ah! ah! ah! ah!
Tela.

«L’ambientazione, anni ’20 e ’30, deve essere impeccabile. In scena mobili e tappezzerie art déco. Qualche manichino per citare la pittura metafisica. Per altre possibili allusioni figurative si può ricorrere agli astrattisti del Milione, a Casorati, alle figurine Perugina. Come collocazione stilistica dei personaggi si consiglia, alle signore, di sedere in pizzo alle poltrone, di fumare solo con il bocchino, di tenere la borsetta sotto l’ascella o in grembo. Ai signori si addice un portamento rigido, tenere le mani nelle tasche della giacca o del panciotto, avere il colletto duro. Facoltativo il monocolo, ghette eventuali…». Così prescriveva con sarcastico umorismo Rita Cirio nel 1976 nel suo Dodici Cenerentole in cerca d’autore, «ossia tutto il teatro in dodici facili lezioni», a proposito della maniera con cui veniva allora messo in scena il teatro di Pirandello. Ora i suoi drammi sono sempre meno frequentati e anche la maniera è cambiata: nello spettacolo di Dini ci sono sì i doppi petti per gli uomini e gli abiti anni ’30 per le signore, nella scenografia ci sono porte e una fuga dipinta di stanze, ma la recitazione è molto più nervosa, i personaggi nevrotici e ansiosi, i gesti inconsulti. I veri pazzi qui sono i  piccoli borghesi inquisitori.

Oltre al suddetto Dini, Maria Paiato (Signora Frola), Andrea Di Casa (Signor Ponza), Benedetta Parisi (Signora Ponza), Nicola Pannelli (Consigliere Agazzi), Mariangela Granelli (Signora Amalia), Francesca Agostini (Dina), Ilaria Falini (Signora Sirelli), Carlo Orlando Sognor Sirelli), Orietta Notari (Signora Cini), Giampiero Rappa (Prefetto), Mauro Bernardi (Commissario Centuri) formano un cast affiatato.

Che alla fine gli attori vengano alla ribalta per salutare e ringraziare un pubblico che non c’è risulta  perfettamente in linea col lavoro che hanno rappresentato. Se non è finzione questa…