Wolfgang Amadeus Mozart

Don Giovanni

Wolfgang Amadeus Mozart, Don Giovanni

★★★★☆

Hamburg Film Festival, 8 ottobre 2010

Juan, il film

Kasper Holten nel 2010 è ancora direttore dell’Opera Danese e filma una versione molto particolare del capolavoro mozartiano. Quattro anni dopo, in veste di nuovo direttore della Royal Opera House londinese, nel suo teatro ne allestirà una produzione più convenzionale, ma qui, libero dalle convenzioni e dai limiti delle rappresentazioni di un teatro lirico, dà libero sfogo a una lettura personale e attuale della storia. La sua non è certo una versione per puristi e per comprendere il suo lavoro occorre liberarsi di parecchi preconcetti su Mozart, Da Ponte e la figura di Don Giovanni. Detto ciò, se si accetta l’operazione per quello che è, ossia un film a tutti gli effetti, si apprezza lo spettacolo offerto dal suo Juan.

Di Mozart c’è molto ma non tutto, ovviamente, poiché la durata è quella di un film, poco più di 90 minuti. Lingua e stile del libretto sono completamente diversi: «Every night is always same. | Him inside and me out here. | He gets pussy, I get blame | Him champagne and me warm beer. | It is me who should be famous. | Stupid fuck is taking piss» sono le prime parole di Leporello (qui Lep) nel suo “disinvolto” inglese.

Nella drammaturgia del testo, riscritto da Christopher Maltman e Henrik Engelbrecht, non c’è ovviamente traccia di soprannaturale (a parte un misterioso personaggio incappucciato che solo alla fine si scoprirà chi essere) e tutto è sviluppato su un piano meramente psicologico: alla fine il confronto di Juan non sarà col Commendatore, ma con sé stesso. Come non c’è traccia di nobiltà, cosa che non avrebbe alcun senso oggi: Juan è un artista di tendenza che vive in un magazzino abbandonato e si occupa di un non ben precisato progetto di catalogazione delle sue numerose conquiste filmate in alta definizione dal suo assistente russo Lep.

Il film inizia con un inseguimento automobilistico come ne abbiamo visti tanti nei film d’azione e il resto è un lungo flashback in cui Juan rivive gli accadimenti della giornata. Durante l’ouverture lo vediamo infatti a teatro (l’Opera di Budapest, città in cui è girato il film) assistere a una rappresentazione del Don Giovanni, questa sì molto tradizionale. Durante l’intervallo fa la conoscenza di Anna che è accompagnata dal fidanzato, amico di Juan, e dal padre, il capo della polizia. Lo scambio di sguardi fra i due ci fa capire che è scoccata la scintilla dell’infatuazione e infatti all’uscita la donna fa in modo di restare sola per incontrare lo sconosciuto, il tutto debitamente filmato di nascosto da Lep. Dopo l’incontro amoroso in casa di Anna lei vorrebbe trattenere Juan, mentre l’uomo non pensa che a liberarsene. L’arrivo del padre porta alla tragedia che conosciamo. Nell’ambulanza il fidanzato continua a professare il suo amore alla ragazza che però è troppo sconvolta per dargli retta. Ovviamente qui non c’è la prima aria di Don Ottavio – e non ci sarà neppure la seconda.

Fuggendo dal luogo del delitto Juan e Lep arrivano in una stazione deserta dove si imbattono in Elvira che è appena arrivata in città («Why can’t I just forget him? | He stole my hearts and dreams. | I can’t deny I love him! | My wounded heart still bleeds!»). Il dramma di Elvira, ci dice Holten negli extra del disco, è quello di amare Juan per quello che è, se lui cambiasse non sarebbe più la stessa cosa; mentre invece Juan continua a saltare da un letto all’altro come un drogato per dimenticare sé stesso e i demoni che ha dentro. Su questi due drammi personali si sviluppa in chiave post-moderna la vicenda che conosciamo. La solitudine è la maledizione e la punizione di Juan, concetto che Holten riprenderà nel suo allestimento di Don Giovanni alla Royal Opera House. Juan riesce ancora una volta a scappare da Elvira saltando su un vagone della metropolitana e alla donna disperata non resta che scoprire sul portatile il catalogo delle conquiste del suo amato: «He don’t care if they are pretty. | Country girl or are from city | common tart or high-class lady | almost dead or nearly baby, | waitress, model, student, pop star, | fat or skinny. It’s all same» le racconta con non malcelato sadismo Lep. Juan e Lep si incontrano per caso al party di due giovani fidanzati, Zerlina e Masetto e Juan invita tutti al ristorante, ma porta Zerlina nel suo loft («Give me your hand, it’s easy. | I need to feel your touch. | I have to have you with me. | Our lives could change so much.» dove però Elvira arriva a rovinare i suoi piani. Con una telefonata Anna gli dice che lei non ha parlato perché lo ama, ma alla fredda risposta di Juan la donna confessa il nome alla polizia: inizia la caccia all’assassino. Dopo un party nel suo loft (e tra gli ospiti spunta Plácido Domingo!) in cui tutti si rivoltano contro di lui, Juan riesce a scappare. Elvira si uccide affogando nel fiume e Anna confessa al fidanzato che non lo ama. Sotto una pioggia scrosciante Juan si trova davanti alla casa di Anna e al ritratto coperto di fiori del padre ammazzato. Nella sua mente sente le parole di vendetta del vecchio e lo invita a un party mentre Lep terrorizzato esegue la consegna. Nella fuga in macchina Juan muore nell’auto in fiamme.

Su una base musicale del Concerto Copenhagen diretto da Lars Ulrik Mortensen, gli interpreti cantano dal vivo tramite una sofisticata tecnologia e i rumori di fondo rendono realistica la vicenda. Ma mentre il film ha il ritmo narrativo di una pellicola d’azione – con i suoi inseguimenti automobilistici, le corse notturne, le stazioni deserte, i time-lapse – la musica di Mozart ha un suo proprio passo e il risultato è talora spiazzante, come nei disinibiti recitativi accompagnati dall’incongruo pizzicato del clavicembalo. Holten però centra pienamente l’essenza del personaggio, ossia il piacere e l’abilità di Juan per la seduzione delle sue donne, e rende plausibile il fatto che tutte se ne innamorino. Carica di tensione la sequenza finale. Mozart è veramente attuale!

Eccezionale il lavoro attoriale fatto sugli interpreti: Christopher Maltman (Juan), Mikhail Petrenko (Lep), Eric Halfvarson (Capo della polizia), Maria Bengtsson (Anna), Elizabeth Futral (Elvira), Peter Lodahl (Masetto) e Katija Dragojevic (Zerlina).

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Don Giovanni

Wolfgang Amadeus Mozart, Don Giovanni

★★★★☆

Barcellona, Gran Teatre del Liceu, 22 ottobre 2020

(live streaming)

bandiera francese.jpg Ici la version française

Don Giovanni è invecchiato

Un Don Giovanni in costume? Sì, ma con i soliti intriganti risvolti psicologici a cui ci ha abituato Christof Loy.  Produzione proveniente dall’Opera di Francoforte, la registrazione video che il Liceu mette a disposizione è la recita destinata ai giovani alla fine delle repliche, quando il teatro deve chiudere a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Questo è lo spettacolo inaugurale della sua nuova stagione.

La narrazione di Loy è chiara e fedele al testo, gli abiti sono d’epoca, ci sono le spade, il «picciol libro» di Leporello, i «candidi pennacchi» di Don Giovanni. I costumi da Moschettieri di Ursula Renzenbrink situano la vicenda ai tempi previsti dal Burlador di Tirso de Molina, da cui deriva l’opera di Mozart, mentre la scena unica di Johannes Leiacker propone una grande stanza vuota che ha conosciuto un lontano splendore. Due finestre a sinistra, un grande camino a destra e al fondo una parete con una grezza apertura verso l’esterno sono gli unici elementi presenti in scena. L’idea di fondo è il vuoto sentimentale dei personaggi e delle loro interazioni, siano essi i vani libertinismi o i futili matrimoni. Un sipario rosso steso al proscenio può raffigurare un rivolo di sangue su cui si accascia il Commendatore. Ritornerà nella scena finale per la sua entrata: l’opera termina infatti con la morte di Don Giovanni come nella versione viennese. Per la necessità di terminare la rappresentazione prima delle 23 come prescritto dalle autorità viene dunque tagliato non solo il concertato finale (nella lettura di Loy il pistolotto moralistico qui proprio non avrebbe avuto senso), ma mancano anche gli interventi di Don Ottavio («Dalla mia pace la sua dipende»), Donna Elvira («Mi tradì quell’alma ingrata») e il duettino Zerlina/Leporello, come nella versione praghese.

Don Giovanni e il Commendatore all’inizio sono identici, praticamente due gemelli: la loro somiglianza sfuma la dualità morale che dovrebbe distinguere il libertino dall’integerrimo padre di famiglia. Ma presto Don Giovanni abbandona il vestito scuro e persino la barba bianca che si fa maldestramente tingere di nero da Leporello, per indossare il costume bianco da cavaliere. Alla fine sembra invecchiato di colpo: i movimenti sono stentati e per camminare si aiuta con un bastone, si rimette il vestito nero e la barba ritorna al colore naturale per assomigliare di nuovo al Commendatore. Sennonché questi ha nel frattempo ripreso il costume bianco di Don Giovanni! Loy cambia spesso le carte in tavola nei suoi spettacoli. Per non dire delle donne nobili vestite da uomo nell’atto primo e Donna Elvira che riconosce subito Leporello nel travestimento come Don Giovanni, ma si fa andare bene la cosa.

I recitativi sono molto curati e il maestro concertatore Josep Pons prende tempi molto rilassati che talora fanno mancare la tensione, ma quando è ora la grinta in orchestra non manca. Christopher Maltman ritorna ancora una volta al personaggio – era stato tra l’altro l’interprete della versione cinematografica Juan di Holten – la voce è un po’ affaticata quindi coerente col personaggio invecchiato per cui l’ossessione per il sesso è quasi sublimata (è Zerlina che cerca di trascinare un Don Giovanni svagato nel «casinetto») nel rimpianto della perduta giovinezza, come risulta chiaro nel suo «De’ vieni alla finestra», che più che un invito è un canto nostalgico. Uno dei migliori Leporelli mai visti sulle scene è quello di Luca Pisaroni, eccelso attore e cantante dalla cristallina articolazione vocale (è anche l’unico italiano) e ampio registro.

   Don Ottavio è un vocalmente soave Ben Bliss, eccellente stilista nelle variazioni della ripresa nella sua unica aria. Adam Palka è un autorevole Commendatore mentre Josep-Ramon Olivé incarna un realistico Masetto. Interpretate da Véronique Gens e Miah Persson, le donne nobili hanno una punta di stridulo nelle voci, come se la vergogna (di Donna Elvira) e la voglia di vendetta (di Donna Anna) incidessero sulla linea vocale. Beniamina del pubblico locale è Leonor Bonilla, una Zerlina tutt’altro che soubrette, che rivela anche lei una certa durezza nel timbro. Tutti quanti si dimostrano ottimi attori in scena, qualità essenziale in uno spettacolo così “teatrale” come questo di Loy.