The Damnation of Faust

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Hector Berlioz, La damnation de Faust

★★★★★

Londra, Coliseum, 7 maggio 2011

Damnation, but in English

La visionaria fantasia dell’unico membro americano dei Monty Python si cimenta con l’“impossibile messa in scena” dell’opera di Berlioz, qui in lingua inglese poiché siamo all’English National Opera londinese. La possibilità di vedere dal vivo uno degli spettacoli più importanti degli ultimi anni è stata una fortuna poiché una registrazione della BBC non è mai stata resa disponibile in DVD e la ripresa italiana al Massimo di Palermo l’anno seguente aveva interpreti diversi. Qui al Coliseum di Londra con la direzione di Edward Gardner si è fatto notare per impeccabile presenza scenica il Mefistofele di Christopher Purves.

«[L’opera di Berlioz] fornisce spazio e ossigeno perché prenda fuoco e si alimenti l’ardente immaginazione di Terry Gilliam che non ha paura di trattare la vicenda del Faust di Goethe come parabola della cultura e della società tedesche nella prima metà del XX secolo. La scena iniziale di Hildegard Bechtler rappresenta un dipinto del 1818 del pittore romantico Kaspar Friedrich “Viandante su un mare di nebbia” con il tenore Peter Hoare vestito dalla costumista Katrina Lindsy con la redingote di Faust, ma i capelli rosso fuoco. Lo spettacolo procede con i meravigliosi effetti luminosi di Peter Mumford e l’eccellente videografica di Finn Ross tra immagini di Otto Dix e Georg Grosz fino alla visione “alla Monty Python” della prima guerra mondiale quale torta affettata dalle spade dei monarchi europei. […] In una birreria della repubblica di Weimar la canzone di Brander è anti-bolscevica e i presenti sono tutte camicie brune. La “canzone della pulce” è un numero di cabaret anti-semitico e gli ebrei sono picchiati sotto lo sguardo di Faust. Al cocktail party presso l’Alto Comando Tedesco Faust fa la conoscenza di Margherita e assiste ad una spassosa parodia wagneriana. Mentre masse alla Leni Riefenstahl celebrano le Olimpiadi del ’36, Margherita scopre di essere ebrea ed è internata in un campo di sterminio. Nell’agghiacciante finale Faust stesso brucia i suoi libri. Come ex membro dei Monty Python Gilliam ci sorprende nel non trovare alcun umorismo negli stivali e nei passi dell’oca. Il suo Faust è a tratti buffo, ma quello che colpisce è la sua totale accettazione dell’orribile tragedia del fallimento della cultura germanica». (Paul Levy)

Gilliam così parla della sua prima avventura operistica: «Ho sempre amato molto la cultura tedesca, che spesso è stata infangata agli occhi del mondo per via degli eventi successivi alla presa di potere del “caporale boemo”. L’idea era quella di usare la storia di Faust come un filtro per la sanguinosa scia del romanticismo tedesco, così che la messa in scena potesse spaziare da un panorama di splendide montagne a una marcia ungherese, che introduceva la prima guerra mondiale, fino a un certo Amen come sottofondo all’ascesa del nazismo: in pratica era Cabaret in salsa Goethe, con un balletto per la Notte dei cristalli che forse sarebbe sembrato un po’ eccessivo perfino in The Producers».

Un’approfondita analisi di Stefano Oddi dello spettacolo può essere letta qui.

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