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Chi troppo vuole…
“Oratorio profano” può essere definito questo lavoro della maturità di Händel (HWV58, 1744) e come oratorio è infatti considerato dai cataloghi, preceduto dal Messiah e dal Samson, rispettivamente con i numeri d’opus 56 e 57. Come per l’altro oratorio Theodora è ora invalsa l’abitudine di presentarlo in forma scenica. E la scena la regge benissimo questa produzione dell’Opera di Zurigo del 2007 che si avvale del prestigio di interpreti come William Christie sul podio, Robert Carsen alla regia e Cecilia Bartoli protagonista.
La vicenda è quella del mito della figlia di Cadmio e Armonia, Semele appunto, che viene rapita e concupita da Giove, ma non bastandole i favori del sommo, la ragazza aspira all’immortalità. Carsen nell’opuscolo allegato al disco parla della “sindrome di Semele” o come dice con la solita arguzia Oscar Wilde: «Quando gli dèi vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere». Vanità e ambizione sfrenata condannano la fanciulla e come monito all’umanità tutta, questo sì può essere considerato tema da Oratorio.
Il bellissimo libretto di William Congreve mescola dèi, semidèi e umani trasformando la vicenda mitologica in una social comedy e il regista ne fa una spiritosa vicenda gossip da Daily Mirror, con scappatelle regali e feroci gelosie. La scena è estremamente spoglia: sedie dorate e una passatoia rossa per la scena del rito del primo atto, un lettone per il nido d’amore di Giove e Semele.
La parte del titolo sembra scritta apposta per la voce e la figura di Cecilia Bartoli. Come direbbe Figaro «… grassotta, genialotta, capello nero…» e bassotta, potremmo aggiungere: la Giunone di Birgit Remmert la sovrasta in altezza di un buon mezzo metro, ma in scena ciò è atto a evidenziare il dislivello sociale che separa le due figure facendo sembrare ancora più vana l’ambizione della giovane.
Le arie che il compositore riserva alla sua protagonista sono tra le sue pagine più riuscite. La linea vocale di «With fond desiring» con quell’accompagnamento trasparente degli archi che qui il direttore William Christie con l’orchestra La Scintilla rende in modo mirabile e soprattutto la famosa aria «Myself I shall adore», con tutti quei trilli, note ribattute, volatine, agilità, abbellimenti, cadenza con variazioni, ecc. sono pane per i denti della Bartoli che strappa al pubblico dell’opera di Zurigo un fragoroso applauso a scena aperta.
Non da meno è il fascinoso Giove di Charles Workmann che rende con grande eleganza la sua meravigliosa aria «Where’er you walk», mentre Birgit Remmert, Giunone come s’è detto, si ritaglia un ruolo spassoso come sovrana gelosa e vendicatrice.
Ottima ripresa video, nessun extra.
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