Torvaldo e Dorliska

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★★★★☆

 

Opera trascurata opportunamente riproposta

Nel 2006 il benemerito Rossini Opera Festival (1) inaugura la sua stagione con quel “dramma semiserio” Torvaldo e Dorliska che aveva debuttato nel 1815 al Valle di Roma su libretto dello Sterbini (lo stesso del Barbiere) e basato sulla medesima vicenda della Lodoïska musicata da Luigi Cherubini sul libretto francese di Fillette-Loraux (1791) e della Lodoiska di Simon Mayr (1796) sul libretto italiano di Gonella De Ferrari.

La storia, ambientata nel XVI secolo in un non ben precisato paese europeo, narra del tirannico duca d’Ordow che ama, non corrisposto, la giovane Dorliska che tiene prigioniera nel suo castello. Il cavaliere Torvaldo giunge per salvare l’amata sposa e con l’aiuto del guardiano Giorgio riesce alla fine nell’impresa grazie anche all’insurrezione dei sudditi oppressi dal bieco patrizio.

La partitura dell’opera verrà saccheggiata dallo stesso Rossini per le opere seguenti, ma riutilizza essa stessa brani di lavori precedenti, a cominciare dalla sinfonia. Il tipo dell’opera è quello della pièce à sauvetage (quella del Fidelio per intendersi) con inserimento però di un ruolo buffo, così come avverrà con La gazza ladra due anni dopo.

La direzione di Víctor Pablo Pérez non aggiunge molto pepe alla musica ed è compito della regia di Mario Martone cercare di movimentare la vicenda e coinvolgere maggiormente il pubblico anche tramite una passerella oltre la buca dell’orchestra, i cantanti in platea e gli “a parte” rivolti agli spettatori.

Dei due protagonisti principali Francesco Meli è quello con maggior merito per le sue mezzevoci, la bellezza del fraseggio e gli acuti, però del grande Bergonzi (cui è spesso accostato) non ha solo l’accento ma anche la staticità scenica! La Dorliska di Darina Takova ha voce un po’ corta e manca di autentico accento drammatico. Praticò si conferma ottimo caratterista, ma la voce è ormai stremata e la parte è quasi più parlata che cantata. Nel grande ruolo del perfido duca (un progenitore di Scarpia nella regia di Martone) Pertusi svetta per forza espressiva e linea del canto.

Efficace la ripresa video dello spettacolo di Tiziano Mancini, ma senza sottotitoli. Nei due dischi non ci sono extra.

(1) A quando un analogo Vivaldi Opera Festival? Il VOF avrebbe una scelta ancora più ampia di opere! Ma chi lo dovrebbe fare? Venezia dove il prete rosso è nato e ha composto la maggior parte dei sui lavori? Vienna dove il musicista si era trasferito negli ultimi anni e che ne ha accolto le spoglie? Oppure Torino con il suo ingente fondo di manoscritti delle raccolte Foà e Giordano?

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