Die Gezeichneten (Gli stigmatizzati)

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Una “tragedia dell’uomo brutto”

Die Gezeichneten, “I marchiati” o meglio ancora “Gli stigmatizzati”, debuttò nel 1918 – periodo non troppo fortunato per un autore ebreo come Schreker, che fu infatti presto messo al bando dai nazisti come rappresentante di quella “entartete Kunst” (arte degenerata) con cui furono bollate le opere degli ebrei o di quelli non in linea con l’ideologia nazista. Per di più l’opera fu  accompagnata dallo scandalo con cui molti accusarono l’autore di aver portato in scena passioni peccaminose e pornografia.

Il libretto, del compositore stesso e scritto su stimolo dell’amico Alexander von Zemlinsky, lui pure “artista degenerato”, narra di un nobile deforme, terribilmente brutto e incapace di trovare l’amore – da Riccardo III a Rigoletto a Wozzeck a Tonio le patologie psicofisiche hanno sempre avuto un loro fascino sulla scena dell’opera lirica. Zemlinsky era stato crudelmente rifiutato da Alma Mahler che l’aveva garbatamente definito «un nano repellente», per cui il soggetto gli sembrava tristemente congeniale, tanto che nel 1922 comporrà Der Zwerg (Il nano), opera in un atto ricavata da un racconto di Oscar Wilde. Il libretto de Die Gezeichneten doveva essere inizialmente musicato da Zemlinsky stesso, ma alla fine fu Schreker a comporre il lavoro.

Epoca il XVI secolo, a Genova. Alviano Salvago, gentiluomo di terribile bruttezza, possiede un’isola lussureggiante, Elysium, che per suo desiderio è stata curata e ingentilita tanto da sembrare un paradiso artificiale. Su quest’isola però non ha mai osato metter piede, perché la sua bruttezza vi stonerebbe con un contrasto troppo doloroso. Alcuni patrizi genovesi gli rivelano di aver approfittato della sua isola per darsi a orge clandestine. Alviano freme e li ammonisce ad astenersi almeno dal profanare la magica grotta sotterranea, ma comunque è deciso a donare ai concittadini l’isola di cui il suo fisico sgraziato gli impedisci godere. Arriva Carlotta, la bellissima figlia del podestà, e il giovane Tamare Vitellozzo se ne innamora follemente a prima vista. La fanciulla non se ne cura e chiede invece ad Alviano di recarsi da lei a posare per un quadro che sta dipingendo. Tamare confida all’amico Adorno la sua disperazione per il comportamento sdegnoso di Carlotta e afferma di essere risoluto a strappare il suo ricordo dal proprio cuore, non prima però di averla ridotta a propria postituta per farle scontare l’umiliazione inflittagli. Nel suo atelier Carlotta cerca di catturare in Alviano lo sguardo intenso che gli aveva sorpreso sul viso una mattina mentre l’uomo contemplava l’alba. Per ritrovare quell’espressione Carlotta cerca di avvalersi del suo fascino femminile e finisce per confessare ad Alviano di amarlo. Per portare a termine il suo dipinto gli ordina in ogni caso di rimanere immobile. Il casto abbraccio dei due viene interrotto dall’annuncio dell’arrivo di Adorno venuto a perorare la causa di Tamare. Sull’isola Carlotta, ammaliata dalla bellezza che vede fiorire intorno a sé, si riaccosta pentita a Tamare e lo segue nella grotta. Nel frattempo Alviano viene accusato di essere lui il rapitore ed è costretto a svelare l’ingresso alla grotta dove viene trovata Carlotta, ormai morente. Qui Tamare deride Alviano per non aver saputo godere di lei e gli rivela che Carlotta gli si è data spontaneamente. Convinto invece che Carlotta sia stata una vittima della furia bestiale del giovane, Alviano lo uccide, ma resta pietrificato nell’udire la donna invocare appassionatamente con l’ultimo respiro il nome amato di Tamare e impazzisce.

L’opera ha come argomenti principali la bellezza e la possibilità che l’arte “catturi” l’anima. L’azione ha luogo nel XVI secolo: i dissoluti patrizi genovesi lamentano la possibilità di accedere ancora all’Elysium, l’isola di bellezza creata dal nobile Alviano Salvago. Egli si reputa così brutto da non voler metterci piede e ha deciso di restituirla al popolo. Ma i nobili hanno fatto dell’isola il luogo privilegiato dei loro vizi segreti ove organizzano orge con le figlie rapite ai ricchi borghesi della città. Nella grotta dell’isola «la fiamma delle fiaccole rende tutto dorato | nella vertigine dell’orgia il brutto diventa bello | e il bello brutto. | Il contrasto sparisce nell’estasi». Salvago comincia ad avere qualche fiducia nella sua “bellezza interiore” solo quando incontra Carlotta, la figlia del Podestà, che si dichiara pittrice di anime ed è morbosamente attratta dal patrizio deforme oltre che gravemente ammalata. Nel momento in cui il quadro è terminato però, la donna perde ogni interesse per l’uomo e si concede al suo rivale, l’arrogante conte Vitelozzo, provocando l’ira di Alviano e la sua distruzione.

«Ad essere “predestinati” non sono i due infelici protagonisti, bensì la civiltà europea nel suo complesso, il pubblico di Vienna e di Berlino, tutto quel mondo sofferente e luccicante, e infine lo stesso Franz Schreker, mezzo-ebreo e consapevole profeta dell’apocalisse, morto di crepacuore nell’attimo in cui la sua musica – avendo forse concluso la sua missione – svaniva all’improvviso, si ammutoliva nel nuovo ordine del totalitarismo.» (Dario Oliveri)

L’opera ha avuto una ripresa in prima assoluta per l’Italia a Palermo tre anni fa con grande successo. Qui abbiamo invece l’edizione del Festival di Salisburgo del luglio 2005 diretta da Kent Nagano e con la messa in scena di Nikolaus Lehnhoff.

Per il regista la “diversità” di Alviano non è una deformità fisica, ma il travestitismo e il maquillage che il protagonista esegue durante l’ouverture nel tentativo di nascondere la sua bruttezza. Il vastissimo palcoscenico della Felsenreitschule salisburghese è occupato da un’enorme statua femminile, sdraiata e smembrata, dalla classica bellezza, ma poi alla fine dell’opera dalle sue viscere emerge la grotta dei vizi e delle violenze mentre sangue cola dagli occhi e dalla bocca del colosso. La suggestiva scenografia è di Raimund Bauer. La costumista Andrea Schmidt-Futterer non dimostra nessuna pietà per i cantanti che sotto i pesanti pastrani e le maschere (bellissime) sudano copiosamente nella calda serata salisburghese.

A capo della orchestra sinfonica di Berlino Kent Nagano sa ricreare magnificamente quel flusso post-romantico e sensuale dalla orchestrazione lussureggiante che è la partitura dell’opera ed è aiutato da un cast di interpreti eccellenti, dalla splendida Carlotta di Anne Schwanewilms, al Vitelozzo di Michael Volle, al podestà di Wolfgang Schöne. Nella difficile parte di Alviano, ruolo di Heldentenor, Robert Brubaker.

Ottima immagine, tre tracce audio, ma non ci sono extra né sottotitoli in italiano.

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