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La musica delle sfere
Nel 2009 la città di Linz è Capitale Europea della Cultura e il suo teatro d’opera commissiona a Philip Glass questo lavoro sulla figura dell’astronomo che non lontano da lì, a Graz, aveva compiuto gli studi e poi insegnato.
Johannes Kepler (1571-1630) nel suo Mysterium Cosmographicum da convinto copernicano aveva esposto la teoria per cui i sei pianeti allora conosciuti erano dotati di moto di rivoluzione attorno al Sole a distanze definite dai cinque poliedri regolari (i solidi platonici: tetraedro, esaedro o cubo, ottaedro, dodecaedro, icosaedro) in un originale progetto architettonico divino. La sua fisica celeste era però supportata da osservazioni, misure e calcoli precisi.
Già Paul Hindemith aveva posto Keplero al centro di un’opera musicale (Die Harmonie der Welt, 1957) e anche Philip Glass aveva richiamato la figura di uno scienziato nei suoi lavori precedenti, ad esempio in Einstein on the Beach (1976) e in Galileo Galilei (2001).
Il libretto di Martina Winkel in latino e tedesco non offre grandi occasioni di drammaturgia e infatti Kepler è il solo “personaggio”, gli altri essendo sei voci anonime (tre maschili e tre femminili). Con il coro quasi sempre presente l’opera di Glass si presenta come una sequenza di pezzi che alternano l’esposizione delle idee di Keplero con il testo della Genesi con i versi di Andreas Gryphius (1616-1664) sulla Guerra dei Trent’anni.
La musica di Glass qui ha perso un po’ di quel carattere ipnotico dato dal trattamento minimalistico che conosciamo per arrivare ad un andamento più ritmico e piacevolmente trascinante. Inoltre qui la strumentazione sembra particolarmente ricca e i motivi musicali più variegati.
La messa in scena di Peter Missotten ha alcune buone intenzioni e fa del suo meglio per animare questa specie di “oratorio matematico”, ma un’esecuzione in forma di concerto non nuocerebbe al lavoro, anzi.
Dennis Russell Davies, che ha diretto anche l’altra opera in DVD di Glass The Perfect American, e l’orchestra Bruckner mettono in evidenza tutte le sfumature della partitura. I cantanti solisti sono membri del coro del teatro. Assurdi i loro costumi (e anche mal fatti: alla fine della rappresentazione alcuni mostravano vistose scuciture).
Nessun extra, nessun opuscolo, sottotitoli solo in tedesco e inglese. Tanto vale acquistare il CD che costa un po’ meno.
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