★★★★☆
Dimostrazione che l’opera lirica è ancora viva oggi
Philip Glass è uno tra i compositori viventi più prolifici (dieci sinfonie, un centinaio di colonne sonore, 27 lavori per la scena), eppure le registrazioni video delle sue rappresentazioni sono estremamente rare e di pessima qualità. Fa eccezione questa sua ultima creazione tempestivamente riversata nelle cristalline immagini in alta definizione di un disco blu-ray. Composta nel 2011, The perfect American, la sua 25esima opera, ha debuttato pochi mesi fa (gennaio 2013) a Madrid da dove proviene questa registrazione. Il suo Einstein on the Beach scritto assieme a Bob Wilson nel 1976 aveva cambiato il mondo dell’opera, ma quest’ultimo suo lavoro, molto più convenzionale di quel tour de force di cinque ore di musica-balletto-canto-luminotecnica, è la dimostrazione di come l’opera lirica possa essere ancora oggi un genere vivo.
In questi due atti su libretto di Rudy Wurlitzer tratti dal racconto Der König von Amerika (Il re d’America) di Peter Stephan Jungk ci sono tutti i temi che hanno fatto grande questo genere musicale: la vita, la morte, la creazione artistica, il tempo che passa inesorabile e il desiderio di immortalità. L’“americano perfetto” è incarnato qui dalla figura di Walt Disney, nel suo mito e nella sua problematicità. Gli ultimi giorni di vita del disegnatore diventato imprenditore di una delle maggiori società del mondo sono lo spunto per una riflessione non solo sulla figura carismatica ma discussa del conservatore e dispotico imprenditore, ma su chi appartenga la creazione artistica, sui miti popolari americani e sulla controcultura emergente in quegli anni ’60, rappresentata qui da un Andy Warhol in visita al maestro che non sa chi sia.
Atto I. Prologo. Nel suo letto d’ospedale, Walt Disney, nel delirio, sogna un gufo. Il suo sogno si trasforma rapidamente in un incubo. Il sogno è in parte un lontano ricordo: da bambino Walt uccise un gufo a mani nude mentre credeva che l’uccello rappresentasse un cattivo presagio. Walt desidera tornare nella sua città natale, Marceline (Missouri), dove i sogni diventano realtà. Scena 1. Walt e suo fratello Roy ricordano la gioia e la semplicità nella loro giovinezza a Marceline, una cittadina nel Midwest dove sono cresciuti. Nel regno magico della loro immaginazione Marceline era «l’anima dell’America dove ogni giorno era magico». Gli abitanti di Marceline accolgono Walt come un dio. Walt è presente all’inaugurazione di una piscina pubblica locale in cui appare Dantine Wilhelm. Scena 2. Walt è gravemente malato in ospedale e considera amaramente la sua morte. L’infermiera Hazel, la sua “Biancaneve”, lo conforta. Walt è pieno di paura: «Temo che il mio impero crollerà quando non ci sarò più». Chiede all’infermiera di assicurarsi di essere crionizzato in azoto liquido quando muore. Spera di vincere la morte per diventare un messia per coloro che la temono. La moglie Lilian, il fratello Roy e le figlie Diane e Sharon lo visitano. Walt chiede loro di giurare sulla bandiera americana per onorare il loro voto di non pronunciare mai la parola “morire”. Scena 3. Qualche anno prima, nel suo studio di Burbank, ricorda i suoi successi con il fratello Roy: «Dal Giappone alla Mongolia, al Nepal, al Portogallo, alla Groenlandia, al Perù, miliardi di persone sanno chi è Walt Disney. Ma dobbiamo fare di meglio, dobbiamo fare di più…». Entrambi gli uomini stanno preparando piani per Disneyland e deplorano la brutta presenza della modernità. Walt si confronta con Thomas Edison e Henry Ford. Si vanta di essere l’uomo attraverso il quale Ronald Reagan diventerà presidente e crede che diventerà più famoso di Babbo Natale, Mosè, Zeus e Gesù. Dantine si confronta con Walt per essere stato ingiustamente licenziato. Scena 4. Lilian ha buone notizie per Walt. Le sue condizioni si sono stabilizzate. Nella sua casa di Holmby Hills, la sua famiglia gli organizza una festa a sorpresa per il suo 65 ° compleanno. Lucy è una vicina e una strana ragazza arriva con una maschera da gufo. Lucy non sembra sapere chi siano Walt o i suoi personaggi più famosi. Si rifiuta di andarsene e Walt la butta fuori. Crede che rappresenti il gufo demone che ha ucciso da bambino. Scena 5. Ad Anaheim, a tarda notte, Walt sta tentando di costruire un Abraham Lincoln animatronic, e sta lottando per non fallire. Mentre cerca di riparare la macchina, si convince che lui e Lincoln appartengono entrambi alla stessa classe di icone americane: «Nonostante tutti gli ostacoli, abbiamo creato qualcosa di noi stessi. Abbiamo cambiato il mondo. Siamo eroi popolari». Tuttavia, si rende conto di non condividere più le stesse credenze degli illustri eroi della sua infanzia: «Sei stato un sostenitore della razza nera. Questa è una grande differenza tra noi. Ti onoro, signor Presidente, ma le nostre opinioni non coincidono più». L’animatronic Lincoln balbetta mentre esegue il suo famoso discorso sulla libertà. Walt culla la macchina tra le sue braccia e proclama il potere degli USA.
Atto II. Scena 1. Andy Warhol si avvicina a Roy per proporre di includere Walt in una serie di ritratti di superstar americane. Roy non gli dà il permesso, ma dice a Warhol che passerà la proposta a Walt. Warhol proclama il suo amore per la Disney, «Di ‘a Walt che lo amo e adoro il suo lavoro. Digli che siamo la stessa persona». Scena 2. Il coro canta: «Guidare veloce o lento verso Los Angeles dove tutto è possibile e tutto è fattibile. Dove il mondo è un parco giochi e dove i sogni diventano realtà». E recita i nomi delle città che separano il Missouri e Los Angeles. Una famiglia cammina nel giardino e vede Walt a bordo del treno in miniatura. Il treno deraglia mentre rientra Dantine. Scena 3. Walt ricorda che ha licenziato Dantine per aver tentato di formare un sindacato ed aver esposto il suo “stupido uomo di sinistra”: »L’ho licenziato perché i suoi commenti di sinistra e non patriottici insultano tutto ciò che la Disney rappresenta»; Walt sogna una macchina in grado di sostituire tutta la sua forza lavoro. Dantine chiede un risarcimento. Il coro canta di come Walt sia un mago che non può fare nulla di male. Dantine accusa Walt di essere un ladro. Scena 4. Walt incontra Josh, un altro paziente, mentre viene ricoverato nel reparto di terapia intensiva. Josh è entusiasta di avere Walt come vicino. Il dottore dà a Liliane e alla sua famiglia la diagnosi di Walt. Walt ha un carcinoma polmonare avanzato. Raccomanda di rimuovere un polmone dandogli, nella migliore delle ipotesi, due anni di vita. Scena 5. Josh gli chiede come ha creato e disegnato così tanti personaggi. Walt risponde che è un grande narratore, che motiva e ispira i suoi dipendenti: «Non ho fatto tutto, ma senza di me non ci sarebbero film». Josh crede che Walt sia divino. Walt annuisce pensieroso, «Beh, in un certo senso». Scena 6. Walt muore. Il coro e la famiglia Disney ricordano Marceline e la sua innocenza idealista mentre osserva lo spirito di Walt. Lucy appare mentre un gufo esce con Walt. Epilogo. Dantine, sporco e in stracci, incontra l’impresario di pompe funebri. Gli dice che Walt sarà cremato e non congelato. Il coro ricorda la natura miracolosa del sogno di Disneyland: non dire mai “muori”.
Staccandosi in parte dalla linea dei suoi Akhnaten e Satyagraha, in cui l’aspetto onirico era quasi predominante, qui la musica di Glass è più aderente alla realtà degli ultimi giorni del protagonista e non rifugge dal commuovere lo spettatore nella scena in ospedale del secondo atto con la figura di Josh, il bambino malato, e con la comparsa dell’inquietante maschera di coniglio che avevamo conosciuto in quell’unicum cinematografico rappresentato dal film Donnie Darko di Richard Kelly. Lo stile musicale tipico di Glass, con le sue minimalistiche variazioni, si può dire che qui rispecchi il lavoro del Disney degli ultimi tempi, la sua ossessione dei parchi giochi da una parte e la voluta ripetitività delle opere grafiche di Warhol dall’altra.
La messa in scena di Phelim McDermott è dannatamente semplice, ma efficace e suggestiva. Utilizza animazioni che non fanno direttamente riferimento agli eroi bidimensionali che conosciamo, ma a una loro fase embrionale, quella sì appartenente in toto alla penna di Walt Disney, diversamente dal lavoro di massa dei disegni dei film di animazione.
Ottimi i cantanti – per tutti menzioniamo l’interprete del ruolo, Christopher Purves – e il direttore Dennis Russell Davies.
Sottotitoli in sei lingue, ma non l’italiano. La mancanza di extra su disco è parzialmente compensata dalle informazioni stampate sull’opuscolo allegato alla confezione.
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