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Vincenzo Bellini, La sonnambula
★★★★★
New York, Metropolitan Opera House, 3 aprile 2009
Sonnambula di sogno al MET
Uno spettacolo che immortala una Dessay ancora all’apice delle sue capacità e un Flórez che più smagliante di così è difficile immaginare. Due interpreti ideali nell’intonazione, il fraseggio, l’agilità e il sentimento richiesti dalla partitura di questo delizioso lavoro che Bellini scrisse di getto nel 1830 all’età di 29 anni – solo cinque anni gli sarebbero rimasti da vivere – poco prima di lasciare l’Italia per Parigi dove incontrerà, fra gli altri, Chopin e scriverà la sua ultima opera, I Puritani.
Il libretto di Felice Romani si basa su un vaudeville di Eugène Scribe del 1819 e narra del caso di una fanciulla che la notte prima delle nozze si viene a trovare suo malgrado in una situazione scabrosa a causa del suo sonnambulismo.
Atto I. Quadro primo: Villaggio. In fondo al teatro si scorge il mulino di Teresa: un torrente ne fa girare la ruota. Si festeggiano le nozze fra Elvino ed Amina, un’orfana allevata dalla mugnaia Teresa. L’unica ad essere scontenta è l’ostessa Lisa, anch’essa innamorata del giovane possidente, che rifiuta le profferte amorose di Alessio, un altro giovane del villaggio. Al villaggio giunge un nobiluomo, che mostra di conoscere assai bene quei luoghi, ma che nessuno dei villici riconosce. Si tratta del conte Rodolfo, figlio del defunto signore del castello. Il gentiluomo, che si stabilisce nella locanda di Lisa, rivolge alcuni complimenti ad Amina, dicendole che il suo viso le ricorda quello di una donna che egli aveva conosciuto molti anni prima. Prima di salutarlo, i villici lo avvertono che il paese è popolato dalla sinistra presenza di un fantasma, ma il colto signore giudica le loro parole frutto di pura superstizione. Le lusinghe del Conte hanno frattanto destato la gelosia di Elvino che, rimasto solo con lei, rimprovera la futura sposa. Quadro secondo: Stanza nell’osteria. Di fronte una finestra: da un lato porta d’ingresso: dall’altro un gabinetto. Avvi un sofà e un tavolino. Nelle sue stanze, il conte Rodolfo è intento a corteggiare Lisa. Quando s’odono dei passi, l’ostessa fugge precipitosamente, ma prima riconosce Amina, che in stato di sonnambulismo sta recandosi nella stanza del Conte. La sonnambula si rivolge affettuosamente al nobiluomo, invocando il nome del futuro sposo, descrivendo rapita la prossima cerimonia delle sue nozze e infine chiedendogli di abbracciarla. Rodolfo dapprima non sa che fare. Il gentiluomo decide quindi di non approfittare della situazione e abbandona la stanza senza svegliare la sonnambula. Nel frattempo un gruppo di villici sopraggiunge alla locanda per salutare il conte (di cui ha finalmente scoperto l’identità); Lisa, maliziosamente, conduce tutti alla stanza di Rodolfo, dove sorprendono la giovane Amina adagiata sul divano. Lo sconcerto è generale. Elvino, sconvolto, rompe il fidanzamento, mentre la ragazza, destatasi, inconsapevole di quanto è accaduto, non può trovare parole per giustificarsi.
Atto II. Quadro primo: Ombrosa Valletta fra il Villaggio e il Castello. Mentre un gruppo di villici si reca dal Conte per convincerlo a prendere le sue difese, Amina cerca consolazione nell’affetto della madre. Amina si imbatte in Elvino che, straziato per gli avvenimenti, le ricorda come lo abbia reso il più infelice tra gli uomini e le strappa l’anello di fidanzamento. Quadro secondo: Villaggio come nell’atto I. In fondo al teatro si scorge il mulino di Teresa: un torrente ne fa girare la ruota. Invano il conte Rodolfo tenta di spiegare ai villici cosa sia il sonnambulismo e di far recedere Elvino dalle sue posizioni. Il giovane, per ripicca, ha ormai deciso di andare a nozze con l’ostessa Lisa. Il paese è quindi nuovamente in festa in vista di una nuova possibile cerimonia nuziale, ma quando Lisa ed Elvino passano davanti al mulino di Teresa, la donna accusa Lisa di essere incorsa nella stessa colpa attribuita ad Amina, portando come prova un fazzoletto appartenuto all’ostessa e trovato nella stanza del conte Rodolfo. Elvino si sente nuovamente tradito, quando fra la meraviglia generale, si vede Amina camminare in stato di sonnambulismo sul cornicione del tetto di casa. È la prova che il conte Rodolfo aveva ragione. Contemplando il fiore appassito che Elvino le aveva donato il giorno prima, la sonnambula canta il suo amore infelice (“Ah! non credea mirarti”), ascoltata da tutti, e quando si desta può finalmente riabbracciare l’amato Elvino. Il villaggio, nuovamente in festa, si prepara per le tante sospirate nozze.
Mary Zimmerman non ambienta la storia nella Svizzera da cartolina che ci è stata molte volte proposta, ma nella sala prove di un teatro d’oggi in cui si prova, appunto, una Sonnambula molto tradizionale. La regista americana mescola la vicenda reale dell’amore dei due interpreti con quello dei due protagonisti dell’ingenua vicenda e la compagnia di teatro fa le veci del sempre presente coro del villaggio così da risparmiarci il kitsch dell’ambiente tirolese. Solo alla fine infatti i cantanti vestono i consueti costumi di scena che ci si aspetta, con un effetto teatrale molto divertente e spettacolare.
La trasparente e preziosa orchestra belliniana (ah, l’effetto magico dell’assolo di corno che introduce il «Tutto è sciolto» che Flórez intona pianissimo e magnificamente legato!) è qui diretta da un Evelino Pidò che accompagna con molta partecipazione le gemme melodiche dipanate dagli eccelsi cantanti. La Dessay con la sua minuta figura su una piattaforma che si protende verso l’orchestra ci dà con «Ah, non credea mirarti» un momento di emozione altissima. Non fa dimenticare Callas e Sutherland in questa stessa parte, ma si affianca alle loro con la sua moderna e toccante versione. Oltre ai due interpreti principali, che sono fatti oggetto di grandiose ovazioni da parte del pubblico, occorre ricordare l’elegante e ironico Conte Rodolfo del bravissimo Michele Pertusi.
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- La sonnambula, Scappucci/Barberio-Corsetti, Roma, 18 febbraio 2018
- La sonnambula, Balsadonna/Avogadro, Torino, 13 aprile 2019
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